Alfano boccia il governissimo per non spaccare il Pdl e tira dritto verso il voto

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Alfano boccia il governissimo per non spaccare il Pdl e tira dritto verso il voto

05 Luglio 2012

Nessun governissimo. Né un Monti candidato per il centrodestra o per il centrosinistra. Tra meno di un anno accadrà una cosa sola: i cittadini andranno a votare e sceglieranno chi entrerà a Palazzo Chigi. Schema lineare quello di Alfano, nonostante l’ipotesi di larghe intese nei giorni scorsi sia stata valutata ai piani alti del partito e lo stesso Berlusconi non l’abbia esclusa a priori. Ma non è questo lo spartito che il segretario intende suonare, almeno in pubblico. C’è un motivo: gli ex An sono sul piede di guerra, sia sulla grande coalizione, sia sull’ipotesi di un ritorno al proporzionale nella revisione del sistema di voto. Al punto che si ventila l’idea di scissioni e un nuovo soggetto politico. Parola di La Russa e non solo.

Alfano deve tenere unito il partito. Solo così può riorganizzarne le fila puntando sul rinnovamento. Solo così può giocare la partita più difficile nel 2013. Non ci sono altre strade perché eventuali alternative – vedi un governo di responsabilità nazionale con Pd e Udc, magari ancora a guida Monti – presupporrebbe un prezzo altissimo da pagare: l’implosione del Pdl.  E dunque dopo giorni di scenari, congetture, proposte come quella di un’assemblea costituente per un anno con Monti a Palazzo Chigi e Napolitano al Colle, Alfano rimette le cose in fila: tra otto mesi il Pdl correrà contro il Pd e i suoi alleati.

Nessun Monti-bis. Il governo tecnico c’è adesso perché adesso esiste una condizione di emergenza, mentre la normalità è rappresentata dal voto degli elettori che sceglieranno nelle urne chi mandare a Palazzo Chigi. Non solo: il Prof. non sarà della partita come candidato premier. Alfano lo ribadisce  quando dice che Monti “ha fatto sapere di non voler essere ricandidato” e non sarà “candidato premier nè per noi nè per la sinistra”. Lo scenario lo immagina come quello di una sfida aperta e non sarà certo un dramma se Casini ha scelto il Pd, perché se “farà un’intesa con Bersani sarà un alleato della sinistra”. Su questo passaggio Alfano ostenta sicurezza sottolineando che di fronte a questa eventualità, sarà il Pdl l’unico “protagonista del campo dei moderati”.

Quanto alla Lega, mostra cautela. Nelle ultime settimane c’è stato un risveglio di dialogo: dal voto sul Senato federale e la disponibilità a sostenere il semipresidenzialismo, a quello in commissione Vigilanza Rai (il Carroccio ha fatto convergere i suoi voti su Luisa Todini, indicata dal Pdl). Tuttavia è presto, anzi prestissimo per dire se vi sono o vi saranno le condizioni per una nuova alleanza. La stessa cautela, Alfano la usa sulla sua candidatura a premier rilanciando le primarie e, al tempo stesso, una buona dose di diplomazia rispondendo al quesito che è tornato a surriscaldare la temperatura interna del partito: il ritorno in campo del Cav.  “Non lo escludo” ma sarà lui a dirlo “quando e se deciderà di farlo”. Cautela, dunque e pure in questo caso il messaggio è rivolto a chi nel partito non condivide una possibile candidatura alla premiership di Berlusconi.

Molto dipenderà dal modello di legge elettorale col quale si andrà alle urne, perché da quella legge discenderanno le alleanze. Tema discusso assieme al dossier riforme, con il Capo dello Stato al quale Alfano ha confermato l’impegno del partito a portare a termine il lavoro avviato. Certo, resta un percorso a ostacoli. Sulla legge elettorale, ad esempio, un possibile schema di tipo proporzionale sul quale Pdl e Pd ricominciano a ragionare, non convince, anzi fa infuriare gli ex An molti dei quali si spingono a minacciare scissioni. Per questo nel weekend è in programma un giro di consultazioni interne per arrivare a una sintesi con la quale andare poi al tavolo delle trattative con gli altri partiti. Il tempo stringe, Alfano aveva annunciato che entro la terza settimana di luglio ci sarebbe stato l’accordo e non ha intenzione di rimetterci la faccia.

Ma il rebus delle alleanze agita e non poco anche il centrosinistra dove Di Pietro prima e Vendola poi  non gradiscono il progetto Casini-Bersani. Tra ultimatum e pressing, ieri il leader di Sel è tornato a mettere il suo paletto affermando che un’alleanza tra Pd, Udc e Fini “non è un’alleanza di centrosinistra”.

Infine Alfano serra la strada alla proposta di un’assemblea costituente lanciata dal senatore Marcello Pera, nonostante la questione pare non essere del tutto chiusa nei ranghi pidiellini, se solo poco tempo fa il Cav. non disegnava di offrire a Casini e Bersani un patto costituente. Nel quartier generale di via dell’Umiltà se n’è discusso e, secondo alcuni, se ne continuerà a discutere. Non c’è dubbio che una nuova ‘fase’ sul modello dell’attuale governo con magari qualche innesto politico tra i tecnici e lo stesso Monti ancora in sella, consentirebbe al Pdl di riorganizzarsi evitando di andare alle urne tra un anno e rischiare una sonora bocciatura, come segnalano i sondaggi (nonostante una lieve inversione di tendenza). Tempo da impiegare soprattutto nel completamente dello riforme e dunque propizio.  

Da questa prospettiva, il fatto che Alfano abbia detto no a idee di questo genere (comprese le larghe intese) sarebbe letto da diversi deputati pidiellini più come un modo per rassicurare i suoi che una chiusura netta e definitiva. Anche perché occorre evitare il rischio che un possibile accordo tra i leader di Pd e Udc finisca per rendere residuale il Pdl. Proprio come vorrebbe e prevede il disegno di Casini e Bersani.