Al Senato continua la protesta ma è la Gelmini che “non deve aver paura”
29 Ottobre 2008
Una volta irretita la pantera, non sarà il caso che il centrodestra cavalchi la tigre? Detto in altre parole, cosa è in grado di offrire il Pdl ai giovani che hanno occupato licei e università trascinati dall’indolenza ideologica o dal gretto corporativismo dei loro docenti, ma che forse si accorgeranno strada facendo di essere pedine di un gioco che non li riguarda affatto e che anzi prevede il loro sacrificio? La questione è stata posta molto seriamente da Gaetano Quagliariello.
La difesa del decreto Gemini fino ad approvazione è fuori questione, e fa bene il ministro, cui qualche uscita demagogica quando si avventura nella politica del piede fuori casa può essere perdonata (Obama ha un fascino trasversale anche negli Usa), a tenere il punto. Ma è fuori di dubbio che, passato il decreto sulla scuola elementare, sarà più difficile difendere una riforma che su tutto il resto non c’è. E certo, di fronte a una protesta che probabilmente in una forma o nell’altra proseguirà, non potrà limitarsi a difendere le sacrosante ragioni dei modesti tagli finanziari che l’Università subirà a partire dal 2010.
No, la destra al governo ha oggi tutti gli strumenti culturali per cavalcare la tigre della contestazione studentesca e darle una direzione riformatrice, per restituire la scuola superiore alla dignità della sua funzione, oggi sequestrata dai sindacati dei bidelli e dei professori in esubero, e per liberare l’università dalla cappa di potere familista e clientelare che pesa come un macigno sull’economia e sul vivere civile del paese. Per farlo basterebbe andare a riprendere le svariate proposte di riforma, fra cui quella dell’attuale ministro, depositate in parlamento durante la scorsa legislatura e avviare su di esse una discussione pubblica innanzitutto con gli studenti.
Penso all’impatto rivoluzionario-liberale che avrebbe l’affermazione del principio per cui la scuola pubblica non è tale perché è gestita dallo Stato o dagli enti locali, ma perché risponde a criteri generali (primo la gratuità, secondo la libertà di insegnamento in un quadro di principi condivisi) che lo Stato ha il compito di far rispettare al di là della proprietà pubblica o privata degli istituiti. Penso alle conseguenze di un’effettiva libertà di scelta della scuola da parte degli studenti e delle loro famiglie, tramite voucher, deduzioni fiscali o altro, al di là dei confini fisici ed economici che oggi impongono a gran parte della popolazione studentesca la costrizione di accettare quel che passa il convento statale. Penso a una concorrenza effettiva fra scuole pubbliche per guadagnarsi la stima delle famiglie e di conseguenza i quattrini che lo Stato destina alla scuola, e di come ciò obbligherebbe presidi e insegnanti alla trasparenza e all’efficienza.
Se poi è vero, come temo, che sul futuro dell’Università italiana sta per calare ancora una volta la pietra tombale dell’assunzione senza selezione, di fatto ope legis, di migliaia di ricercatori dietro il paravento di concorsi fasulli decisi dal passato governo di centrosinistra, non dovrebbe il Governo intervenire prima che sia troppo tardi? Certo, in quel modo si andrebbero a sanare insostenibili condizioni precarie di lavoro e di vita, ma al tempo verrebbe, verrà sbarrata per anni e anni a venire ogni strada di accesso ai giovani che lo meritano e che saranno ancora una volta costretti a trovare rifugio all’estero. Una soluzione alternativa va trovata, e allo stesso modo una decisione va presa sui criteri di valutazione e finanziamento, sulle fondazioni, sull’abolizione del valore legale del diploma universitario.
Immagino le obiezioni, la paura delle barricate eccetera. Ma se la pantera si leva per mangiare un topolino, non è meglio costringerla a digerire un cammello? E d’altra parte non è stata la Destra ad animare giustamente fino ad oggi la contestazione nei confronti della scuola e dell’Università italiana e dell’egemonia culturale e sindacale che vi si respira?
Diciamo francamente, la Destra non è credibile quando difende l’esistente, e al tempo stesso diventa poco credibile quando non si dà da fare per cambiare radicalmente le cose, limitandosi a coprire il corpo devastato della scuola con dei pannicelli caldi finora adottati.
“Io non ho paura” è un bellissimo slogan, l’unico colpo di genio del movimento dello Zerootto. Il ministro lo faccia suo. Troverà al suo fianco in primo luogo quella parte del movimento studentesco che non occupa e anzi contesta la contestazione, ma non ha nessuna propensione al suicidio generazionale.