Afghanistan, i danni della guerra “politically correct”

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Afghanistan, i danni della guerra “politically correct”

31 Luglio 2009

La recrudescenza delle azioni talebane ma anche le ambigue decisioni anglo-americane sono all’origine delle forti perdite tra le truppe alleate in Afghanistan, ormai vicine ai 200 caduti quest’anno, poco più della metà americani. 

I britannici, che da gennaio lamentano 48 morti (15 solo in luglio) pagano le difficoltà di operare a Helmand, la provincia più calda dell’Afghanistan, ma anche la carenza di truppe, elicotteri e mezzi protetti contro gli ordigni improvvisati (Ied) il cui impiego è più che raddoppiato in un anno: ne sono esplosi 736 in giugno contro i 308 dello stesso mese del 2008. Pur con quasi 9.000 soldati in Afghanistan, le forze di Sua Maestà sono insufficienti a presidiare una provincia grande quanto l’Irlanda ma priva di strade. Il premier Gordon Brown ha però dichiarato che i 30 elicotteri inviati in Afghanistan sono sufficienti (l’Italia ne schiera 13 per un contingente pari a un terzo di quello di Londra e schierato in un’area decisamente più tranquilla), peccato lo abbia detto lo stesso giorno che il generale Richard Dannat, capo di stato maggiore del British Army, abbia dovuto sorvolare la provincia di Helmand su un Black Hawk statunitense perché non c’erano elicotteri inglesi disponibili.

I tagli alla Difesa del governo laburista hanno limitato gli elicotteri assegnati alle truppe e ritardato l’ingresso in servizio dei nuovi blindati protetti contro gli Ied. Ragioni di bilancio hanno inoltre indotto Brown a limitare a 800 i rinforzi inviati temporaneamente in vista del voto di agosto mentre Dannat  ne chiedeva 2.000 da dislocare stabilmente a Helmand. Nonostante l’arrivo dei rinforzi anche gli americani stanno combattendo con truppe limitate a causa delle decisioni della Casa Bianca. Pressato dagli ambienti pacifisti che “gufano” ricordando l’inutile aumento di truppe in Vietnam negli anni ’60, Obama ha limitato a 17.000 le forze da combattimento supplementari inviate in Afghanistan. I generali Banz Craddock e David McKiernan, a capo della NATO e delle forze alleate a Kabul, che avevano sostenuto più volte la necessità di almeno 30.000 soldati USA in più sono stati rimossi da Obama e sostituiti con ufficiali più allineati al nuovo corso.

Con una decisione molto “politically correct” l’attuale comandante in Afghanistan, generale Stanley McChrystal, ha infatti bandito i bombardamenti aerei in caso di rischi per i civili, cioè quasi sempre considerato che i talebani si fanno scudo della popolazione. “Il successo si misura non dal numero di talebani che uccidiamo ma dal numero di civili che proteggiamo”, ha dichiarato McChrystal anche se è evidente che finché ci saranno talebani non vi sarà sicurezza. Pur tra errori e dolorose perdite civili (peraltro limitate rispetto ai conflitti del passato) i raids aerei hanno finora garantito la salvezza a molte pattuglie alleate cadute nelle imboscate talebane. In vista delle elezioni afgane gli USA vogliono ridurre l’impatto del conflitto sui civili ma rinunciare ai jet favorisce le incursioni talebane e al calo dei raids aerei corrisponde un aumento dei caduti sul terreno.

Dettagli per gli adepti della religione “politically correct” imposta dall’Era Obama che si occupano invece di cose ben più serie, come togliere ai militari il vizio del fumo. Al Pentagono hanno infatti deciso che il vero nemico non sono più al-Qaeda o i talebani (come ai tempi di quel reazionario di Bush) oggi il vero nemico dei soldati americani è il fumo! Per questo presto i militari non troveranno più nelle loro basi sigarette e sigari; una risposta all’aumento di consumo di tabacco presso i militari che raggiunge il 32 per cento tra  militari con picchi del 37 per cento in Us Army e Marines contro il 20 per cento dei civili i quali probabilmente non dovendo combattere in Iraq o Afghanistan in turni di un anno intero si stressano di meno. 

© Analisi Difesa