Al summit del Mar Nero Putin è ancora protagonista

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Al summit del Mar Nero Putin è ancora protagonista

03 Luglio 2007

Oleodotti, gasdotti, corridoi di trasporto. Il vertice per
il 15° anniversario dell’Organizzazione di cooperazione economica del mar Nero
(Bsec, nell’acronimo inglese), lo scorso 25 giugno, ha segnato un’altra tappa nell’offensiva
geopolitica russa delle ultime settimane. Dopo l’accordo di maggio con il Turkmenistan
e il Kazakistan e poi con l’Austria, dopo l’accordo per South Stream tra Eni e
Gazprom del 23 giugno e il vertice con i paesi balcanici (a Zagabria) sull’energia
del giorno seguente, Putin è stato il protagonista assoluto anche ad Istanbul.

In primo luogo, il presidente russo ha neutralizzato le
proposte della Turchia per aggiungere una dimensione politica a
un’organizzazione che, come il nome stesso indica, ha per finalità l’espansione
degli scambi – bilaterali e regionali – e la creazione di infrastrutture tra i
12 paesi che ne fanno parte: oltre a Russia e Turchia, Bulgaria, Georgia,
Romania, Ucraina (i 6 rivieraschi), più Albania, Armenia, Azerbaigian, Grecia,
Moldova e Serbia; ed è stata l’ambizione turca di attribuire alla Bsec compiti
diplomatici nella risoluzione dei conflitti regionali, compresi quelli della
Georgia e della Moldova in cui è direttamente coinvolta la Russia, a far
irrigidire la posizione di Mosca.

In secondo luogo, stavolta con l’appoggio turco, Putin ha
anche rigettato i tentativi della Bulgaria di istituzionalizzare il Forum del
mar Nero, inaugurato l’anno scorso a Bucarest con la presenza degli Stati Uniti
e l’assenza della Russia infastidita dai richiami alla democrazia dei
partecipanti, che rimarrà un poco incisivo vertice annuale di consultazione
politica tra capi di stato. La Russia, in realtà, temeva soprattutto che nelle
intenzioni della Romania ci fosse la proposta di un coinvolgimento della Nato –
e quindi, degli Stati Uniti – sui temi della sicurezza e più direttamente in
operazioni anti-terrorismo nel mar Nero (nel 2004 la Nato aveva proposto di
estendere al mar Nero, con a partecipazione di Ucraina e Russia, le attività del
programma Active Endeavor,
rimasto confinato al Mediterraneo a causa del rifiuto russo); e del resto,
Mosca e Ankara appaiono gelose di Blackseafor, le forze navali congiunte dei
paesi rivieraschi, e del nuovo programma congiunto anti-terrorismo Black Sea Harmony: un modo per delimitare
con decisione la propria sfera d’influenza.

Di converso, Putin ha ripreso i temi affrontati il giorno
prima a Zagabria: incitando i propri partner a firmare contratti di durata
pluriennale con le aziende di stato russe, per la fornitura di petrolio e gas
naturale, con l’obiettivo di stabilizzare il mercato dell’energia; proponendo
più in generale una forte integrazione tra la Russia e gli altri paesi
produttori dell’Asia centrale da un lato,  e i paesi balcanici e del mar Nero dal’altro:
per far sì che l’intera regione diventi l’area di transito privilegiato delle
risorse energetiche da Est a Ovest – sotto il controllo russo, senza ingerenze
americane.

Quest’integrazione auspicata da Putin, inoltre, interesserà
anche il settore dei trasporti: quelli marittimi, con una serie di linee che
verranno attivate anche per il trasporto passeggeri, tra i principali porti
degli stati rivieraschi; quelli stradali, grazie alla realizzazione di un
anello di circa 5000 chilometri – già previsto dall’intesa firmata a Belgrado
lo scorso 19 aprile – che toccherà tutte le principali città che si affacciano
sul mar Nero,  con un prolungamento a
Baku sul Caspio.

La Russia continua nella sua offensiva geopolitica, gli
Stati Uniti e l’Europa sono chiamati a reagire.