Alfano avvia le prove tecniche di Ppe e il Pdl accelera sulle regole
26 Luglio 2011
Qualcosa si muove nel Pdl. In una fase in cui il dibattito su riforme, leggi, iniziative del governo appare alquanto confusa e comunque rallentata, Angelino Alfano cala la sua carta sul terreno della politic politicienne e riparte dall’identità di un futuro partito popolare unitario dove, se e quando sarà, traghettare il berlusconismo dopo Berlusconi. Senza tuttavia tralasciare il lavoro per rilanciare il Pdl: si parte dalle regole, da cosa e da chi sarà chiamato a scriverle.
Lo schema europeo riproposto in chiave italiana è l’obiettivo che il segretario politico del Pdl intende perseguire cominciando fin da adesso e tuttavia senza legare il progetto a una scadenza temporale predefinita – ad esempio il 2013 – perché se pure questo è l’auspicio, il cammino per costruire il cantiere dei moderati italiani, rimettere insieme un centrodestra che ha perso per strada prima Casini, poi Fini, non è cosa che si può pianificare a tavolino. Serve tempo e volontà. Quella che Alfano chiede al leader Udc e al capo di Fli entrambi chiamati a valutare l’idea di una strada comune che sfoci nella formazione di un grande partito di ispirazione liberale e riformista ispirato agli stessi valori che i centristi condividono a Bruxelles e ai quali pure Fini recentemente ha aderito.
Ma ad una condizione: per camminare di nuovo insieme, dovrà cadere ogni pregiudiziale berlusconiana che Alfano bolla subito come “inaccettabile”, perché Berlusconi ha vinto le elezioni e ha diritto a governare fino al 2013 e perché è suo l’obiettivo politico di riunire tutti i moderati in una casa comune. E’ un percorso a tappe, work in progress direbbero i politically correct, quello che individua Alfano: avvio operativo a settembre e primo step a dicembre, Marsiglia, al congresso del Ppe al quale si dovrà arrivare con un manifesto dei moderati italiani. Come? Due le direttrici: da un lato mettere in piedi il coordinamento delle sei fondazioni politiche riconosciute dal Ppe (Magna Carta, Fare Futuro, Sturzo, Popoli europei, ResPublica e Liberal), dall’altro tessere la tela del dialogo con Casini e Fini che – osserva il segretario del Pdl – hanno una storia che sta dentro al partito popolare europeo. Il concetto di fondo è che qui “non siamo alla ricerca di sì o no immediati, abbiamo immaginato un percorso a tappe” calibrato sui contenuti, su idee e progetti condivisibili, dice Alfano anche per sgomberare il campo da facili strumentalizzazioni rispetto a quella che già nel giorno della sua investitura, al Consiglio nazionale del Pdl, delineò come obiettivo di prospettiva, come “proposta politica seria” e proprio per questo non inquadrabile tra i numeri di un calendario.
Parla e spiega con al fianco Adolfo Urso e Andrea Ronchi (della partita saranno anche gli esponenti pidiellini al parlamento europeo, Tajani e Mauro) che a Fini e Fli hanno detto addio per non finire risucchiati in suggestioni o improbabili progetti di grandi ammucchiate, da Fini a Vendola. L’ex viceministro si occuperà del coordinamento dello fondazioni e del lavoro sul manifesto da presentare a Marsiglia. L’ex ministro, dell’organizzazione della Costituente popolare con l’impegno di rappresentare l’Italia nella direzione politica del Ppe. Peraltro, la stessa idea che entrambi volevano difendere ed affermare dentro Fli prima di rendersi conto che nel partito di Fini chi comanda sono i colonnelli anti-berlusconiani a prescindere Bocchino, Briguglio e Granata. Insomma, Alfano non ha fretta ma intanto è meglio partire, poi “i frutti si vedranno quando sono maturi”.
Per ora restano acerbi a giudicare dalla freddezza con cui una proposta del genere è stata accolta da centristi e futuristi. Se Casini tace, il segretario Udc trova solo il modo di ricordare ad Alfano che l’idea può essere anche buona ma il Ppe è un partito popolare e non populista, ragion per cui il Pdl prima deve cambiare pelle e connotati. Pure Fini sta in silenzio, a parlare ci pensa Bocchino che stronca sul nascere qualsiasi possibilità di dialogo riproponendo l’ormai vecchio clichè ‘prima fuori il Cav.’ poi si discute. Non a caso fa da sponda ad un Alemanno che a Berlusconi sollecita un passo indietro alle prossime politiche. Convergenze o nostalgie ex aennine? Ed è paradossale che proprio Bocchino (ricordate tutto il repertorio sul premier bollito e compagnia cantante?) faccia la lezione di bon ton politico a Berlusconi sostenendo che lui è “antropologicamente diverso rispetto ai toni e ai temi usati dal Ppe”. Idiosincrasie futuriste.
