Affinità e divergenze tra il compagno Togliatti e il cattolico De Gasperi
02 Agosto 2009
Qualche anno fa, sotto il titolo “Due cappelli di paglia d’Italia”, la rivista “Nuova storia contemporanea” ha pubblicato uno scritto inedito di Curzio Malaparte di cui ripubblichiamo alcuni estratti. In questo articolo scritto in Francia tra il 1947 e il 1948, lo scrittore toscano parla di due grandi avversari della politica del tempo: Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti. Nell’ottica provocatoria di Malaparte, i leader della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista appaiono molto più simili di quanto gli italiani del tempo potessero immaginare.
Mi sono chiesto spesso, a proposito di Togliatti, se tutta la sua politica non consistesse nell’ arte di trattare le tazze di porcellana come se fossero di ferro. Nel suo primo gesto politico (la sua improvvisa decisione di collaborare con il Re e il maresciallo Badoglio nella primavera del 1944), Togliatti ha sempre mostrato un evidente piacere a maltrattare le cose, senza alcun riguardo alla loro fragilità. E’ quel che si chiama la sua «tattica». E’ stata criticata, biasimata, ha persino turbato profondamente, a volte, lo spirito delle masse, seminato il dubbio fra i comunisti più convinti (…) Le cause dell’ inevitabile crisi che attende il comunismo italiano, così come tutto quello dell’ Europa occidentale, sono diverse, ma la principale, secondo me, è la contraddizione tra la tattica accorta e ardita di Togliatti, che è indubbiamente l’ intelligenza politica più forte dell’ Italia attuale, e la tattica della violenza, troppo spesso sanguinosa, introdotta in Italia da certi capi comunisti giunti da Mosca dopo la Liberazione. Educati, allenati alla scuola rivoluzionaria sovietica, questi agitatori non hanno ancora compreso che i metodi di cui pretendono di fare esperienza in Italia, sono giustamente i metodi che più ripugnano il popolo italiano (…)
Gli uomini, in Italia, hanno molta più importanza che le idee: il popolo crede più agli uomini e ai sentimenti che alle idee e non attribuisce alcun peso alle opinioni. Ciò non gli impedisce di avere delle idee molto chiare sugli uomini e sui sentimenti. Nessun uomo politico, oggi, ha la capacità di suscitare forti sentimenti nel popolo: né l’ odio né l’ amore, ancor meno l’ entusiasmo (…) Per questo compito occorrono uomini nuovi. Dei giovani, cioè degli uomini che non siano compromessi né col fascismo né coll’ antifascismo. Dove trovarli? È chiaro, e tutti ormai se ne rendono conto, che l’ antifascismo è strettamente legato al fascismo. Ne è teoricamente il contrario, ben inteso, ma praticamente lo si può paragonare a un uomo che si guarda allo specchio: l’ immagine non è l’ uomo, ne è l’ immagine rovesciata, ma è comunque la sua immagine. L’ antifascismo mi fa pensare a quegli uomini vivi che gli antichi etruschi (lo racconta Virgilio a proposito della crudeltà dell’ eroe etrusco Mezezio) legavano strettamente bocca a bocca, petto a petto, ventre a ventre, a dei cadaveri. Poco dopo il cadavere si mangiava l’ uomo vivo.
È successo similmente con il fascismo e l’ antifascismo: poco a poco il cadavere fascista ha mangiato l’ antifascismo. Dove trovare, dunque, degli uomini che non siano compromessi né col fascismo né con l’ antifascismo? Aspettando che le nuove generazioni si formino alla dura scuola della disfatta e della miseria, è giusto che si dia fiducia ai nuovi capi, soprattutto a quelli il cui patriottismo non consista soltanto nell’ odio per Mussolini. Di tutti i nuovi capi, De Gasperi, presidente del Consiglio e leader del partito cattolico, è quello che ha le qualità più solide. Non è forte, è testardo: non è soltanto onesto, è un uomo scrupoloso. Cosa rara, in un Paese, e in un’ epoca dove si confonde facilmente lo scrupolo con l’ ipocrisia e l’ astuzia (…) In effetti lui è il solo leader antifascista che non si sia compromesso, dopo la Liberazione, con l’ antifascismo. Uno di quelli, così poco numerosi, che hanno capito subito che l’ antifascismo non è che l’ immagine rovesciata del fascismo, o se si vuole, la controfigura del fascismo, e che ogni politica antifascista sarà fatalmente tanto più fascista quanto più si sforzerà di essere antifascista.
Bisogna essere grati a De Gasperi di aver riportato la politica italiana alla sua tradizione di accortezza e di tolleranza insieme, di averla riadattata alle qualità fondamentali del popolo italiano, cioè alla moderazione, al buon senso, ai buoni sentimenti. Messi l’ uno contro l’ altro (poiché tutta la politica italiana consiste nella lotta tra il partito cattolico e il partito comunista) De Gasperi e Togliatti hanno molti caratteri comuni. Intanto essi appartengono, l’ uno e l’ altro, a una Chiesa: la Chiesa di Roma e la Chiesa di Mosca. Sono due chierici, non due laici. Hanno le maniere degli uomini di Chiesa: l’ ipocrisia, la pazienza, la tolleranza, il disprezzo degli uomini, l’ assoluta fiducia nella Provvidenza. Perché anche il comunismo ha la sua Provvidenza. Ma bisogna dire, a vantaggio di De Gasperi, che ha meno fretta, che ha il tempo dalla sua. Togliatti lotta col tempo, ha fretta di concludere. La Chiesa cattolica è una repubblica, la Chiesa comunista è una dittatura. Ecco la differenza fondamentale tra questi due avversari. Credo che si detestino, ma che in fondo si rispettino e si stimino l’ un l’ altro. La loro lotta, come ogni lotta, è un continuo di mosse, di gesti che qualche volta han l’ aria di strette mortali, altre volte di abbracci, di slanci amichevoli. Non mi meraviglierei se mi dicessero che in segreto si baciano sulla bocca: si può sapere chi, dei due, è Giuda e chi Cristo? Forse lo sono a turno (…)
E’ una lotta a morte, di cui si può già prevedere l’ ineluttabile esito: ci saranno due morti e una sola sepoltura. Perché non si può pensare che il partito cattolico italiano, perché è più vicino al Vaticano di qualsiasi altro partito cattolico d’ Europa, possa sottrarsi alla fatalità che minaccia ogni partito cattolico, che sia in Italia o altrove. E non bisogna credere, non di meno, che il partito comunista italiano, per la sola ragione che solo il marxismo può risolvere i problemi fondamentali della vita italiana, possa sottrarsi alla fatalità che minaccia ogni partito comunista, in Italia come altrove. Non bisogna pensare, d’ altra parte, che il partito cattolico italiano si salverà grazie al lato marxista del suo programma, e che il partito comunista italiano si salverà grazie alle concessioni che ha fatto, e che farà, al sentimento cattolico del popolo italiano come agli interessi della Chiesa di Roma. La sorte del partito cattolico e del partito comunista, in Italia come altrove, mi pare essere la stessa: si assisterà fatalmente a una progressiva disgregazione di ciascuno di questi due partiti, meno rapida nel partito cattolico ma altrettanto inevitabile che per il partito comunista. Anno 1948, una sfida provocatoria dall’ «esilio» francese
Tratto da “Nuova Storia Contemporanea”
Anno VI, numero 3 (maggio-giugno 2002)