Al re del Marocco piace la democrazia ma senza libertà di stampa

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Al re del Marocco piace la democrazia ma senza libertà di stampa

22 Giugno 2011

Sabato scorso, re Mohamed VI del Marocco, rivolgendosi al “Caro Popolo”, ha pronunciato, nella capitale Rabat, un discorso che potrebbe segnare una svolta per  il Paese, lambito dalla cosiddetta “primavera araba” (il 20 febbraio sono scese in piazza 37.000 persone), che ha portato alla caduta di altri importanti e decennali regimi nordafricani, come quello di Ben Ali in Tunisia, di Mubarak in Egitto, e che ha scatenato la guerra in Libia.

Perciò il sovrano marocchino, già conosciuto in Occidente come “moderato” ed in generale amato dai sudditi, gioca d’anticipo, promettendo il passaggio a una monarchia costituzionale, privandosi di alcuni poteri, per affidarli al Primo Ministro. “La nostra via è la democrazia” ha affermato Mohamed VI.

Il Premier sarà scelto nel partito vincitore delle elezioni e, in qualità di “presidente del governo”, egli potrà sciogliere la Camera bassa del Parlamento, finora prerogativa esclusiva del re. Verrà creata una Corte costituzionale alla quale i marocchini potranno appellarsi per veder riconosciuti i propri diritti. La riforma, che verrà sottoposta a referendum il primo luglio, prevederà in modo esplicito anche la separazione del potere giudiziario, da quello legislativo ed esecutivo, principio fino ad ora inesistente in Marocco. Il re sarà garante dell’indipendenza della magistratura e presiederà il Consiglio giudiziario superiore.

Inoltre, per la prima volta, la Costituzione sancirà l’uguaglianza “civile e sociale” tra uomo e donna (già quasi del tutto prevista, almeno sulla carta, dalla Moudawana, il codice di famiglia voluto dallo stesso sovrano nel 2005), mentre quella attuale parla solo di eguaglianza “politica”. La lingua berbera, l’amazigh, sarà riconosciuta come lingua ufficiale al pari dell’arabo. La persona del sovrano perderà quell’aura sacra da cui era circondata (re Mohamed VI è discendente di Maometto, come il monarca giordano Abdallah II, è Amir al Mu’minin, “Principe dei Credenti”, perciò anche un capo religioso, e nella nuova Costituzione verrà eliminato il passaggio “L’integrità della persona del re non può essere violata”.

Tuttavia la libertà d’espressione, benché maggiore negli ultimi anni, rimane un problema. Nei giorni scorsi, Rachid Niny, uno dei più controversi giornalisti marocchini ed editore, è stato condannato ad un anno di prigione per aver pubblicato “false informazioni” e scritto articoli furibondi contro il governo. Si è scagliato contro l’intelligence, chiedendo che venisse posta sotto il controllo del Parlamento. Niny è editore di Al-Massae, un eminente giornale con una tiratura di 113.000 copie, che venerdì ha dedicato la prima pagina al suo caso. In precedenza l’uomo si era già scontrato con le autorità (aveva denunciato la corruzione del governo e chiesto l’annullamento della legge anti-terrorismo) ed era stato multato. Nel regno, un giornalista o un editore possono esserlo, per aver riportato “errori” nelle notizie riguardanti lo Stato e i casi di sanzioni pecuniarie per “crimini” di questo tipo sono ancora frequenti.

Un team di giornalisti di Al-Jazeera è stato espulso dal Paese a novembre, per aver riportato false informazioni sulla spinosa questione del Sahara occidentale, l’ex colonia spagnola che il Marocco governa dal 1975. Nel 2008 e 2009 due giornalisti sono stati condannati per aver rifiutato di rivelare le loro fonti. L’avvocato di Niny, Khalid Sefiani, ha riferito che il suo assistito farà appello e che la sentenza è "una violazione della libertà d’informazione e per il futuro del Marocco …", una violazione del codice della stampa.

L’età media dei marocchini è di 26 anni e nel Paese c’è un tasso di disoccupazione pari al 9,8% nonostante la crescita superiore al 3%. L’alfabetizzazione è ferma al 53%, benché Mohamed VI abbia promosso una campagna per combattere l’analfabetismo, ed un 1/5 della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Negli ultimi 10 anni la partecipazione elettorale è crollata, precipitando al 37% nel 2007.

Gran parte della popolazione ha accolto favorevolmente la riforma reale (che in Europa ha già incassato l’elogio del Presidente dell’ex colonia francese Sarkozy) ed in migliaia, a Rabat, sono scesi in piazza a festeggiare. Tuttavia serpeggia anche un certo scetticismo o addirittura malcontento per la nuova Costituzione, da parte dei ragazzi del “Movimento del 20 febbraio”. In 10mila (un serpentone di 200 metri) hanno sfilato per protesta a Casablanca (comunque solo il 17% della popolazione e nessuno si è mai davvero scagliato contro Istiqlal, lo storico partito dell’Indipendenza 1956 al governo). C’erano ragazzini con magliette del Barcellona e dell’Arsenal, donne velate, coppie con figli, universitari e giovani professionisti.

“Ci puoi girare intorno fin che vuoi, ma tutto il potere, quello vero, resta nelle mani del re”, dice Imad Jarmoumi, 30 anni, ingegnere in una società commerciale.  “Noi non abbiamo niente contro il re”, assicura Fatima Ezzaha, studentessa 21enne e hijab fucsia, che ha partecipato alla manifestazione con un’amica più giovane ed un uomo, probabilmente il padre. “Possiamo fare come in Inghilterra, ma abbiamo bisogno di tante cose”. Nella capitale i “lealisti” sono molti di più e l’agenzia di stampa Ap ha riferito che alcuni hanno attaccato e poi inseguito membri del Movimento (agli adolescenti di Facebook si sono mescolati i Fratelli Musulmani del Partito Al Adl Wal, “Giustizia e Carità”, che hanno marciato reggendo la foto del “martire” Kamal Ammari, ucciso, sostengono, il 2 giugno a Safi, durante scontri con la polizia). Ora non rimane che stare a guardare come procederà la situazione nel “moderato” regno.