Al ballottaggio!

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Al ballottaggio!

19 Giugno 2016

Eccoci al ballottaggio. E’ oggi che si deciderà chi sarà sindaco a Milano, Roma, Napoli, Torino. Ma il voto stabilirà anche se l’operazione renziana di trasformazione del Pd in un “partito pigliatutto” si sfalderà contro la diffidenza dell’elettorato tradizionale Pd, senza riuscire a raccogliere consensi altrove, oppure avrà un po’ di respiro.

Inutile negare che i risultati abbiano un valore nazionale, e non si limitino all’ambito locale. In Italia da sempre le elezioni amministrative hanno funzionato da termometro per il governo, da elezioni midterm; sull’insuccesso elettorale alle amministrative sono caduti governi, ed è ovvio che anche stavolta vittorie e sconfitte dei candidati sindaci avranno ripercussioni su palazzo Chigi.

Perduta sicuramente Napoli, e probabilmente Roma, Renzi ha puntato tutto su Milano. A Bologna non sono previsti sconvolgimenti, e probabilmente Fassino riuscirà a mantenere la città. E’ a Milano che si gioca la partita più dura e sorprendente, con un centrodestra che non vuole morire, e un candidato su cui in pochi, all’inizio, scommettevano.

Renzi sa bene che su Milano è difficile fare spallucce in caso di sconfitta e far finta di aver sempre pensato ad altro, riducendo la questione a fatto locale, e facendo capire che il governo punta, per misurare il proprio consenso, solo al referendum costituzionale.

Non è così. Sala è il candidato più renziano che ci sia, più dello stesso Giachetti, perché è stato scelto da Renzi con un’attenta valutazione, sulla base del suo progetto politico. Non era solo l’uomo Expo, ma il city manager della Moratti, l’uomo strappato alla destra, che faceva e diceva cose irriconoscibili per la sinistra.

Ebbene quest’uomo non solo oggi punta disperatamente a sinistra, cercando di accreditarsi come candidato di partito, in continuità esplicita con la giunta Pisapia; non solo seleziona per la sua squadra personaggi come la Bonino, che porta incollato addosso il programma della rivoluzione antropologica; ma cerca di separarsi dall’immagine di Renzi, cioè non ritiene più che essere il candidato del premier sia un valore aggiunto.

“Alle urne pensate a me e non a Renzi. Chi va alle urne deve pensare a Beppe Sala”, ha ripetuto nell’ultima conferenza stampa. Sala cerca di scrollarsi di dosso il marchio renziano, di allontanare l’ombra di Banco, come se fosse una colpa che lo perseguita. Un sintomo più chiaro della crisi che attraversa il governo, non ci potrebbe essere.

Parisi, invece, non ha ombre dietro di sè. Benché sia l’esempio di un candidato sostenuto da tutto il centrodestra, vecchio e nuovo, ha svolto la sua campagna in piena libertà, agendo da protagonista sulla scena milanese, e modellando la propria campagna su se stesso. E’, molto più di altri, un candidato “civico”, nonostante abbia esperienza politica e nonostante i partiti che lo sostengono.

Non appare, come Sala, frutto di un’operazione decisa a tavolino: “Prendiamo un uomo di destra, un manager, uno che non sia riconducibile alla storia del Pd…” E’ piuttosto una scelta che ha felicemente sorpreso, che si è dimostrata vincente (la sua rimonta incredibile è già una vittoria) e che è “moderata” nel senso migliore del termine. Qualunque cosa gli elettori decidano, i risultati di questo voto, e di questi ballottaggi, peserà, e soprattutto andrà attentamente analizzato, per capire dove stiamo andando, e dove vogliamo andare.