Ahamadinejad paragona Israele al nazismo ma Prodi non fa una grinza

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Ahamadinejad paragona Israele al nazismo ma Prodi non fa una grinza

15 Ottobre 2008

Romano Prodi non ha battuto ciglio a Teheran, prima nel palazzo del governo, poi nel palazzo presidenziale, di fronte a un Mohammed Ahmadinejad e poi all’ayatollah Khamenei che hanno paragonato Israele alla Germania nazista e ribadito – sia pure con un linguaggio forbito, ma chiarissimo – le loro consuete accuse e minacce di una sua distruzione .

La scena ha dell’incredibile, ma questo è quanto è accaduto. L’ex premier italiano – e attuale presidente della commissione dell’Onu per il peacekeeping in Africa – si trovava infatti nei giorni scorsi nella capitale iraniana assieme all’ex segretario dell’Onu Kofi Annan e altri politici occidentali per partecipare ad una ambigua conferenza sul dialogo tra religioni e civilizzazioni promossa da una fondazione diretta dall’ex presidente riformista Mohammad Khatami. Da sempre la copertura del dialogo interreligioso è usata e strausata dai fondamentalisti islamici per difendere le più feroci tra le loro convinzioni e così è stato anche questa volta. Ricevendo Prodi e Annan, Ahamadinejad è stato chiarissimo, pur ammantando le sue parole nel consueto lessico diplomatico: “Il regime sionista commette da 60 anni crimini contro i palestinesi, e questo problema non potrà essere risolto fino a quando le terre palestinesi saranno sotto occupazione e vi saranno cinque milioni di profughi”.

Prodi sa benissimo che per “terre palestinesi sotto occupazione” secondo la dottrina ufficiale della repubblica Islamica dell’Iran, Ahamadinejad intende Israele, non solo la Cisgiordania e che quindi la “risoluzione” non può che essere la scomparsa o la distruzione di Israele. Ma non ha battuto ciglio, non ha protestato, ha fatto finta di non udire. Stessa identica scena davanti alla Guida della Rivoluzione, l’ayatollah Khamenei, che ha confermato lo schema di Ahmadinejad:  “All’origine delle tensioni attuali vi sono le passate politiche coloniali dell’Occidente e ancora oggi ci sono governi che vogliono saccheggiare i diritti delle nazioni e avere il dominio nel mondo, come quelli del passato. Di fronte a coloro che opprimono i popoli della Palestina e dell’Iraq l’unica azione efficace è la lotta contro la tirannia”. Di nuovo, Prodi sa benissimo che Khamenei ha affermato che Israele è erede del colonialismo e che quel riferimento al passato è la Germania nazista; infine Prodi sa benissimo che, per lotta contro la tirannia, Khamenei intende il Jihad, non solo contro Israele, ma anche contro il governo di Baghdad. Ma Prodi ha fatto altro oltre a tacere e non ribattere questi deliri antisraeliani: ha parlato d’altro e ha anzi esortato “l’Iran a svolgere un ruolo importante per favorire la distensione nella regione mediorientale, consapevole delle sue responsabilità. L’Iran ha oggi responsabilità che non aveva in passato, e quindi ha un obbligo politico e morale di fronte a tutta l’umanità di usare questa posizione in modo costruttivo e fare proposte che abbassino la tensione”.

Un opportunismo che confina con la complicità, aggravato dalla posizione di rappresentante dell’Onu che oggi Prodi ricopre per la scena africana e che consolida una politica di presa di distanza dalle posizioni dello stesso Consiglio di Sicurezza che Prodi ha sempre dimostrato. Durante tutto il suo primo e secondo governo, Prodi ha infatti sempre offerto una sponda ai dirigenti iraniani e ha sempre comunicato ai governanti di Teheran la certezza di una disponibilità italiana a dissociarsi dalla politica di ferma reazione al programma nucleare decisa dall’Onu e dall’Ue.

Una ambiguità perfettamente recepita dai dirigenti iraniani tanto che Ali Lariani, ex responsabile delle trattative sul nucleare e poi speaker del parlamento iraniano, il 14 luglio scorso ha praticamente minacciato il nuovo governo Berlusconi, accusato di un cambio di rotta rispetto al governo precedente, criticando “alcune prese di posizione del nuovo governo italiano sulle questioni mediorientali”, con un riferimento indiretto a dichiarazioni del ministro degli Esteri Franco Frattini che, in Israele, aveva sottolineato l’opportunità di mantenere la linea della fermezza verso l’Iran e le sue ambizioni nucleari.

C.P.