Al ‘politically correct’ multiculturale, si preferisca l’Europa delle genti libere
15 Giugno 2012
di Souad Sbai
C’è un’Europa che non mi piace. Che mi spaventa. È quella dei banchieri, dei calcoli, del freddo ostruzionismo alla libertà degli individui. Quella del multiculturalismo falso, degli abomini scambiati volontariamente per diritti di libertà. Quella della falsa ricostruzione della realtà con la manipolazione dei media e dell’opinione pubblica. Con questo modello di Europa, francamente, mi rimane difficile convivere, perché ha indebolito e continua a indebolire le nostre radici.
Ma c’è anche un’Europa che mi piace, di cui mi fido. È quella di chi si batte per la libertà e di chi fa dell’autodeterminazione delle donne e degli uomini un obiettivo e un mezzo per un domani migliore. In questa Europa bella, vivace, ma storicamente di minoranza purtroppo, la parte del leone la fanno esponenti della società civile e politici, giovani e meno giovani, che arrivano spesso anche dai paesi arabi. Nati o cresciuti in Europa sanno bene che la terra su cui camminano è assai diversa da quella da cui provengono e di cui conoscono la realtà vera.
E’ di poche ore fa l’elezione a presidente dei senatori Verdi in Belgio di Zakia el-Khittabi, di origine marocchina, che dice testualmente a Le Soir di non condividere l’uso del velo per le donne musulmane. Un’affermazione pesantissima, perché viene in un Paese, il Belgio, che è ormai sotto assedio dell’estremismo di matrice islamica con il movimento Sharia4Belgium a imperversare senza freno. Una donna coraggiosa, come coraggioso e soprattutto moderato è il sindaco di Rotterdam, sempre di origine marocchina, Ahmed Aboutaleb, difensore fiero dei diritti delle donne e della persona in generale e che tenta con tutti i mezzi di rallentare l’avanzata dell’estremismo, senza ambiguità o buonismo. O falsità, per dirla tutta. Ma potrei citare Naser Khader, parlamentare danese di origine palestinese che fa della libertà il suo motto primario, Fadela Amara ex presidente di Ni Pute Ni Soumis, che dice senza paura: “ni voile ni burqa” e El Hassane Jeffali, di origine marocchina, Presidente della consulta dei culti in Spagna. Organismo simile alla Consulta per l’Islam che a qualcuno in Italia faceva tanta paura da metterla nell’angolo, ed eliminando le donne, a favore di una conferenza delle religioni zeppa di estremisti di nota radice.
L’Europa che mi piace è questa. Spavalda, che non si fa comprare dai soldi delle monarchie del Golfo. Sono proprio curiosa di dare un’occhiata ai conti correnti di quanti, fra presunte associazioni, media e soprattutto esperti di una certa geopolitica, si dicono cooperanti per la libertà dei paesi arabi, mentre in realtà sono solo schiavi dei soldi che vengono da quel quadrante, chiudendo gli occhi sulla primavera “islamica” e sui suoi massacri rimasti sotto silenzio. Ma prima o poi i nomi, noti peraltro a tutti, verranno fuori, assieme a quelle lobbies di insospettabili convertiti all’Islam che stanno inquinando la società alle sue falde vitali, per portare avanti un certo pensiero estremista in Europa, a suon di quattrini. Gli uomini e le donne dell’Europa che mi piace vengono invece da Paesi che per l’Europa finora sono stati poco più che partners commerciali e la cui cultura, quella vera, non è certo quella del niqab o del burqa, dell’infibulazione e del finanziamento dei gruppi estremisti o di chi vorrebbe le banche islamiche in Europa.
E proprio oggi, ad Albenga, si tiene una manifestazione pro infibulazione: questa gente, nonostante la legge ormai in vigore da sei anni, viola costantemente la Costituzione e non molla nel suo intento. Ma nemmeno noi, che quel pensiero lo conosciamo bene e che io ho già denunciato alla Procura, preparando la denuncia successiva per apologia di reato. All’Europa del freddo calcolo finanziario, basato sul politically correct multiculturale che tende solo a colonizzare le menti, io preferisco l’Europa delle genti libere. Che pensano al proprio cervello e che non hanno bisogno di presunti “santoni” o guide spirituali che ne riempiano le lacune psicologiche. Questa è l’Europa in cui mi riconosco. L’Europa che ha il coraggio di rimandare a casa tre donne saudite, con i loro soldi intrisi di oppressione femminile, perché rifiutavano, in Francia, di togliere il niqab all’aeroporto. Donne e uomini liberi, che dicono no all’estremismo, sia finanziario che culturale. Oltre che pericolosamente religioso radicale, laddove si può ancora pensare che indossare un burqa o un niqab sia simbolo di libertà e di corretto raziocinio. Niente di più folle.
L’inquinamento estremista sta all’inquinamento finanziario come il niqab sta allo spread. Spauracchi per chi vuole essere condotto al pascolo in un gregge indiscriminato di schiavi incatenati. Ma l’Europa di chi ha coraggio c’è. L’Europa che dice no all’estremismo esiste. L’Europa che non ha paura è quella che vogliamo. Che ha occhi e mente liberi dal niqab culturale ed economico che vorrebbe incatenarla e che guarda al domani con fiducia ma anche con la consapevolezza che la battaglia per i diritti inizia oggi per finire nella libertà dei nostri figli.