Alfano investe sul Ppe, il Cav. fa ministri Nitto Palma e la Bernini
27 Luglio 2011
Chiude il tormentone con quattro parole: tra poche ore saprete. Lo dice per solennizzare che la scelta è fatta, definitiva, che fare il Guardasigilli è incompatibile col ‘mestiere’ di segretario politico del Pdl. E in tempi di antipolitica, è un atto politico che ha il suo perché. Lo dice per confermare che il gran giorno è arrivato e che pure il Cav. ha deciso chi lo sostituirà a via Arenula. Poche ore dopo, tutto è compiuto: Alfano è a tempo pieno ai piani alti di via dell’Umiltà, Francesco Nitto Palma è il nuovo Guardasigilli, Anna Maria Bernini è ministro delle Politiche Comunitarie. E nel suo primo giorno da leader del primo partito italiano stringe la presa, spinge l’acceleratore lungo due direttrici parallele che alla fine – “quando i tempi saranno maturi” – si incontreranno: Pdl e Ppe made in Italy.
Pdl e Partito popolare unitario. La road map abbozzata nel giorno dell’investitura (1 luglio 2011, Consiglio nazionale) ora ha contorni più definiti: Angelino Alfano sa che servono segnali concreti da subito, non indugia troppo sulla forma, guarda molto di più alla sostanza delle cose: idee, progetti. Sa che molto del suo futuro politico e di quello della nave di cui è timoniere – da qui al 2013 ma soprattutto dopo – dipenderà da cosa è riuscito a fare, da come le aspettative su una nuova fase della vita del partito – interna ed esterna – e con esso del berlusconismo, saranno state tradotte in fatti, consolidate, valorizzate. Perché la sollecitazione che più di altre in questi giorni ha raccolto da tutti gli esponenti pidiellini è una e la sintetizza bene Osvaldo Napoli quando dice che a questo partito il segretario politico deve “far indossare le scarpe da jogging. Troppi di noi devono reimparare che senza consumare le suole delle scarpe non si parla ai cittadini né si ritrovano i voti”.
Alfano non ha perso tempo: fase preliminare di ascolto, poi in due settimane insieme al Cav. ha visto i coordinatori regionali, i governatori, ha certificato le primarie, annunciato l’election day in autunno per scegliere i coordinatori provinciali, poi si è messo al lavoro sul codice etico e ieri ha messo in pista il “gruppo delle regole” per l’elezioni degli organismi dirigenti e la selezione delle candidature alle prossime amministrative. Con una dead-line: lavoro da completare entro settembre. Oggi, prima riunione operativa.
Nella lettera di dimissioni che scrive a Berlusconi c’è tutta la consapevolezza del ruolo al quale il capo lo ha chiamato e il partito lo ha voluto. E il Cav. lo ha ricordato anche ieri nel summit coi governatori: lavorare sodo per ridare slancio al partito. Ma in quella lettera, c’è anche tutto il significato di un gesto politico non scontato, né automatico. Tanto più in una fase in cui l’onda lunga dell’antipolitica vorrebbe travolgere la politica tuot-court, in un momento in cui si parla tanto (e spesso con la visione miope della strumentalizzazione) di incarichi e di moralità della politica. Altri in passato hanno scelto la posizione più comoda del doppio incarico. Alfano no, ed è stata la prima cosa che ha detto davanti al plenum del partito, sventolando la tessera di Fi presa ad Agrigento quando aveva solo 23 anni, folgorato sulla via di Berlusconi.
Un gesto politico che per Gaetano Quagliariello testimonia “non solo un’etica di responsabilità, ma anche l’importanza che Alfano attribuisce al nuovo compito” e al tempo stesso segnala “l’umiltà di saper ridiscendere le scalette sicure di un volo di Stato per camminare su strade e sentieri inesplorati”.
Ma c’è un’altra mission che lo attende: completare il sogno del Cav. di un grande partito dei moderati italiani, lungo il solco del Ppe. E’ per questo che il segretario si muove sul doppio binario, del partito e del progetto in prospettiva. E’ per questo che nel giro di due giorni ha lanciato il sasso nello stagno, definendo contorni, percorso (aperto “a chi ci sta”) e compagni di strada del progetto, prima di tutto culturale, poi “quando i tempi saranno maturi”, politico. Ecco perché fin d’ora ‘chiama’ Casini e Fini, dando loro quasi una sorta di ‘sveglia’ rispetto alle sirene di un centrosinistra ancora incapace di elaborare una proposta politica credibile, alternativa, e drammaticamente impantanato (da diciassette anni) nelle sabbie mobili dell’antiberlusconismo.
Lo strumento è la ‘Costituente popolare’, la rete che raccoglie le fondazioni politiche moderate riconosciute dal Partito popolare europeo. In quest’ottica, l’apertura di credito ai leader di Udc e Fli va oltre i tatticismi del presente, guarda avanti e mette avanti la prospettiva di lavorare insieme al cantiere dei moderati, alla ricostruzione dell’identità di un futuro partito popolare unitario, alla ricomposizione del campo del centrodestra partendo dalle idee e dai valori. E’ per questo che ieri, Alfano ha voluto segnare un altro passo in avanti verso questa direzione presentando alla stampa estera l’Associazione Italia per l’Europa dei Popoli e delle Libertà. Anche qui un network di associazioni e fondazioni che si riconoscono nei valori del popolarismo europeo con l’obiettivo di produrre un ‘manifesto’, elaborare tesi da portare al congresso del Ppe, in dicembre a Marsiglia.
