Al Meeting arrivano i figli “fai da te”
25 Agosto 2007
Il tema non è nuovo: migliorare l’uomo, impedendo la nascita di chi non è perfetto. Sembra di sentire uno slogan nazista di fine anni ’30, va solo attualizzato.
Da un po’ di tempo a questa parte c’è una nuova moda, quella di scegliersi il figlio.Ma non andando a prelevarlo in qualche sperduto paese dell’Africa, come hanno fatto Madonna o Brad Pitt, semplicemente il figlio ora lo si può “decidere”.
Si può avere con gli occhi azzurri, magro o biondo, scuro di pelle o con le labbra sottili. Soprattutto sano. Il brutto o il malato non vengono contemplati.“Con la scusa di lenire il dolore, migliorare la vita e perfezionare l’uomo, si finisce per uccidere e selezionare”.
Si trovano concordi tra loro Pierre Martens, Roberto Colombo ed Eugenia Roccella, i tre relatori che ieri, al Meeting di Rimini, hanno presieduto l’incontro “Generare un uomo perfetto?”, che ha inteso approfondire gli attuali orientamenti della bio-medicina.
Ed è proprio Eugenia Roccella ad aprire l’incontro: “Con la fine del ‘900 pensavamo fossero finite le ideologie”, ha detto, “in realtà l’utopia si è spostata dal campo sociale a quello genetico”.
Un campo dove non esistono buone intenzioni, un campo dove oggi “si vuole raddrizzare il legno storto dell’umanità” eliminando qualunque cosa non rientri nei canoni da noi stabiliti.
“La nostra condizione è l’imperfezione”, prosegue la Roccella, “il non volere il bimbo malato sembra una scelta consapevole, ma comporta delle conseguenze, come l’eliminazione totale della disabilità o l’espropriazione fisica e culturale della maternità”.
Ecco l’eugenetica, quell’eugenismo “che non è mai morto ed è passato da un eugenismo affermato da un’impostazione statale a quello basato sulla libera scelta individuale”.
Poi interviene Roberto Colombo, direttore del Laboratorio di biologia molecolare e genetica umana all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Di “imperfezioni” dice di averne viste tante, visitando bambini affetti da malattie genetiche rarissime.
“Non siamo contrari alla ricerca scientifica”, ha esordito, “ma che senso ha modificare questi difetti genetici se si toglie di mezzo il malato?”.
Racconta che per fare il medico occorre amare la vita. Soprattutto, non aver paura della sofferenza. Perché “la perfezione dell’uomo non è l’assenza di difetti, ma perficio, cioè portare a compimento”, conclude il docente.
Queste ultime parole lasciano spazio all’intervento di Pierre Mertens, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione internazionale spina bifida e idrocefalo.
“Trent’anni fa i medici dissero che mia figlia, se fosse nata, avrebbe sofferto e non sarebbe sopravvissuta e che comunque non avrebbe avuto una dignitosa qualità della vita.”, racconta.
“ Non è stato così”.
Non hanno evitato il tema del dolore i tre oratori, perché “esso fa parte della vita e non è giusto illudere la gente promettendo una vita senza sofferenza”.
In un ultimo affondo sul Family Day, la Roccella ha dichiarato che “per chi è stato a Roma, il Meeting è un luogo dove proseguire il proprio lavoro” e se le domandi cosa ne pensa dell’idea di Pezzotta di fare del Family Day un movimento politico, risponde che “Pezzotta può anche creare dinamiche interessanti a sinistra” ma che “ a noi interessano risposte concrete più che progetti politici”.
Conclude Colombo, rilanciando il rapporto tra fede e ragione, tanto caro a Benedetto XVI e a don Luigi Giussani: “Scienza e fede hanno in comune la ragione”- un tema molto sentito dal popolo di Comunione e Liberazione- “e se la ragione viene usata in senso ampio, scienza e fede finiscono per incontrarsi”.