Al Premio Strega vincono sempre le polemiche e quasi mai la letteratura
05 Luglio 2009
di Paola Vitali
Polemiche prima della selezione della cinquina finale, durante la premiazione del libro vincitore, e ancora durante l’anno che passa tra un’edizione e l’altra: è il Premio Strega, arrivato la sera del 2 luglio 2009 alla puntata numero sessantatrè. Sarebbe forse ora che il mondo della comunicazione e quello degli addetti ai lavori del microcosmo editoriale italiano, smettessero di dibattere a vario titolo su onestà e qualità del premio, e si abbandonassero all’idea che se pure è vero che le case editrici gestiscono da tempo immemore un Manuale Cencelli delle vincite, anno dopo anno, in fondo la ragione ultima della manifestazione è portare attenzione sulla narrativa italiana, e questo è già qualcosa.
Peccato che quella narrativa abbia portato nella rosa dei finalisti libri nessuno dei quali eccezionale, e poi che della proclamazione a vincitore dello “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa, ex “giovane cannibale” e autore piuttosto pop, ora trasformatosi per giudizio unanime in raffinato manipolatore della più sofisticata lingua italiana, si debba notare più che altro che vince per un solo punto sul concorrente Antonio Scurati (119 a 118). Quello Scurati l’altra sera infantilmente seccato, più accigliato del solito al momento di dover abbandonare una gara ai punti combattuta al fotofinish e durata l’eternità di una soporifera serata umida nello scontato Ninfeo di Villa Giulia, che ha lasciato immaginare tutta la delusione per un premio forse promesso, oppure lo snobistico fastidio per il ritrovarsi infine ad un specie di asta di cavalli. E inoltre che si debba insinuare di continuo il chiacchierato monopolio Mondadori sul premio, che in effetti è al terzo anno sul podio (Scarpa esce con Einaudi, ma comunque di proprietà Mondadori stiamo parlando). Perciò l’attenzione, dalla produzione narrativa si sposta piuttosto sui retroscena veri o presunti di una cerchia autoreferenziale in fondo poco interessante per chi ama la buona letteratura, e interessante solo per sé stessa.
Che noia. Squarci su un mondo incapace di rinnovamento e in balia dei soliti dirigenti, poco abile nel produrre titoli non solo davvero memorabili, ma almeno sorprendenti: per rispetto di chi legge sorvoleremo sulla storia di Scarpa della giovanissima violinista ospite dell’istituto delle orfane di Venezia, città dell’autore, che scopre nell’incontro con il maestro Antonio Vivaldi tutto il grandioso mistero della musica – mentre vale la pena notare che il vincitore solitario e lanciatissimo dei numeri primi dello scorso anno Paolo Giordano, nonché l’odierno sconfitto Scurati con “Il bambino che sognava la fine del mondo”, e pure il Niccolò Ammaniti col suo “Come Dio comanda” di due anni fa abbiano anche loro come protagonisti ragazzini e adolescenti.
Un mondo capace di parlare più che altro dei suoi limiti nel non saper rigenerare una competizione dalle regole ormai inadeguate, tra membri votanti eletti a vita e pressioni di ogni genere per la conquista dei voti. Ma dopo le polemiche tristemente grottesche che hanno funestato il Premio Grinzane-Cavour di quest’anno, lo Strega al confronto pare quasi una boccata di aria fresca.
E dire che negli ultimi anni i Bevilacqua e i Montefoschi sono stati generazionalmente spazzati via dagli Ammaniti e dai Veronesi, e qualcosa di fresco e di interessante si è letto. Ma lo Strega serve soprattutto a fare da volano alle incerte vendite estive movimentando un po’ il settore, che almeno all’indomani della premiazione conta su un articolo unico e sicuro per le lettrici di mezza età sotto il pergolato estivo.
E allora auguri a Tiziano Scarpa, che magari saprà sorprenderci, mentre l’altro concorrente/personaggio del tutto messo in ombra in questa tornata, Andrea Vitali, l’ormai arcinoto medico condotto di Bellano, con il suo “Almeno il Cappello” per i tipi di Garzanti, al quindicesimo romanzo è ormai un successo di pubblico garantito e in fondo dello Strega non ha troppo bisogno.
Sarebbe stato spiazzante, e impossibile quanto vedere meno teste bianche tra i giurati e più giovani lettori curiosi come quelli che fuori del Ninfeo esistono (e magari i libri li leggono pure), che quest’anno gli Amici della Domenica facessero una cosa nuova e mediaticamente sperata al tempo stesso, mettendo a tacere le polemiche con la vittoria o de “L’istinto del lupo” del giornalista Massimo Lugli (Newton Compton) o de “L’ultima estate” dell’esordiente settantenne Cesarina Vighy (per Fazi). Ma siamo in Italia, siamo allo Strega.