Alfano – Meloni (popolari vs. “lepenisti”), la sfida tra i giovani che non piace al Cav.

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Alfano – Meloni (popolari vs. “lepenisti”), la sfida tra i giovani che non piace al Cav.

25 Novembre 2012

Quando Napoleone, con un vero e proprio blitz, fuggì dall’Isola d’Elba e sbarcò in Francia, gli venne mandata incontro un’armata che avrebbe potuto annientarlo. Quei soldati, però, a cominciare dal loro comandante, maresciallo Michel Ney, solidarizzarono con l’Imperatore e lo accompagnarono, attraversando una nazione festante, a prendere di nuovo il potere a Parigi. Cento giorni dopo a Waterloo restarono sul campo migliaia di francesi e per Napoleone restò soltanto la via dell’esilio su di una sperduta isoletta in mezzo all’Atlantico (Ney venne fucilato per alto tradimento). 

La vicenda del Pdl è molto meno eroica; i suoi protagonisti, ammesso e non concesso che entrino a far parte della storia patria, non vi rimarranno così a lungo come il generale corso che seppe forgiare, nel bene come nel male, la nuova Europa attorno agli ideali della Rivoluzione francese. Anche nel nostro caso, tuttavia, un vecchio leader, alla ricerca disperata di autoconferme, a lungo indeciso sulla linea di condotta da tenere, ha tergiversato per molti mesi sul proposito di candidarsi o meno, probabilmente in attesa di vedere chi fosse il vincitore delle Primarie del Pd, perché si rendeva conto che nella eventuale competizione con Matteo Renzi avrebbe fatto la figura, al cospetto dell’opinione pubblica, di un nonno che si misura con il nipote. 

Per settimane, Berlusconi ha tentato in tutti i modi di revocare le Primarie del Pdl  (che in precedenza aveva proposto) riuscendo a ridurne lo spazio temporale ad una ventina di giorni, in modo che fosse un’avventura insistere. Poi visto che Angelino Alfano voleva tirare diritto, ha pensato bene di riappropriarsi di un partito (che avrebbe potuto sfuggirgli di mano) nell’unica maniera possibile: scendere direttamente in campo. A quel punto tutti, bon gré mal gré, si sono arresi. Senza combattere. E senza neppure trovare il coraggio di pronunciare la magica parola di Cambronne. Insomma, il Pdl è rassegnato a suicidarsi insieme al padre fondatore. Del resto, c’era poco da aspettarsi quando un gruppo dirigente dimostra di avere paura di taluni strani outsiders (comparsi all’improvviso sul terreno delle Primarie) al punto di evocare  l’inconciliabilità delle candidature con la condizione di indagati. 

Quella di Alfano è stata una scivolata che non ci aspettavamo. Come si fa a prendersela con gli indagati  quando si milita in un partito che ha come leader il Cavaliere? E come si fa ad arrogarsi il diritto di ritenere colpevoli di quanto sono accusati i propri avversari interni, a prescindere dai processi e dalle sentenze,  e dichiarare, nel medesimo tempo,  <perseguitato politico> Silvio Berlusconi che già comincia a portarsi addosso il peso di una condanna? Chi scrive è convinto che il Cavaliere sia vittima di una congiura, ma crede, nel medesimo tempo, che il garantismo debba valere nei confronti di tutti, anche se si tratta di personaggi con cui non prenderebbe neppure un caffè. Ma questo è tutto un altro paio di maniche. 

Comunque vadano le cose, andiamo pure avanti. Anche se la candidatura di Berlusconi finirà per bloccare – al di là dello svolgimento o meno delle Primarie – l’apertura, appena accennata, di un confronto serio tra due linee venute finalmente allo scoperto: una impersonata, magari con un’eccessiva cautela, da Angelino Alfano, incentrata sul valori del PPE e attenta a ritessere un’alleanza di forze moderate, senza escludere apertamente un ruolo di <federatore> da parte di Monti; l’altra, sostenuta da Giorgia Meloni, d’ispirazione lepenista (di Marine, non del padre), interessata a ricostruire i ponti con la Destra di Francesco Storace, in una prospettiva fortemente identitaria, nazionalista ed antieuropea, senza porsi il problema del governo del Paese. 

Il rischio vero che corre adesso il Pdl (o come si chiamerà quando il Cav estrarrà il dinosauro dal cilindro) è quello di una deriva populista con la pretesa di lucrare sui sentimenti deteriori dell’antipolitica e con la scelta strategica di rifare l’alleanza con la Lega Nord, concedendo loro persino la candidatura alla presidenza della Lombardia. Chi scrive non ha mai avuto paura di sostenere che Berlusconi, da tempo, non è la soluzione, ma parte importante dei problemi del Pdl. Si augura solo, quando sarà reso noto il programma elettorale, di non essere costretto a dichiarare <non possumus>.