Il che potrebbe apparire vero se considerassimo il Ppe un cimitero di elefantiaci burocrati, custodi di una tradizione più consegnata alla storia che viva ed è chiaro che sotto questa luce la vitalità e l’istinto politico di Berlusconi sembrano estranei, se non fosse che i fatti dimostrano il contrario . E’ stato infatti proprio Berlusconi a condurre il centrodestra nel partito popolare europeo facendo tesoro anche del fatto che con l’approvazione dello storico ‘documento di Atene’ la sinistra democristiana ormai tutta assorbita dal Pd, contestò la posizione del Ppe in aperta contrapposizione a quello socialista. L’idea di Alfano è sul terreno di gioco, ora c’è da completare la ‘squadra”.
Dal Ppe al Pdl. Anche qui Alfano non vuole perdere tempo e dopo la fase iniziale spesa a tirare giù una direttrice e ad ascoltare tutte le componenti del partito. Tra oggi e domani probabilmente uscirà da via Arenula per concentrarsi solo sul partito, il suo “nuovo mestiere”. Al suo posto salgono le quotazioni di Francesco Nitto Palma, attuale sottosegretario all’Interno, anche perché un profilo del genere potrebbe essere in linea con i consigli del Colle secondo cui sarebbe meglio individuare il nuovo Guardasigilli nel parlamento per non rimettere mano a un rimpasto robusto e per questo più esposto a fibrillazioni interne. Ma c’è chi nella maggioranza non esclude neppure un rinvio della pratica a settembre, magari contestualmente alla casella delle politiche comunitarie per la quale sono in lizza la Pdl Anna Maria Bernini e pure il leghista Marco Reguzzoni (capogruppo a Montecitorio e inviso ai maroniani che al suo posto vorrebbero Stucchi).
Finora il doppio ruolo di Alfano (politico e di governo) ne ha rallentato l’azione, in molti casi creato un certo imbarazzo isitituzionale (in molti nel Pdl hanno evidenziato l’esigenza di chiudere rapidamente la casella della Giustizia) e tuttavia il segnale di quella fase nuova evocata al Consiglio nazionale e confermata nella sua prima uscita pubblica a Mirabello, è questione che a questo punto non si può rimandare oltre. Eccola, allora la novità che fa seguito a quella sulle primarie e l’annuncio di un election per eleggere i coordinatori provinciali: un tavolo delle regole, anzi un “gruppo” che dovrà occuparsi dei criteri di elezione degli organismi di partito e di come selezionare i candidati in vista delle prossime amministrative.
Qui la squadra c’è già e Alfano la indica in una nota diffusa dal quartier generale di via dell’Umiltà: dentro i tre coordinatori (Bondi, Verdini, La Russa), i vertici parlamentari di Senato e Camera (Gasparri-Quagliariello, Cicchitto-Corsaro) , il capogruppo all’europarlamento (Mauro) e il vicepresidente dell’euroassemblea (Tajani), un presidente di Regione (Formigoni) e uno di Provincia (Castiglione), il sindaco di Roma (Alemanno). Con loro lavoreranno il responsabile organizzativo del Pdl (Lupi) e quelli di Fi e An – i due principali partiti fondatori – Matteoli e Scajola, oltre al rappresentante dei partiti cofondatori (Cutrufo), il presidente dell’Associazione dei popoli europei (Frattini) e il titolare del progetto merito e responsabilità del Pdl (Gelmini). E ancora: il responsabile del Piano per il Sud (Fitto) e quello delle adesioni del Pdl (Fontana), l’amministratore del partito (Crimi).
Si comincia domani per concludere il lavoro a fine settembre. Alfano spiega poi che saranno coinvolti altri gruppi e per questo “saranno consultati tutti i parlamentari e i componenti del governo” disponibili a impegnarsi nel partito. Messa giù così, sembra un partito nel partito ma è pur vero che il metodo-Alfano si chiama “collegialità e scelte condivise”. Resta da capire se e come sarà possibile conciliare un partito nato e cresciuto nel carisma di Berlusconi con un partito più strutturato e più hold style. E, al tempo stesso, conciliare entrambi con la visione del Cav. che del Pdl è il presidente.
Anche qui, la scommessa sta in campo. Due opzioni: riuscire rapidamente a rilanciare una proposta politica che continua ad avere appeal sull’elettorato (ancora e nonostante gli stop and go di questi due anni), oppure ripiegarsi e impantanarsi su schemi appesantiti, del tipo decidiamo tutti insieme, ma prima che tutti siano d’accordo…. Alfano si gioca tutto su questo delicato crinale.