Afghanistan, la situazione non è così nera come dicono i giornali
06 Aprile 2009
di Max Boot
Sono appena tornato dall’Afghanistan e sono rimasto scioccato dal livello di sconnessione che c’è tra la realtà che ho trovato in quel Paese e ciò che viene riportato sui nostri giornali. Gli ufficiali della Coalizione con cui ho parlato mi hanno confidato la loro convinzione che, con i rinforzi americani che stanno affluendo nel Paese, saranno capaci di ottenere delle vittorie contro la guerriglia che ha avuto campo libero in alcune aree per la pochezza di risorse della Nato. Ma anche prima che arrivino le 17.000 truppe di rinforzo, la situazione non è poi così critica. Kabul e le altre maggiori città dell’Afghanistan e anche larghe fette della campagna non sono infestate di guerriglieri.
Questa è la realtà. Questo invece è ciò che viene riportato dai giornali: “C’è un pensiero spaventoso. Che gli Stati Uniti possano ricalcare i passi dell’Unione Sovietica… Gli Stati Uniti intervennero in Afghanistan nel 2001 per schiacciare Al Qaeda e rovesciare il regime talebano in modo tale che il Paese non avrebbe mai più potuto essere usato come un’area per l’organizzazione di attacchi terroristici. Il problema è che adesso l’America rischia di non raggiungere quelli che erano gli scopi prefissati ma anche di perdere la guerra. Mandare più soldati americani nel Paese non è la risposta adatta”.
Ecco è il danno fatto dalle “Lettere dall’Europa” di Celestina Bohlen sulle pagine del International Herald Tribune. La dateline, ho notato, è Parigi, non Kabul, che mi persuade nell’impressione che ho avuto modo di sperimentare molte volte in Iraq – cioè che è facile essere presi dal panico quando si è lontani dal teatro della guerra.
Attualmente, se mai,
Al momento ci sono circa 58.000 truppe straniere nel Paese. Il numero delle Afghan National Security Forces (esercito e polizia) si aggira intorno ai 150.000 elementi, ma solo 80.000 soldati dell’esercito afgano sono da considerarsi ragionevolmente come effettivi. Questo fa un totale di circa 208.000 uomini a cui è affidata la sicurezza di un Paese con 30 milioni di abitanti, o meglio un rapporto di un solo contro-insorgente ogni 144 civili, includendo anche l’inquieta polizia afgana nel conto. Questo numero è insufficiente rispetto a quello compreso tra i 400.000 e i 600.000 soldati e poliziotti di cui l’Afghanistan alla fine avrà bisogno, molti dei quali saranno indigeni, com’è accaduto in Iraq, e non stranieri.
Le truppe di rinforzo non ci permetteranno di arrivare al giusto rapporto nel Paese preso nel suo insieme ma se verranno addestrate in modo corretto potrebbero fare un’enorme differenza nella aree-chiave dove agisce la guerriglia. Questo, dopotutto, è quello che è successo in Iraq, un altro posto dove gente saggia come
Ma come io stesso e altri analisti abbiamo cercato di spiegare in molte, davvero molte occasioni, la ragione per cui i sunniti decisero di voltare le spalle ad Al Qaeda fu che a un certo punto capirono che le truppe americane non sarebbero andate da nessun’altra parte. Se ci fossimo ritirati, piuttosto che inviare le truppe per
Attualmente l’Armata Rossa – pardon, l’esercito russo – sta più o meno cercando di risolvere la guerriglia cecena con la forza, ma questo non è stato possibile con l’Afghanistan perché è un Paese molto più grande della Cecenia e la guerriglia riesce ad ottenere molti più aiuti dall’estero. Questa comunque non dovrebbe essere la causa di eccessive preoccupazioni perché c’è una coincidenza davvero piccola tra quello che fecero i russi e cosa sta facendo oggi
I russi usarono una secca strategia della forza uccidendo i civili più o meno indiscriminatamente per terrorizzare la popolazione. Fallirono anche nel piazzare le loro guarnigioni nella campagna, confinando le loro truppe in grandi basi all’interno delle città da cui si avventuravano periodicamente fuori in missioni di ricerca e distruzione del nemico. Con tutto ciò, avrebbero prevalso se non fosse stato per gli Stingers e le altre armi spedite ai mujaheddin – un livello di supporto che eccede di molto quanto il Pakistan, l’Iran, a qualsiasi altra nazione sta fornendo oggi ai Talebani.
Fortunatamente,
Una parte incisiva della spesa, per esempio, parte del CERP (Commander’s Emergency Response Program) è stanziata per le scuole, gli ospedali, le strade locali, ed altre iniziative lodevoli.
Potrei aver dato un’eccessiva importanza all’articolo della Bohlen ma ritengo che valesse la pena decostruirlo perché è un riflesso perfetto di quello ‘zeitgeist’ sull’Afghanistan che ha scarse relazioni con quello che sta attualmente accadendo nel Paese.
Tratto da Commentary
Traduzione di Fabrizia B. Maggi