Afghanistan, anche Zapatero è ostaggio della sinistra radicale
25 Settembre 2007
Poche ore dopo la liberazione dei nostri
due soldati, rapiti sabato, nella stessa zona, a nord
ovest di Farah, nei pressi di Shewan, un
veicolo di tipo Bmr appartenente ad un convoglio spagnolo di stanza ad Herat è
stato vittima di un’esplosione, immediatamente rivendicata dal portavoce dei
talebani Zabiullah Mujahid. Due
soldati spagnoli e un interprete di
origine iraniana sono morti, altri sei uomini che viaggiavano sullo stesso
blindato sono rimasti feriti.
Arriva così a 137 il numero delle
vittime delle Forze Armate spagnole coinvolte in missioni di pace. Dal 1989, primo anno della partecipazione
spagnola a queste operazioni, il maggior numero di morti-85- si è registrato
proprio in Afghanistan.
Il governo esprime immediata solidarietà ai familiari delle vittime e un
augurio di pronta guarigione ai feriti ma non rilascia dichiarazioni nette sulla sua posizione nei confronti delle
missioni di pace né sul futuro della
presenza spagnola in quel territorio.
Tocca al ministro della Difesa, Alonso, nel corso della
conferenza stampa realizzata poche ore dopo l’esplosione, confermare che i
programmi in agenda saranno rispettati: oggi riferirà alla Commissione Difesa della Camera
dei Deputati e chiederà al Parlamento
l’autorizzazione per l’invio di altri 52 militari spagnoli per contribuire alle operazioni di formazione
dell’Esercito Nazionale Afgano (ENA).
Alonso, insieme al Capo dello Stato Maggiore della Difesa, il
Generale Felix Sanz, ha espresso la
volontà dell’Esercito di mantenere l’impegno preso per la ricostruzione civile e militare dell’Afghanistan per
evitare che possa cadere sotto il controllo delle organizzazioni terroriste e
dei narcotrafficanti. Il ministro ha sottolineato anche quanto sarebbe un
errore considerare l’Afghanistan “un paese lontano”, visto che la sicurezza non solo della Spagna ma di
tutto l’Occidente dipende anche dalla capacità di sradicare le cellule
del terrorismo internazionale annidate
in quell’area. Alonso ha chiuso poi la sua conferenza stampa, in funzione di
difesa preventiva contro possibili attacchi dell’opposizione, ribadendo il
carattere umanitario e l’egida delle Nazioni Unite alla missione in Afghanistan,
marcando così, indirettamente, una differenza rispetto al sostegno di Aznar
all’intervento unilaterale americano in Iraq.
Intanto da New York le prime reazioni del premier risultano
essere abbastanza ambigue: il primo messaggio è che non è previsto alcun aumento del contingente
spagnolo, a garanzia di una maggiore sicurezza dei soldati già presenti sul
territorio, subito contraddetto dalla
disponibilità del governo all’invio di altri 52 uomini- provvedimento però che -secondo
Zapatero – non può essere letto come un ampliamento delle truppe.
Le reazioni dell’opposizione non tardano ad arrivare. Il PP perde una buona occasione e mette in campo la strategia del “muro contro muro”.
Il segretario generale del PP, Acebes, si concentra sulla sicurezza dei
soldati spagnoli e richiede che il premier riferisca in Parlamento sulla situazione delle truppe in missioni internazionali condotte in “ paesi in guerra”come il Libano e
l’Afghanistan.
Anche il leader dell’opposizione,
Rajoy, chiede a Zapatero di riconoscere
in Parlamento che i soldati si trovano coinvolti “in mezzo a una guerra ma non
in una missione di guerra” e punta il dito sull’immediata necessità di cambiare
le regole d’ingaggio.
In linea con l’esecutivo anche dalle seconde file del Psoe si ricorda
invece il carattere umanitario e pacifico della missione.
Si prevede un dibattito serrato in Parlamento dove maggioranza e
opposizione si troveranno sicuramente divise sul senso e sulla durata della
missione. È facile intuire inoltre che
sulla falsariga del Pdci italiano, anche
la sinistra radicale spagnola tenterà di capitalizzare l’accaduto per riaccendere
il dibattito sul ritiro delle truppe. La credibilità internazionale iberica ne
uscirà indebolita e anche la possibilità di fare d’esempio al nostro paese
sembra già sfumata.