Afghanistan, ma si può vincere una guerra in questo modo?
03 Settembre 2010
Un anno dopo le “linee guida” del generale McChrystal, i 130 mila soldati alleati schierati in Afghanistan hanno ricevuto nuove indicazioni dal generale David Petraeus, da meno di due mesi alla testa delle forze alleate in Afghanistan. Il testo di quattro cartelle contiene 24 norme ispirate al concetto ”impara e adatta” e "applicabili a tutte le operazioni in Afghanistan". Per lo più si tratta di raccomandazioni già presenti nelle linee guida di McChrystal che a loro volta erano inspirate dalla dottrina anti-insurrezione redatta da Petraeus per le operazioni in Iraq.
Petraeus sostiene che in questa sfida ”il terreno decisivo è il terreno umano”, per cui si incoraggiano i militari ”a vivere fra la gente” con un comportamento da ”buon ospite”, “rispettoso della cultura locale” per “conquistare la fiducia della popolazione”. Accanto a indicazioni relative all’approccio con gli afghani, come quella di togliersi gli occhiali da sole durante le pattuglie (che devono essere effettuate quando possibile a piedi e non a bordo di veicoli), il comandante raccomanda di "combattere la cultura dell’impunità" individuando e segnalando i funzionari afghani corrotti come chiesto anche dal presidente Hamid Karzai. L’obiettivo prioritario è trasformare gli afghani in “protagonisti della costruzione e del successo della loro comunità”, passo indispensabile verso la transizione delle responsabilità militari che consentirà il disimpegno statunitense dal Paese.
L’impegno costante, dice ancora il comandante Isaf, deve essere quello di collaborare con “le forze di sicurezza afghane”e di “muoversi come un’unica squadra” perché “l’unità negli sforzi e la cooperazione non sono un optional”. Dopo un incoraggiamento ad operare “per la reintegrazione” degli oppositori che accettino di abbandonare le armi, Petraeus chiede ai suoi soldati di spendere bene il denaro. “Money is ammunition” scrive Petraeus riferendosi ai fondi destinati agli afghani (CoIn contracting) raccomandando di fare attenzione a come impiegarlo perché “come spendi è più importante di quanto spendi”. Sul piano più strettamente bellico Petraeus incita i suoi uomini a “dare la caccia al nemico in modo aggressivo ma usando solo la forza necessaria a vincere lo scontro” perché “se noi uccidiamo civili o danneggiamo le loro proprietà finiremo per creare più nemici di quanti ne abbiano eliminati le nostre operazioni. Che è esattamente quello che vogliono i talebani. "Non cadiamo in questa trappola” esorta Petraeus. “Dobbiamo continuare i nostri sforzi per ridurre le perdite civili al minimo assoluto".
Anche se nelle linee guida non se ne parla Petraeus sembra aver messo mano anche alle regole d’ingaggio previste dal suo predecessore per l’impiego dei bombardamenti aerei e d’artiglieria che da oggi potranno essere potenzialmente più frequenti. Dopo aver accettato di assumere il comando a Kabul, Petraeus aveva dichiarato di voler modificare le regole d’ingaggio imposte per limitare le vittime civili ma giudicate troppo restrittive dai comandanti dei reparti combattenti. Un impegno che Petraeus aveva però smentito subito dopo il suo arrivo in Afghanistan, forse anche a causa delle pressioni di Karzai che non risparmia critiche agli alleati per i “danni collaterali”. Secondo il Wall Street Journal, che riporta fonti del Pentagono, nell’ambito della revisione complessiva delle operazioni Petraeus ha stabilito che i comandanti dei reparti combattenti potranno chiedere l’intervento aereo o dell’artiglieria secondo regole d’ingaggio meno restrittive. Il Pentagono ha riferito che molti giovani ufficiali impegnati sul campo di battaglia hanno interpretato in modo non corretto le restrizioni previste e non hanno chiesto l’intervento aereo anche quando avrebbero potuto farlo. Petraeus sembra quindi voler migliorare il morale delle truppe modificando uno dei punti maggiormente contestati al suo predecessore.
A tal proposito riportiamo alcuni brani del noto articolo di Micheal Hastings sul magazine Rolling Stones che ben fotografano le tensioni tra comando e truppe combattenti circa le regole d’ingaggio.
