“Ai falchi del Pdl dico che questo è l’unico governo possibile”
23 Ottobre 2013
di Nino Sunseri
Gaetano Quagliariello è diventato il bersaglio dei falchi del Pdl. I compagni di partito lo accusano per le sue ultime esternazioni. Il ministro delle Riforme Istituzionali li invita a smorzare gli attacchi al governo tanto più che, come si è visto in occasione del voto di fiducia, non ci sono i numeri per farlo cadere.
Ministro che cosa risponde al fuoco amico ammesso che si possa ancora definirlo tale?
«Rispondo che l’attuale governo è l’unico possibile, come si è visto. Inoltre, molte delle critiche mi sembrano pretestuose. Le polemiche sull’esecutivo servono solo a tenere alta la mobilitazione. Certamente la nostra attività va stimolata. Ma il governo non va buttato giù. Occorrono atteggiamenti responsabili da parte di tutti».
L’elezione di Rosy Bindi sembra andare in direzione esattamente opposta. Il Pd l’ha votata nonostante la vostra ostilità. Che riflessi avrà sul governo?
«Ciò che è accaduto è molto grave. In tanti anni non era mai accaduto che su un ruolo così delicato come la presidenza dell’Antimafia si consumasse uno strappo. E certo non è nella logica delle larghe intese. Essere responsabili non significa essere sciocchi. Il Pd non tiri la corda».
Quali considerate i successi maggiori del governo?
«Intanto, è stata invertito il trend delle tasse che, con la Legge di Stabilità, cominceranno a scendere. Poi siamo riusciti, con l’attuale maggioranza e l’intervento del Presidente Napolitano, a dare stabilità alla politica tanto che l’Italia non è più considerata una minaccia per l’euro. La ritrovata fiducia si riflette sullo spread che sta scendendo verso quota duecento. Il governatore Vìsco ha giudicato un differenziale di 180 punti con la Germania come un livello fisiologico. La stessa Banca d’Italia parla di una ripresa sempre più vicina. Ma è ancora fragile e una crisi potrebbe allontanarla. Ecco, secondo me sono questi i principali risultati ottenuti dal governo e sono i temi su cui bisogna confrontarsi».
E invece?
«Invece, vedo grande confusione: da una parte la dialettica molto accesa all’interno del P d in previsione del congresso. Nel Pdl ci sono posizioni estreme che poco si adattano alle inclinazioni dell’elettorato moderato che il partito tradizionalmente rappresenta. Sono tutte tensioni che si scaricano sul governo».
Non tutte le critiche, però appaiono ingiustificate. Prendiamo le tasse: il governo sostiene che scenderanno con la legge di stabilità e invece sembra proprio il contrario. Per non parlare dei tagli alla spesa pubblica che appaiono persi nelle nebbie. Che cosa risponde?
«La legge di stabilità, che il Parlamento potrà migliorare, rappresenta una svolta. La pressione fiscale nel triennio scenderà».
Non è troppo ottimista?
«Il calo sarà dell’1%. Non è molto, certo. Conta, però, la linea di tendenza».
E i tagli che non si vedono?
«Ecco questo è il vero problema. Per contenere l’innalzamento delle tasse la legge di stabilità ha posto degli obiettivi generali di finanza pubblica. Sono tetti che devono essere rispettati altrimenti scatta l’aumento delle accise e la pressione fiscale torna a crescere. È su questo che si gioca la vera partita del governo».
E allora?
«Quanti attaccano il governo dovrebbero abbandonare gli slogan e dare un contributo di proposte. Senza cadere nel vizio per cui i tagli più belli sono quelli che si fanno nel prato del vicino».
Resta aperto il problema della crescita. Anche questo governo, come Monti ha messo l’accento sul rigore e sull’austerità. Vuoi dire che anche il 2014 sarà un anno difficile.
«Le previsioni dicono il contrario. È atteso il segno positivo per gli indicatori economici principali. Sarà tanto più facile raggiungere gli obiettivi quanto maggiore sarà la percezione sui mercati che l’Italia ha raggiunto la stabilità».
Stabile ma sempre più povero. I rimbalzi attesi sono minini: l’anno prossimo il Pil dovrebbe crescere dello 0,8%. Considerando che dal 2008 è sceso quasi del 9% è difficile parlare di rimbalzo. Casomai la caduta che ha trovato il suo pavimento. Come si fa a parlare di ripresa in queste condizioni?
«L’Italia ha scelto l’Europa e dunque i vincoli vanno rispettati. Primo fra tutti l’obbligo di tenere sotto il 3% il rapporto tra deficit e Pii. Una scelta, per esempio, sui cui la Francia di Hollande appare assai più tiepida e ora paga per questo. Non si tratta di un esempio virtuoso».
Perché non avete appoggiato Parigi: un po’ di austerità in meno avrebbe dato più slancio all’economia, non trova?
«I mercati stanno cogliendo il cambio di passo. Se i partiti metteranno il governo nelle condizioni di agire efficacemente lo spread potrebbe scendere sotto i 200 punti. Il che significa qualche miliardo in meno all’ anno da pagare per gli interessi sul debito, da poter impiegare per abbattere ulteriormente la pressione fiscale».
A che punto siamo con la riforma istituzionale?
«Stiamo rispettando il programma. Entro l’anno speriamo che il Parlamento approvi la legge che ne definisce l’iter, così potrà cominciare il lavoro della Commissione dei Quarantadue».
Pensa davvero che il 2014 sarà l’anno della grande riforma?
«Lo spero vivamente. Sarebbe anche un enorme contributo alla ripresa economica. A molti sfugge il costo del bicameralismo perfetto. Per non parlare del contenzioso continuo fra Stato e Regioni provocato dalla disastrosa riforma del Titolo V della Costituzione. Ogni semplificazione porta ad un risparmio».
(Tratto da Il Giornale di Sicilia. Intervista di Nino Sunseri)