“Adoratori di Pasqua”, svista linguistica? Macchè! Si vuole destrutturare la civiltà occidentale
24 Aprile 2019
I social network, a modo loro, delimitano una religione ultra – individualista. Il possessore di un profilo o di un gruppo mantiene il potere di rimozione. Nella cerchia dei propri amici, ognuno è il Dio di se stesso. Il singolo utente è nella condizione di decidere, in maniera arbitraria, di non essere mai smentito e di non consentire agli altri di controbattere. C’è spazio, volendo, solo per le persone che approvano quello che ognuno di noi scrive: coloro che piazzano un like. Certo, esistono i punti di vista proibiti. Un potere centralizzato lo ricorda spesso. Il discorso è articolato. Comunque la pensiate, lo stupore provato per i tweet di Barack Obama e Hillary Clinton, quelli sugli “adoratori di Pasqua” dello Sri Lanka, è ingiustificato. Quale pensavate che fosse il modo di riferirsi ai cristiani, persino a quelli trucidati dai jihadisti, da parte di quella filiera democratica che, stando a qualche informazione riportata da Wikileaks, avrebbe dovuto alimentare una “primavera cattolica” nella Chiesa cattolica? Forse conviene rinfrescare la memoria.
“Anche se l’idea in sé non è folle, non mi reputo qualificato a prenderne parte. Non ho pensato affatto a come poter seminare i semi della rivoluzione, né chi potesse farlo”. Così – secondo pure quanto si legge qui si esprimeva il vertice di un’associazione progressista, che era, e magari è ancora, riconducibile all’ex presidente degli Stati Uniti all’interno di una mail inoltrata al capo della campagna elettorale di Hillary Clinton, John Podestà. Tralasciando la visione complottista di chi ha voluto interpretare quei virgolettati come la prova di un disegno volto alla detronizzazione di Benedetto XVI, vale comunque la pena sottolineare la radice ideologica della conversazione tra i due: i liberaldemocratici sono anti – identitari. Quel poco di conservatorismo rimasto negli ambienti ecclesiastici va avversato. Le scelte lessicali operate in certi ambienti di Washington non sono mai casuali. Quella firmata Clinton – Obama non è un’improvvisata svista linguistica, ma un’operazione antica, che è tesa alla destrutturazione della civiltà occidentale per come l’abbiamo intesa noi “primitivi”. Noi che abbiamo appreso da Martin Heidegger come il “linguaggio” sia “la casa dell’essere”.
I martiri dello Sri Lanka non possono essere chiamati “cristiani” perché la verità sancirebbe – come se ce ne fosse ancora bisogno – la non perseguibilità di un mondo costruito sull’assolutizzazione della multireligiosità. L’equiparazione ontologica tra confessioni non regge. Per continuare a raccontare di come l’Eldorado globalista e multiculturale sia destinato alla gloria, bisogna recuperare l’approccio nominalista di Berkeley: le categorie universali devono abbandonare il “terriccio della mente” – direbbe Tolkien – delle persone, lasciando spazio alla possibilità di denominare qualsiasi fenomeno mediante una novazione terminologica. E il cristianesimo può essere riletto alla stregua di un’adorazione. La manovra, per i pochi fattori descritti pocanzi, non può che passare via social. Non dobbiamo agitarci, insomma, se assistiamo alla condivisione via internet di una visione del mondo che avremmo dovuto imparare a conoscere da qualche decennio. Possiamo combattere, magari, ricordando a chi abbiamo vicino come gli idiomi possa incidere nella realtà: centinaia di cristiani sono morti in Sri Lanka durante la scorsa domenica di Pasqua. L’attentato è stato rivendicato dal sedicente Stato islamico.