Per quanto possano essere strategici, i nuovi ordini di McChrystal hanno avuto serie ripercussioni sulle sue stesse truppe. I militari credono che sparando meno rischino molto di più. «Mi piacerebbe prendere McChrystal a calci nelle palle – ammette un veterano delle Forze Speciali – Le sue regole di ingaggio sono pericolosissime per le vite dei soldati. E qualsiasi vero soldato ti dirà la stessa cosa». A marzo McChrystal è andato in una base nei dintorni di Kandahar per rispondere direttamente a queste accuse. Una mossa ardita del generale, tipica da parte sua. Solo due giorni prima, aveva ricevuto una mail da Israel Arroyo, un sergente 25enne che gli chiedeva di andare in missione con la sua unità: «Le scrivo perché si dice che non gliene freghi niente delle truppe e che ha reso più difficile la nostra difesa».Nel giro di poche ore, McChrystal ha risposto personalmente: «Mi dispiace sentirmi dire che non ho interesse nei soldati, cosa che invece importa a tutti noi, sia personalmente che professionalmente. Ma so che questa percezione dipende dal momento e rispetto il punto di vista di ogni soldato». Poi si è fatto vedere alla postazione di Arroyo e ha fatto un giro di pattugliamento a piedi con le truppe; non una cazzo di posa per i fotografi, ma una vera operazione in una zona di guerra pericolosa.Sei settimane dopo, poco prima che tornasse da Parigi, McChrystal ha ricevuto un’altra mail da Arroyo. Una bomba aveva ucciso Michael Ingram, un soldato 23enne con il quale il generale era uscito in pattuglia. Era il terzo commilitone perso in un anno, Arroyo voleva sapere se McChrystal avesse intenzione di partecipare al memoriale. «Iniziava a prenderti in considerazione» ha scritto Arroyo. E McChrystal ha risposto che sarebbe andato a rendergli onore prima possibile. La notte prima della visita del generale al plotone di Arroyo per il memoriale, arrivo lì per parlare con i soldati che sono usciti in pattuglia con lui. JFM è un piccolo campo circondato da pareti esplosive e torrette di guardia. La maggior parte dei soldati che ospita sono stati sia in Iraq che in Afghanistan e hanno visto il peggio di entrambe le guerre. Ma sono arrabbiati soprattutto per la morte di Ingram. I suoi compagni avevano chiesto ripetutamente il permesso di radere al suolo la casa dove Ingram è stato ucciso, facendo presente che era stata usata spesso come base dai Talebani. Ma la richiesta era stata respinta per via delle nuove restrizioni volute da McChrystal per tutelare i civili. «Erano case abbandonate – dice il sergente Kennith Hicks – nessuno ci sarebbe tornato per viverci». Un soldato mi mostra la lista delle regole da seguire: «Pattugliate solo le zone in cui siete ragionevolmente sicuri di non dovervi difendere con forza letale». Per un militare che ha girato mezzo mondo per combattere, è come dire a un poliziotto di dover pattugliare solo quei quartieri dove è certo di non dover arrestare nessuno. «Che cazzo di senso ha?» chiede il soldato Jared Pautsch. «Dovremmo solo scaricare una bomba del cazzo su questo posto. Ti siedi e ti domandi: Che ci stiamo a fare qui?». Le regole non sono proprio quelle di McChrystal, sono state distorte dal passaggio di consegne nella catena di comando. Ma questo non frena la rabbia delle truppe. «Cazzo, quando sono venuto qui e ho saputo che c’era McChrystal pensavo di dover tirar fuori il fucile» racconta Hicks, che ha partecipato a tre missioni di guerra. «Capisco la dottrina COIN. McChrystal viene qui, la spiega e ha senso. Poi però vola via e una volta che le sue direttive passano attraverso tutto l’esercito vanno a farsi fottere, o perché qualcuno prova a pararsi il culo o perché semplicemente non le capiscono. Ma stiamo perdendo, cazzo». McChrystal e i suoi arrivano il giorno successivo. Sotto una tenda, il generale fa un discorso di quarantacinque minuti con un gruppo di soldati. L’atmosfera è tesa. «Vi chiedo che sta succedendo qui da voi, ma credo sia importante che capiate anche il quadro generale» dice McChrystal. «Come va? Qualcuno tra voi ha la