Al Qaeda minaccia la Cina e Pechino fa disinformazione sullo Xinjiang

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Al Qaeda minaccia la Cina e Pechino fa disinformazione sullo Xinjiang

22 Luglio 2009

La Cina ha messo in guardia i suoi cittadini in Algeria chiedendogli di alzare l’allerta, dopo alcuni segnali che indicherebbero come al-Qaeda stia tramando degli attacchi contro i lavoratori cinesi in Nord Africa. Una rappresaglia, quella qaedista, per i severi provvedimenti presi da Pechino contro il malcontento scoppiato nella regione occidentale dello Xinjiang.

In una dichiarazione, il ministro degli esteri cinese ha detto che verranno prese “tutte le misure necessarie” per proteggere gli interessi nazionali del Paese asiatico nel mondo. “Abbiamo fatto uno sforzo comune con le nazioni più importanti – ha aggiunto un portavoce del ministero – per garantire la sicurezza dei cinesi e delle nostre istituzioni”.

L’allerta segue la pubblicazione di un report dell’intelligence di Pechino che cita “voci” del braccio nordafricano di Al Qaeda che avrebbero giurato di vendicare la morte dei musulmani uighuri rimasti uccisi durante le giornate della ribellione scoppiata nella città di Urumqui. Un post apparso martedì scorso sul sito internet della ambasciata cinese ad Algeri invita tutti cittadini di nazionalità cinese e le organizzazioni presenti nel Paese a incrementare le precauzioni e a rafforzare le misure di sicurezza, "in considerazione della situazione dopo gli incidenti del 5 luglio a Urumqui". 

Secondo l’agenzia di analisi dei rischi Stirling Assynt, con sede a Londra, negli ultimi giorni c’è stato un “incremento di voci” tra una serie di figure che si ritiene collegate ad Al Qaeda, intente a discutere sugli attacchi contro interessi cinesi nell’area. “Alcuni di questi individui stanno attivamente cercando informazioni sugli interessi cinesi nel mondo islamico, da prendere di mira", dice l’agenzia inglese. L’autore del report conclude scrivendo che “Questa minaccia dovrebbe essere presa seriamente”.

Nel rapporto leggiamo che in Algeria si trovano all’incirca 50.000 lavoratori cinesi e altre centinaia di migliaia impiegati nei progetti cinesi a cavallo tra Africa e Medio Oriente.

Il governo cinese ha dichiarato che più di 180 persone sono morte nei recenti e violenti scontri a Urumqi. Non è chiaro quante vittime siano musulmani ma gli ufficiali cinesi dicono che la maggior parte dei morti è di etnia Han. Tuttavia, i leader Uiguri hanno accusato le forze armate cinesi di aver aperto il fuoco contro dimostranti pacifici, e dicono che il numero dei morti è molto più alto di quello riportato nelle cifre ufficiali.

Rispondendo alle notizie sulla minaccia di al-Qaeda ai danni dei lavoratori cinesi, gli uighuri in esilio hanno affermato di rifiutare l’uso della violenza da qualsiasi parte essa provenga: “Non credo che la violenza sia una soluzione dei problemi – ha detto Rebiya Kadeer, la leader del Congresso Uighuro mondiale in esilio a Washington – Il terrorismo globale non avvantaggia le legittime aspirazioni del nostro popolo né la tragedia che attualmente stiamo vivendo nel Turkestan orientale” (la Kadeer ha usato il nome che viene utilizzato dagli Uighuri quando parlano dello Xinjiang). La Cina ha accusato la leader in esilio di istigare la rivolta nello Xinjiang e ha ripetuto che la sua organizzazione ha dei collegamenti con “i terroristi”. 

Nel report di Stirling si parla di possibili attacchi contro obiettivi cinesi in Medio Oriente e Africa, compresi gli attentati contro i progetti di Pechino nello Yemen. L’agenzia inglese ricorda anche l’assassinio di 24 ufficiali delle forze di sicurezza algerine avvenuto circa 3 settimane fa, gente che stava proteggendo gli ingegneri cinesi presenti nella zona. Dell’attacco erano stati incolpati combattenti legati ad Al Qaeda. “In quella occasione – continua il report – non hanno attaccato gli ingegneri cinesi perché l’obiettivo era il progetto a cui stavano lavorando. E’ possibile che futuri attacchi di questo genere possano colpire nello stesso tempo sia le forze di polizia algerine che gli ingegneri cinesi”.

Nello scenario peggiore, la leadership centrale di Al Qaeda potrebbe incoraggiare i suoi affiliati in Nord Africa e nella penisola arabica ad attaccare obiettivi cinesi a portata di mano. In ogni caso, secondo il report inglese, la centrale di Al Qaeda “non intende aprire un nuovo fronte con la Cina”.

Intervistato sul report, uno dei portavoce del ministero degli esteri cinese ha negato che le violenze a Urumqui siano state scatenate da motivazioni religiose. “Speriamo che i più importanti leader musulmani e le più potenti nazioni del mondo islamico sappiano riconoscere la vera natura dei moti scoppiati nello Xinjiang”, ha detto il portavoce ai giornalisti accorsi a Pechino. La violenza è finalizzata a sabotare l’integrità territoriale cinese, “non è una questione etnica o religiosa”, ha concluso seccamente.

Tratto da Al Jazeera

Traduzione di Roberto Santoro