Alfano: “Con Monti per unire i moderati, altrimenti lo faremo noi. Niente diktat dalla Lega”
16 Dicembre 2012
“Non siamo qui per un nuovo partito ma per un partito nuovo”. Con Mario Monti se accetterà di federare tutti i moderati per battere la sinistra, oppure da soli. E’ il leit motiv che al Teatro Olimpico lega gli interventi dal palco e fa risuonare gli applausi della platea. Lo dice Berlusconi nel messaggio inviato ai promotori di Italia Popolare (un cartello di fondazioni e associazioni del centrodestra), lo ripetono gli esponenti di quella ampia componente di cattolici, moderati, liberali, intenzionati a non disperdere un patrimonio di valori maggioritario nel paese, e a costruire il futuro. Lo rilancia nell’intervento conclusivo il segretario del Pdl Alfano che manda una serie di messaggi: a Bersani (“ci siamo per vincere”), a Maroni (“niente diktat dalla Lega”), a Casini e pure al Cav. (sulla composizione delle liste). La sfida è dietro l’angolo, tra poco più di due mesi.
Sfida storica, dice Alfano, come fu storica quella del dopo-Tangentopoli che seppe cogliere Berlusconi. Oggi come allora, Monti “ha la stessa chance di federare tutte le forze moderate che toccò nel ‘94 a Berlusconi. Ora, se la vorrà cogliere, tocca a Monti”. Lo schema sta tutto in un progetto messo in campo per vincere, in un centrodestra che raccolga “tutta l’area alternativa alla sinistra”. E’ la stessa sollecitazione che al Prof. rinnova Berlusconi nel messaggio inviato alla kermesse di Italia Popolare, condividendone idee e progetti che sono poi quelli del Ppe: “Se Monti accettasse l’invito che più volte gli ho rivolto, da ultimo a Bruxelles di fronte alla platea del Ppe non sprecheremo certo un’occasione storica”. Per questo, con l’obiettivo di battere gli avversari, lo esorta a superare “schemi vecchi e logori” favorendo, invece, l’unità di “storie e culture diverse”. Il Cav. rilancia dunque il progetto dell’unione dei moderati “ma se ciò non dovesse essere possibile, soltanto da noi potrà provenire la forza necessaria per contrastare e battere la sinistra di Bersani e Vendola”.
L’invito al Prof. non può essere più chiaro di così, proprio nel giorno in cui il premier sale al Quirinale per un faccia a faccia con Napolitano. Decisione imminente? Difficile pronosticare, se ne parla da settimane ma nessuno lo sa. Certo è che il tempo per dire se e come sta scadendo: tra un mese dovranno essere depositate le liste con nomi e cognomi, non solo dei candidati ma anche dei leader. Nel frattempo il Pdl c’è e vuole restare nel campo che ha sempre attraversato, rivendicando la coerenza di una linea che lo stesso Alfano scandisce nell’impianto bipolare “dal quale non si torna indietro”, nell’europeismo (“essere europeisti convinti non vuol dire affermare che tutto ci vada bene. Essere europeisti non vuol dire sostenere che il nostro paese non farà più sacrifici se ce li chiedono, per i loro interessi legittimi, Francia e Germania. Essere europeisti convinti significa evidenziare i limiti di questa Europa”) e nella scelta di essere totalmente alternativi alla sinistra. Come il Ppe in Europa, così quello che – pare di capire – resta l’obiettivo del cantiere, da oggi più che un’idea o un auspicio: la costruzione del Ppe italiano.
Lo chiarisce non tanto ai presenti, quanto ai centristi di Casini quando fa capire che non possono funzionare “piccole formazioni di centro che portano ambiguità del non detto e cioè dicono intanto facciamo il centro poi vediamo. Noi vogliamo battere la sinistra, siamo dalla parte di quei moderati che vogliono unirsi per battere Bersani e Vendola, non per impedire alla sinistra di vincere con una maggioranza congrua e poi dare l’aiutino”.
Che in questa fase il Pdl e l’area di centrodestra sia a un bivio lo ricordano Quagliariello, Alemanno, Formigoni, Sacconi, Roccella, Lupi, Cicchitto e molti esponenti pidiellini e non (tra i relatori anche Urso e Ronchi) che si alternano sul palco dell’Olimpico. Per dire che la tradizione, il passato, la storia del partito vanno salvaguardati ma che è ora di guardare avanti. Di costruire, appunto. Il vicepresidente dei senatori, ad esempio, mette in guardia i cattolici del centrosinistra quando ricorda che stavolta “Bersani e Vendola se vincono, stavolta non faranno prigionieri” sulle questioni che stanno a cuore al mondo cattolico. Perché “mentre per la sinistra il bene comune è dato dal bene collettivo interpretato dallo Stato” e trova nella Costituzione un pilastro non modificabile “per noi il bene comune è rappresentato dalla libera realizzazione di ciascuno e l’ancoraggio è a principi che esistono prima della Costituzione. Per questo la Carta per noi può essere modificata. Cerchiamo di ricordarcelo ora, perché se Bersani e Vendola avranno il 55 per cento e il presidente della Repubblica, forse sarà troppo tardi”.