sensazione di stare perdendo?» «Signore – risponde Hicks – alcuni ragazzi sì, Signore, credono che stiamo perdendo, Signore». McChrystal annuisce. «E’ la forza che vi tiene su quando non volete più combattere» dice ai ragazzi. «Dovete essere un esempio, soprattutto in momenti dolorosi come questo». Dopo, passa una ventina di minuti a spiegare la sua counterinsurgency, disegnando i suoi principi sulla lavagna. La dottrina COIN è una dimostrazione di buon senso, ma il generale sta ben attento a non prendere per il culo i suoi uomini. «Questo è un anno decisivo» – dice: i Talebani non hanno più in mano le redini del gioco, «ma non credo che le abbiamo neanche noi». E’ un discorso simile a quello che ha fatto a Parigi, ma non sta conquistando i soldati. Prova a scherzarci su: «La filosofia funziona con i think-tank, ma non con la fanteria». Durante il botta e risposta, il senso di frustrazione sale. I soldati si lamentano di non poter sparare come si deve, vedono i nemici catturati liberati per mancanza di prove. Vogliono combattere, come facevano in Iraq e come hanno fatto in Afghanistan fino all’arrivo di McChrystal: «Non spaventiamo i Talebani» sottolinea un soldato.«Bisogna conquistare cuori e menti» dice McChrystal, citando una massima sentita e ri-sentita sulla guerra in Afghanistan: «I russi hanno ucciso un milione di afgani, ma non ha funzionato». «Non sto dicendo di uscire e ammazzare tutti, Signore» insiste il soldato. «Dite che abbiamo fermato i ribelli, ma da queste parti non credo sia vero. Più ci tratteniamo, più diventano forti». «Sono d’accordo con te» dice McChrystal. «Forse in quest’area non abbiamo fatto progressi. Dovete dimostrare la vostra forza, dovete usare il fuoco. Quello che sto tentando di dirvi è che il fuoco ha dei costi. Cosa volete fare? Spazzar via la popolazione e poi rimetterla qui?».Un soldato si lamenta del fatto che ogni ribelle disarmato è riconosciuto immediatamente come civile.
Molti militari lamentano di non poter impiegare la maggiore potenza di fuoco garantita da artiglieria, jet ed elicotteri da attacco offrendo così ai talebani l’opportunità di affrontare le truppe alleate ad armi pari. Una tesi che sembra confermata dal crescente numero di perdite alleate che coincide con la decisa diminuzione delle vittime civili. Sono in particolare i comandanti di plotoni e compagnie, le pedine operative sulle quali sono incentrate le operazioni, a lamentare regole d’ingaggio troppo complesse e “burocratiche” per essere applicate in battaglia. Soprattutto perché l’approccio tattico statunitense insegnato agli ufficiali fin dall’Accademia prevede l’impiego del massimo potenziale bellico possibile per distruggere il nemico, cioè l’esatto contrario di quanto si pretende di fare in Afghanistan. L’esempio più evidente (che conferma anche come questa guerra venga combattuta dagli alleati con una mano legata dietro la schiena) riguarda la possibilità di bombardare edifici e aree abitate utilizzate dagli insorti. Opzione consentita in pochissime condizioni di estremo pericolo per le forze alleate. Resta invece la libertà di aprire il fuoco con armi pesanti su edifici abbandonati e disabitati utilizzati come capisaldi dai talebani ma questa possibilità non sarebbe stata ben recepita dai combattenti, probabilmente a causa della direttiva che impone di non distruggere o danneggiare le proprietà dei cittadini afghani.
Più che impartire nuove regole d’ingaggio Petraeus sembra quindi aver voluto chiarire meglio quelle ereditate da McChrystal. Ma come si distingue, nella concitazione della battaglia, un edificio abitato da uno disabitato? Le fonti del Pentagono citate dall’articolo di Julian Barnes sul WSJ sono certe che l’aspetto sia stato chiarito al di là di ogni dubbio. Una struttura nella quale i civili possono vivere è definita un “edificio con quattro muri e un tetto” e non può essere bombardata dai militari che invece potranno colpire liberamente “edifici con tre soli muri e privi di tetto”. Ma si può combattere e vincere una guerra con queste regole?