Adesso nel Pd si teme che lo scandalo Lega rilanci il tandem Maroni-Alfano
16 Aprile 2012
Le battute ironiche e i calici alzati all’indomani dello scoppio dello scandalo Lega. La tentazione di affondare i colpi contro lo storico alleato di Silvio Berlusconi. La sensazione di essere di fronte a una rivoluzione dello scenario elettorale nel Nord del Paese. E poi, nel giro di 48 ore, il dietrofront, la frenata, l’adozione di un atteggiamento improntato alla massima prudenza e riassumibile in una parola d’ordine: non infierire ed evitare di gettare benzina sul fuoco.
E’ questa la linea adottata dal Pd rispetto alle vicende giudiziarie da cui è stato travolto il Carroccio. Dopo scintille e fuochi iniziali ha infatti prevalso il timore di trasformare la Lega in una vittima, in una forza che possa rivitalizzarsi in questa fase ribaltando l’offensiva giudiziaria a proprio favore. Tanto più se la creatura politica di Umberto Bossi assumerà un profilo meno estremo e diventerà una forza più democratica e presentabile di fronte a un elettorato stufo dei partiti tradizionali. In particolare quello del Nord, colpito dalla crisi e sempre più alla ricerca di rappresentanza.
C’è poi un altro aspetto, sottolineato in questi giorni dal quotidiano Europa che si fa strada: quello della fascinazione che il Pd da sempre subisce dalla Lega. Una forza di attrazione fondata sulla speranza di poter intercettare l’anima proletaria del movimento e costruire su queste basi una interlocuzione. “Si tifa per Maroni leader, come se sotto la guida di Bobo la Lega potesse diventare un interlocutore del centrosinistra” scriveva il quotidiano nei giorni scorsi. Al contrario, il rischio è che la “nuova Lega” diventi “un grimaldello per indebolire e scardinare il fronte di centrosinistra e metterlo all’angolo”, per poi tornare all’alleanza con il Pdl.
Al netto di questi segnali d’allarme, l’idea della riapertura del dialogo con il Carroccio continua a dimorare dalle parti di Via del Nazareno. E c’è chi inizia a vagheggiare la possibilità di stringere accordi sul territorio, qualora la Lega decidesse di procedere con alleanze a geometria variabile, sul modello dell’Udc. Una ipotesi che non convince affatto i cattolici del Pd, pronti a dissuadere Pierluigi Bersani dal percorrere una strada di questo tipo. Il segretario inizia a coltivare un timore: quello di ritrovarsi il prossimo anno a dover fare i conti con un ticket rinnovato e rappresentativo di un nuovo centrodestra, composto da Alfano e Maroni.
Una coppia giovane e affiatata da sempre con buone carte da giocare alle prossime elezioni. Per questo Fabrizio Rondolino sul Giornale, ha ipotizzato una contromossa da parte del partito erede dei Ds e della Margherita: offrire un accordo di desistenza al Carroccio in modo da tagliare fuori dal gioco il Pdl. Uno scenario che rappresenterebbe la proiezione della vecchia idea dalemiana della Lega come costola eterodossa della sinistra.
Oggi, però, in tempi di antiberlusconismo declinante, quella tentazione sembra avere meno forza di un tempo. Ma soprattutto l’elettorato del Carroccio sembra aver sviluppato una identità più definita e meno compatibile con il retaggio storico del Partito Democratico. Il terremoto che ha scosso alle fondamenta la casa leghista, insomma, ha modalità, effetti e tempi di ricaduta ancora difficilmente calcolabili. E bisognerà attendere il dopo amministrative per riuscire a spazzare via la nebbia a individuare i contorni e le tessere del nuovo mosaico politico in vista delle elezioni del 2013.