Ci torna Alfano declinando i punti-cardine del manifesto di Italia Popolare – non un nuovo partito, ripetono i promotori, bensì un’ampia componente che vuole unire i moderati – rilanciandoli come piattaforma per il programma elettorale del centrodestra. A cominciare dalla centralità della persona e la difesa della vita: “Noi crediamo che la vita qualcuno la dà e qualcuno la toglie e quel qualcuno non è il Parlamento. Non crediamo di ledere la sensibilità di alcuno se diciamo con una citazione nota che l’albero si riconosce dai suoi frutti che sono stati le nostre leggi e che il decreto Englaro è stato uno dei frutti di quell’albero e lo rivendichiamo con forza”. Poi il riferimento al matrimonio che “fonda la famiglia” e che è “tra un uomo e una donna che si sposano con l’obiettivo di mettere al mondo i figli”. Quindi l’idea di “una società in cui ci sia meno Stato, in cui sia valorizzata la libertà dell’iniziativa individuale” e riaffermato il principio “di sussidiarietà”.
Il passaggio più politico riguarda il rinnovamento del partito e la possibilità di un’alleanza con la Lega. In entrambi i casi il concetto di fondo che esce dalla kermesse del centrodestra è chiaro: liste degne dei valori del centrodestra e niente diktat da Maroni sul candidato premier. Riferimento quest’ultimo che vale sia se Monti si deciderà al grande passo alla guida dei moderati, sia che in campo resti (come finora è) Berlusconi che è – dice Alfano – “il nostro candidato”.
Proprio al Cav. sembra destinato il messaggio che Alfano gli ha già ripetuto in pubblico (a Porta a Porta) e nelle riunioni tra Arcore e Palazzo Grazioli. Il fatto che lo ribadisca, dice molto sul livello del dibattito interno. La campagna elettorale servirà non solo per presentare i programmi ma per rilanciare la convinzione che – ripete – “le nostre idee, i nostri valori devono camminare sulle gambe delle persone giuste. Se qualcuno ruba deve andare a casa, se c’è qualcuno che è disonesto deve andare a casa, se c’è chi interpreta la vita politica come arricchimento deve andare a casa, se c’è qualcuno che ritiene di strumentalizzare la nostra bandiera per disonorare i nostri valori deve andare a casa. Se c’è qualcuno che pensa di potersi riparare dietro la persecuzione giudiziaria di Berlusconi – che l’ha avuta – allo scopo di far ingoiare tutto al nostro partito, deve andare a casa. Non saremo credibili solo per i nostri programmi, ma se ai nostri valori affideremo il compito di camminare sulle gambe di uomini degni”. Standing ovation.
Idem per l’altolà a Maroni. Alfano non ci gira intorno: “Il Pdl non si farà imporre il candidato premier dalla Lega: se vuole allearsi con noi, la Lega non può dirci chi è il candidato premier”.
Alfano rivendica le cose fatte dal governo Berlusconi – battendo sul tasto dell’abolizione dell’Ici – e quelle realizzate con Monti evidenziandone però i condizionamenti da parte del Pd a sua volta condizionato da Cgil e Fiom, come nel caso della riforma del lavoro. Ricorda che il ddl anticorruzione fu varato dal governo Berlusconi e portava la sua firma, da ministro della Giustizia; rilancia l’accordo col governo dei Prof. per limitare “non l’uso ma l’abuso delle intercettazioni telefoniche e il tema della responsabilità civile dei magistrati. Lo chiedevamo al governo e non è stato fatto. Ci sono molte cose da continuare a fare, ma vogliamo farle essendo in maggioranza, non stando all’opposizione”.
Se questo è lo schema, se questo è l’obiettivo, chiosa il segretario, il Pdl ha davanti a sé due strade per battere la sinistra: “Unire i moderati con la guida di Mario Monti o, se Monti non accettasse, saremo noi a ricostruire quell’area per vincere”. Con Monti, dunque, se ci sarà. Con Berlusconi che c’è già. Ma da oggi in campo c’è tornato pure Alfano.