L’associazione che aderisce al Ces (Centre for European Studies), la Fondazione del Ppe nata nel 2007 e presieduta da Wilfred Martens, sarà il laboratorio culturale dal quale il progetto prenderà forma e sostanza. Il ministro Frattini nel ruolo di presidente, con Alfano segretario generale e il ministro Meloni vicepresidente è lo schema di partenza con due organismi operativi: il comitato scientifico coordinato dal vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello e del quale fanno parte, tra gli altri, studiosi ed esperti quali Francesco Forte, Gennaro Malgieri, Giuseppe de Vergottini, Vittorio Mathieu, Giorgio Israle, Raimondo Cubeddu, Sergio Belardinelli e Ida Nicotra; e il comitato di coordinamento organizzativo presieduto dal sottosegretario alla Difesa Giuseppe Cossiga, che dovrà fare da collettore tra le fondazioni del Pdl (Magna Carta, Costruiamo il Futuro, Res Publica, Riformismo e Libertà, Fondazione Craxi, Free, Italia Protagonista, Liberamente, Nuova Italia, Fratelli d’Italia, Libertà per il Bene Comune, Cristoforo Colombo per le Libertà). Già, le fondazioni. Alfano vuole valorizzarne il ruolo e non a caso dice che finora ciò che hanno prodotto è stato sottovalutato. Cita, tra tutte, Magna Carta sottolineandone la funzione di stimolo culturale per il partito che ha potuto attingere a quel lavoro di elaborazione, traendone arricchimento.
Il recinto, però, è aperto, la struttura inclusiva – spiegano Alfano e Frattini – e dunque c’è spazio per istituti, associazioni e fondazioni che si riconoscono nei valori del Ppe. Il tutto in stretto raccordo con i rappresentanti del Pdl nel Ppe a Strasburgo e tra questi il commissario Ue ai Trasporti Antonio Tajani. Urso (presente alla conferenza stampa) e Ronchi lavoreranno al coordinamento del manifesto da portare a Marsiglia. L’associazione, dice Frattini elaborerà tesi che mettano al centro famiglia, sussidiarietà, politica sociale e questioni legate alle prospettive dei giovani e anziani, con focus anche su immigrazione e integrazione.
Alfano traccia le linee guida del progetto: “Unire i moderati italiani sotto la bandiera del popolarismo europeo” e soprattutto “unire in Italia ciò che è unito in Europa e non dividere in Italia ciò che è unito in Europa”. Nessuna confusione col Pdl, tantomeno l’idea di trasformarlo in qualcos’altro con un nome diverso: è un tasto sul quale il segretario spinge per sgomberare il campo dagli equivoci. Un conto è il Pdl, altro è un progetto culturale che ha come orizzonte un progetto ancora tutto da costruire. A livello europeo, invece, la mission è portare “più Italia in Europa, rappresentarla di più e meglio nel Ppe, facendo conoscere la visione che come italiani abbiamo dell’Europa”.
I nuovi ministri. Dalla procura di Roma, al Parlamento, alla Giustizia. Nitto Francesco Palma, sessantuno anni, siciliano di origine e capitolino di adozione, porta a via Arenula una lunga esperienza da pubblico ministero, poi magistrato di Cassazione, maturata anche negli anni alla Direzione nazionale antimafia. In parlamento ci entra nel 2001 con Forza Italia e fino a ieri nel governo Berlusconi è stato sottosegretario all’Interno. Ma per lui quello a via Arenula non è un esordio, bensì un ritorno, dopo sedici anni: dal ‘94 al ‘95 è stato vicecapo di gabinetto e direttore dell’Ufficio relazioni internazionali del ministero.
A piazzale Clodio, da pm, ha trattato casi delicati come il processo Moro, la cattura del boss italo-americano Frank Coppola, il maxiprocesso alle Brigate rosse, la vicenda Ustica, Gladio e la tragedia di Vermicino. Chi lo conosce bene, lo descrive come un decisionista, eppure aperto al dialogo e alla mediazione. E’ amico di Previti ma pure di Luca Palamara, il leader dell’Anm di cui è stato testimone di nozze. Tra i suoi compagni di partito viene definito una “toga azzurra” e in Parlamento prima da deputato, poi da senatore Palma è stato relatore alla Camera del ddl sull’ordinamento giudiziario e nel 2002 firmatario del provvedimento di immunità (mai decollato) per i parlamentari che prevedeva la sospensione dei procedimenti giudiziari fino al termine del loro mandato.
Al posto di Ronchi arriva Anna Maria Bernini. Ministro senza portafoglio delle Politiche comunitarie, ha origini bolognesi e un padre noto: Giorgio Bernini, ministro del Commercio con l’estero nel primo governo Berlusconi. Avvocato civilista e amministrativista, è professore associato di discipline giuridiche all’Ateneo di Bologna. Alla sua prima esperienza parlamentare, è portavoce del Pdl e un anno fa sotto le insegne del suo partito corse per la poltrona di Errani alle regionali.
Riempite le due caselle vacanti nel governo e affidata la sua nave al timoniere Alfano, il Cav. adesso guarda avanti. La strada non è certo in discesa ma se avrà ai piedi buone scarpe da jogging, forse potrà arrivare senza fiato corto al traguardo: il 2013.