Al Qaeda sta perdendo la battaglia delle menti
11 Marzo 2008
di Peter Wehner
Il “surge” Usa in Iraq è stato un così clamoroso successo che nessuno sano di mente potrebbe negare l’entità dei progressi fatti. Perfino Hillary Clinton e Barack Obama hanno ammesso (controvoglia) che dei miglioramenti ci sono stati. Però, sia la Clinton che Obama hanno anche prontamente aggiunto che questi progressi sarebbero stati compiuti esclusivamente dal punto di vista militare e che sono in realtà effimeri. Il che è in accordo con la loro retorica generale – secondo cui la guerra è stata un disastro su tutti i fronti.
Durante un recente dibattito democratico, per esempio, Obama ha dichiarato: “Ora stiamo assistendo ad un al-Qaeda più forte che mai dal 2001”. La Clinton ha invece sostenuto che le politiche di George W. Bush in Iraq hanno “ingrassato i nostri nemici”. Dovremmo ritirarci dall’Iraq, ha continuato la Senatrice dello Stato di NY, così da poterci concentrare sulla minaccia di al-Qaeda.
Invece, in larga misura a causa di quello che sta succedendo in Iraq, l’onda d’urto all’interno del mondo
islamico sta cominciando a dirigersi minacciosamente contro al-Qaeda– e questo, dopo tutto, potrebbe rivelarsi come il più grande risvolto ideologico degli ultimi anni.
Nel novembre del 2007 Sayyid Imam al-Sharif (“Dr Fadl”) ha pubblicato il suo libro, “Rationalizations on Jihad in Egypt and the World”, in fascicoli. Sharif, che è un egiziano, sostiene che l’uso della violenza per rovesciare governi islamici è illegale da un punto di vista religioso e dannoso da un punto di vista pratico. Allo stesso modo, al-Sharif suggerisce la creazione di una speciale corte islamica per processare Osama Bin Laden e Ayman al-Zawahiri, numero due di al-Qaeda e suo capo religioso, inoltre l’autore definisce gli attacchi dell’11 Settembre 2001 “una catastrofe per tutti i musulmani”.
Ora, le parole di Sharif sono importanti perché una volta era il mentore di al-Zawahiri. Secondo l’esperto di terrorismo Jarret Brachman, poi, quest’uomo, che ha scritto il suo libro da una prigione in Cairo, sarebbe “una leggenda vivente del movimento jihadista globale”.
Un altro evento molto importante è accaduto nell’ottobre del 2007, quando lo sceicco Abd Al-‘Aziz bin Abdallah Aal Al-Sheikh, la più alta autorità religiosa in Arabia Saudita, ha lanciato una fatwa per proibire alla gioventù saudita di dedicarsi alla jihad in terra straniera. La fatwa recita così: “Esorto i miei fratelli Ulema [la classe più elevata di chierici musulmani] di far conoscere la verità al pubblico…e di mettere in guardia [la gioventù] riguardo alle conseguenze derivanti dall’essere attirati da opinioni arbitrali e dallo zelo [religioso] che non sia basato sulla conoscenza delle sacre scritture”. Il bersaglio della fatwa era ovviamente Osama Bin Laden.
Un mese più tardi lo Sceicco Salman al-Awdah, un influente chierico saudita che lo stesso Bin Laden una volta idolatrava ha scritto una “lettera aperta” che condannava il numero uno di al-Qaeda. “Fratello Osama, quanto sangue è stato versato? Quanti innocenti, tra bambini, anziani, deboli e donne sono stati uccisi o resi senzatetto nel nome di al-Qaeda?”, recitava la lettera. “la rovina di un popolo intero così come succede in Afghanistan e in Iraq…non può fare felici i musulmani”.
Queste critiche proveniente dall’interno del movimento jihadista dovrebbero essere inquadrate nel contest di uno sviluppo ancora più significativo: il così detto “Risveglio di Anbar” che si sta ora espandendo in tutto l’Iraq. Soltanto diciotto mesi fa la provincia di Anbar era l’avamposto di al-Qaeda in Iraq; Oggi al contrario la stessa provincia è famosa per aver dato i natali ad una rivolta popolare irachena contro al-Qaeda sia come organizzazione che come ideologia ladenista. Si tratta di una metamorfosi straordinaria: Gli iracheni in massa che fanno comunella con gli americani, gli “infedeli” e le “forze occupanti”, per sconfiggere i militanti islamici.
Non sorprende il fatto che le azioni di al-Qaeda siano in ribasso in quasi tutto il mondo islamico e arabo. Un recente sondaggio ha reso noto che a gennaio meno di un quarto dei pakistani approvavano la figura di Bin Laden , lo scorso agosto i suoi fan costituivano il 46% del paese, mentre il supporto per al-Qaeda è caduto dal 33% al 18%.
Secondo un report del Luglio 2007 redatto dal Pew Global Attitudes Project, “una grande e sempre crescente numero di musulmani nel Medio Oriente ed altrove stanno rifiutando l’estremismo islamico”. Allo stesso modo, la percentuale dei musulmani che dichiarano giustificabili gli attentati suicidi in difesa dell’Islam è già declinata in sette degli otto paesi arabi in cui sono disponibili dati di tendenza. In Libano, per esempio, il 34% dei musulmani dichiarano che gli attentati suicidi sono spesso e qualche volta giustificati; Si pensi che nel 2002 il 74% della gente la pensava in questo modo; Non solo, stiamo anche assistendo a grossi cali di supporto nei confronti di Bin Laden. Il che accade da quando la guerra in Iraq è iniziata.
Da quando il generale Petraeus ha messo in pratica la sua strategia anti-rivolta all’inizio dello scorso anno, al-Qaeda ha dovuto incassare duri colpi militari. Nel frattempo gli iracheni continuano a rivoltarsi contro l’organizzazione di Bin Laden e lo stesso fa la maggior parte del mono arabo e musulmano. Nel corso degli ultimi sei mesi, poi, si è aperto un nuovo e decisivo fronte nella lotta contro il terrorismo, guidato da prominenti chierici islamisti. Da un punto di vista militare, ideologico e in termini di supporto popolare, questi sono brutti giorni per Bin Laden e per i suoi scagnozzi jihadisti.
Se si continuasse a costruire partendo da questi sviluppi recenti, la Guerra in Iraq, che un tempo era considerata alla stregua di un colossale fallimento, potrebbe invece rivelarsi un evento positivo ed anche esemplare per la nostra lotta contro l’islam militante. Noi americani siamo rimasti a combattere, pur avendo pagato un alto costo in termini di vite umane e anche in termini puramente finanziari, provando a tutti che il nostro paese non era il “cavallo malato” che Bin Laden pensava. Siamo rimasti a combattere e abbiamo prevalso. È il modo migliore per sconfiggere l’attrattiva del binladenismo: abbattere coloro i quali ne portano i vessilli e le armi.
C’è ancora molta strada da fare per prevalere in Iraq. La nazione rimane traumatizzata e i progressi che sono stati compiuti possono andare vanificati. La catena degli eventi recenti è però quantomeno a nostro favore e un buon esito finale è comunque a portata di mano. Se riusciamo a prevalere, potremmo cogliere frutti enormemente positivi, aldilà dell’Iraq stesso.
© Financial Times
Traduzione Andrea Holzer
Peter Wehner, già assistente del Presidente americano George W. Bush, è senior fellow all’Ethics and Public Policy Center di Washington.