Al Consiglio dell’Ue Monti ha vinto ma l’Europa politica ancora non c’è
02 Luglio 2012
A leggere i giornali sembra che il calcio sia stato giocato anche a Bruxelles; non solo a Varsavia. Pure quelli tedeschi titolano Monti-Merkel 2-1 ( Der Spiegel ). Super Mario (imitando quello del pallone) batte la Merkel e si impone in Europa. Gioca duro e vince. Utilizza l’armamentario burocratico comunitario, per negoziare gli interessi italiani. “Notte di disfatta, che entrerà nei libri di storia”, dice Die Welt. E così via. Le cose non stanno così; ed è lo stesso Monti a dirlo. Cerchiamo di capire meglio cosa è successo e cosa c’è di nuovo dopo il vertice dei giorni scorsi (notti comprese), a Bruxelles.
La cosa più importante che stava a cuore a italiani e spagnoli era il cosidddetto scudo anti spread. Attualmente la speculazione finanziaria internazionale fa sì che i prestiti per rimborsi di capitali costino per esempio l’1,5 % in Germania, il 2,5% in Francia, il 6 % in Italia o il 6,5 % in Spagna. Si è chiesto ai Paesi euro di combattere assieme contro la speculazione sulla moneta comune; indebolire una parte dell’eurozona a favore di un’altra, significa in concreto destabilizzare tutta l’Unione Europea; il tornaconto a breve di alcuni potrebbe essere pagato nel medio-lungo termine da tutti. Il concetto sembra essere stato recepito.
A metà luglio Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) si aggiungerà al Fondo europeo di stabilizzazione monetaria (FESF); questi organismi sono destinati ad aiutare gli Stati che non riescano più a finanziarsi correttamente sui mercati; avranno un fondo di 750 miliardi di euro, disponibile per aiutare gli Stati in difficoltà, ma non per il salvataggio delle loro banche; potranno peraltro acquistare anche debiti sovrani degli Stati sui mercati obbligazionari.
E’ stato concordato un patto per la crescita, valido per i 27 Paesi dell’Unione. Sono previsti 130 miliardi di euro (pari all’1% del PIL europeo) di investimenti “comuni”: 60 miliardi andranno a finanziare progetti di investimenti già identificati dalla BEI (Banca Europea per gli investimenti); sono poi stati sbloccati altri 55 miliardi da fondi strutturali comunitari non utilizzati; e ancora 10-15 miliardi saranno ricavati da obbligazioni europee per progetti di reti infrastrutturali.
Il patto di stabilità dei bilanci pubblici, adottato il 2 marzo 2012, deve essere ratificato da tutti gli Stati membri. La Germania lo ha già fatto e chiede che tutti gli altri facciano lo stesso prima della fine dell’anno.
La Germania l’ha avuta vinta sugli eurobonds, obbligazioni europee a garanzia dei prestiti fatti dai singoli Stati. Con gli eurobonds i Paesi più poveri avrebbero visto diminuire i tassi di interesse che pagano sui loro debiti; e quelli ricchi (Germania in particolare) al contrario li avrebbero visti aumentare. Gli eurobonds invece non sono passati, come non sono passati neppure gli eurobills (eurobonds a breve termine). Restano invece validi i “projects bond”, prestiti garanditi dalla BEI, per progetti specifici e limitati .
La BCE infine avrà una estensione di poteri; da approvvigionatrice di moneta per le Banche centrali dell’eurozona, diventerà anche responsabile della supervisione delle stesse Banche centrali (cosa che esse fanno già sugli istituti di credito che operano sul loro territorio). Questa decisione tende a ridurre le sovranità nazionali e pone dei problemi sul rapporto tra BCE e Banche centrali dell’Unione extra euro.
Nel vertice è stato ancora rinviato il problema dell’unione politica dell’Europa (punto finale di arrivo di tutti i processi di integrazione presenti e futuri). La Germania si è già pronunciata in proposito: elezione a suffragio universale del Presidente della Commissione europea; trasformazione del Consiglio europeo (l’attuale vertice dei capi dei Paesi aderenti) in Camera Alta dell’Unione; maggiori poteri al Parlamento europeo. Gli altri Paesi per ora tacciono, anche per problemi politici interni sull’argomento.
Questo è il quadro sintetico delle questioni sul tappeto a Bruxelles e delle faticose intese raggiunte. Maggiori coperture comunitarie nei confronti dei debiti de Paesi più esposti, ma con conti in via di risanamento: maggiori investimenti comuni per la crescita dell’Unione; maggiore integrazione dei diversi sistemi bancari .
Qualcuno ha vinto e qualcuno ha perso? Ha sicuramente vinto la tesi europeista, almeno nel breve termine. Dopo il vertice del 28 giugno l’euro sembra essersi rafforzato e sembra anche che si cominci a prendere coscienza che l’ Unione può esistere solo se le aree più ricche sono solidali con quelle più povere,puntando ad una crescita collettiva e non geo-nazionale. Successe anche quando la ricca Germania federale, aiutata dall’ Europa e dall ‘Euro, dovette farsi carico dell’unificazione con la povera Germania dell’Est.
L’arrivo di Hollande ha rotto l’asse franco-tedesco, quello dell’Europa ricca contro quella povera. Ma anche Hollande è attaccato a casa sua; in campagna elettorale (cioè poco più di un mese fa) aveva detto che con lui Presidente il “trattato di stabilità” sarebbe stato rinegoziato; ora invece si affretterebbe a portarlo in Parlamento per l’approvazione (nello stesso testo concordato da Sarkozy). Ma le carte cominciano ad essere rimescolate; non ci sono più patti di ferro. Bisogna invece verificare fino a che punto c’è volontà e possibilità di costruire un Europa politica; per il momento la questione continua a non essere neppure nell’agenda di eventuali discussioni future; solo i soldi tengono banco.