Addio Alfie
28 Aprile 2018
di Carlo Mascio
Alfie non c’è più. Ha smesso di vivere alle 2,30 di questa notte. “Il mio gladiatore ha riposto il suo scudo e ha messo le sue ali alle 02:30 Ti Amo ragazzo mio”, “Il nostro bambino si è guadagnato le ali stasera alle 2:30 Abbiamo il cuore spezzato. Grazie a tutti per tutto il vostro supporto”. Così papà Tom e mamma Kate annunciano che il loro piccolo guerriero “ha messo le ali”.
Un ultimo disperato appello nella notte via Facebook, ai sostenitori dell’Alfie’s Army, a mandare “preghiere” e “100 profondi respiri al nostro guerriero” è arrivato da Sarah Evans, zia del piccolo Alfie. Era il segnale della crisi fatale per il bambino, dopo una giornata trascorsa ieri apparentemente senza novità.
Dal 23 aprile, giorno in cui i medici hanno staccato il ventilatore, Alfie, contro tutte le attese (in primis dei medici stessi che gli davano solo 15 minuti di autonomia), ha resistito da “guerriero” – nelle parole di papà Tom – respirando da solo per quattro giorni. E lasciando spazio a un estremo ricorso perduto in appello, prima della resa e dell’apertura di un dialogo dei genitori con i medici per riportarlo almeno a casa. Quando ormai non c’era più tempo. Alfie era nato a Liverpool il 9 maggio 2016 e a Liverpool ha chiuso gli occhi per sempre attorno. Una decina di giorni prima del suo secondo compleanno.
Finisce così la storia del piccolo che con la sua vita considerata “futile” ha mobilitato Stati e diplomazie europee e ha messo in crisi un intero sistema distorto. Ma soprattutto ha smosso ancora una volta le coscienze del popolo britannico quasi imbarazzato dinnanzi alla forza di un piccolo che senza ventilatore sarebbe dovuto durare solo 15 minuti e che invece ha dimostrato che la vita non è poi così scontata.
Addio Alfie, piccolo grande guerriero.