Accompagnato da Lotito e Pandev il calcio torna in tribunale

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Accompagnato da Lotito e Pandev il calcio torna in tribunale

25 Agosto 2009

Sembrano lontani i tempi in cui di calcio si parlava solo in relazione a tattiche e schemi. Ormai non si può vivere una settimana senza scandali o colpi di scena. In questo senso si inserisce l’episodio, sbocciato nel pomeriggio di ieri, della guerra a distanza tra la Lazio e Goran Pandev (calciatore biancoceleste). Ad inclinarsi è il rapporto umano e poi quello professionale. Si torna allora a parlare di tribunali, contratti non rispettati e, in questo caso, di mobbing.

Gli screzi iniziano già dallo scorso anno ma la situazione precipita quando il giocatore chiede alla società di essere ceduto ad una squadra che può garantirgli un ingaggio migliore. Il presidente, Claudio Lotito, famoso per il carattere puntiglioso, fissa un prezzo di vendita che nessuna offerta avvicina. A questo punto il calciatore viene allontanato dal gruppo in attesa di una soluzione. Si arriva così ai giorni nostri con i toni della contesa oltremodo inaspriti.

Così il legale del macedone, Mattia Grassani, ha diffuso un comunicato, i cui passi fondamentali recitano: "A nome e per conto del Sig. Goran Pandev, in forza di espresso mandato ricevuto, atteso il tenore ed il contenuto delle dichiarazioni rese dal Dott. Lotito nel dopopartita di Lazio-Atalanta, si precisa quanto segue: Senza affrontare, eventualmente riservandole, ove opportuno e necessario, ad altri contesti e giudizi, la quasi totalità delle tematiche ed argomentazioni oggetto dell’intervento del Presidente della S.S. Lazio S.p.a., in ordine alle quali, si ritiene, oltre alla loro solare evidenza, siano già stati chiariti ruoli, tempi e responsabilità, appare indispensabile, nello scenario determinatosi, prendere atto della reiterazione della generica affermazione del Dott. Lotito, secondo cui, tra i calciatori che si trovano in condizioni similari a quelle di Pandev, uno di loro è fuori dalle regole, in particolare facendosi riferimento a presunti accordi raggiunti con altre società in periodo non consentito dalla vigente normativa…".

Secondo la giurisprudenza il mobbing sul posto di lavoro consiste in un comportamento ripetuto, irragionevole, rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la salute e la sicurezza. Per comportamento irragionevole si intende quindi una condotta che perseguita, umilia, intimidisce o minaccia. Sembra un po’ eccessivo, ma non si tratta del primo caso in Italia.

Già il Catania fu riconosciuto colpevole di mobbing nei confronti di Armando Pantanelli, Mattia Biso e Gianluca Falsini. Stessa sorte è toccata al Cagliari. Davide Marchini, atleta rossoblu, sporse denuncia contro il Cagliari Calcio. Rodrigo Taddei, all’epoca alle dipendenze del Siena, presentò addirittura un ricorso al Collegio arbitrale della Figc (Federazione Italiana Giuoco Calcio) chiedendo la rescissione immediata e un cospicuo indennizzo per “l’atteggiamento denigratorio e vessatorio tenuto dal presidente De Luca, che va avanti ormai da mesi”. Nella cifra incluse i danni di immagine derivanti dalle dichiarazioni del patron del Siena, che negli ultimi mesi lo definì “un ingrato che non si comporta da uomo”.

Tante le componenti che si intrecciano in questi casi. In primis l’interesse economico, che riguarda i calciatori così come le società (in minor parte), impegnate nel risanamento dei bilanci. Il denaro è il vero motore di un gioco che da più parti viene indicato solamente come un business. Ogni estate si assiste allo spettacolo dei procuratori calcistici che, novelli “accattoni”, battono cassa nei confronti dei team, chiedendo un premio per il loro assistito che ha portato a termine il proprio lavoro, come da contratto.

L’aspetto umano, poi, non si può trascurare. Ogni atleta gode di uno status speciale che ogni altro lavoratore non può avere. Grazie all’unicità del proprio talento il calciatore è un libero professionista coccolato e vezzeggiato. Troppo, almeno negli ultimi tempi. Queste superstar dei prati verdi, partendo da una posizione di forza data dalle abilità personali (che generano introiti), riescono a ottenere, frequentemente a titolo gratuito, un alloggio alla loro altezza, una macchina di “servizio” e diversi benefit.

Bisogna infine considerare un dato di fatto, il contratto firmato da entrambe le parti e che vincola ad obblighi in entrambi i sensi. Famose rimangono le strette di mano di Nereo Rocco e della sua generazione; valevano molto più di un pezzo di carta. Oggi non si può stare tranquilli neanche con i contratti firmati. La loro interpretazione cambia a seconda delle esigenze, muta con le stagioni, evolve.

Senza voler quindi esprimere un giudizio sull’affaire Lazio-Pandev salta all’occhio come sempre più spesso i tribunali entrino sul campo di gioco. Considerando anche solo gli anni dal 2000 in poi si è assistito allo scandalo dei passaporti falsi, all’inchiesta definita Calciopoli, alla bufera sui bilanci ritoccati, a svariati casi di doping e a qualche episodio di scommesse illegali e partite vendute. Molte persone, nonostante i vari avvenimenti negativi, amano ancora questo gioco. La sensazione che si avverte, però, è quella di una spada di Damocle sempre sul punto di cadere e di uno scoppio. A esplodere è il pallone stesso, come quando da bambini, giocando al parco, si finisce per infastidire qualcuno che per difendersi non ha altro modo se non bucare la fastidiosa sfera.