Alfano non ha capito che dobbiamo fare i conti con Mosca

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Alfano non ha capito che dobbiamo fare i conti con Mosca

08 Febbraio 2017

Il discorso tenuto dal ministro degli esteri Alfano davanti alle commissioni esteri e difesa delle camere sottovaluta un aspetto delle dinamiche internazionali in atto. Alfano ha tenuto un discorso in linea con la nostra politica estera, costruire ponti, lavorare sulla cooperazione internazionale, una Libia stabile, partecipare attivamente alla ricostruzione della Siria, tutto questo di concerto con l’Europa visto che il nostro Paese si muove ancora in linea con Bruxelles e al momento esprime l’alto rappresentante per la politica esterna della Unione, Mogherini.

Mogherini, forse anche più di Alfano, condivide queste idee, i ponti non i muri, la cooperazione, e così via. Va detto però che la situazione in Libia non è per niente stabile, che il governo Sarraj, nonostante il dinamismo diplomatico delle ultime settimane, resta debole, ed è difficile immaginare, come sostiene Alfano, che anche a fronte di aiuti economici consistenti da parte dell’Europa a breve possa davvero essere messo in sicurezza il confine meridionale del Paese, considerando che siamo ancora nella fase in cui bisogna prendere il controllo delle coste e cercare di legittimarsi (Sarraj) davanti agli altri Paesi, come l’Egitto, che invece sponsorizza il Generale Haftar, il quale, a sua volta, combatte gli islamisti e pare gradito a Washington. E’ notizia delle ultime ore che il presidente del parlamento di Tobruk, che controlla la Cirenaica e può contare sulla forza militare di Haftar, ha definito “nullo” il memorandum d’intesa stretto nei giorni scorsi tra Gentiloni e Sarraj.

Non ci sono state reprimenda del Cairo per il #muslimban di Trump, e se gli Usa finanzieranno l’Egitto considerandolo un bastione della sicurezza in Medio Oriente, tutto questo potrebbe complicare ulteriormente le cose per Sarraj, e per l’Italia, che sul caso Regeni ha praticamente rotto le relazioni con il Cairo – una vicenda, quella del ricercatore di Fiumicello, che non è ancora chiusa da un punto di vista diplomatico. Anche la situazione in Siria appare molto lontana dai desiderata di Bruxelles, di Alfano e di molti opinionisti internazionali: che il Paese debba essere ricostruito dopo una guerra civile disastrosa che ha fatto centinaia di migliaia di morti, non c’è dubbio, ma ricordiamoci che al momento la Siria è uno stato fallito, il Paese è spaccato tra lo Stato islamico, che ha subito gravi sconfitte ma conserva la sua roccaforte di Raqqa, tra la striscia che il regime di Assad ha consolidato negli ultimi mesi, tra le milizie dei “ribelli” (Al Nusra compresa, filiale locale di Al Qaeda), e i combattenti curdi. Una situazione che resta esplosiva.

Prima di parlare di ricostruzione qualcuno dovrebbe mettere al tavolo i diversi contendenti e i Paesi che li spalleggiano, ma la Siria, il regime di Assad, non sarà invitata alla conferenza della Lega Araba, fa sapere la Giordania. Ora, di fronte a queste situazione, c’è un Paese che al di là delle sue credenziali più o meno democratiche negli ultimi anni ha dimostrato di avere una forte iniziativa politica, e che non ha avuto timore a intervenire anche con la forza, come in Siria, per preservare o espandere i suoi interessi. Parliamo della Russia di Putin. La Russia gioca un ruolo di primo piano in Siria, ma è anche vicina alle posizioni egiziane sulla Libia.

Si tratta quindi di un attore che ha piena rilevanza nella risoluzione delle crisi in Medio Oriente, tanto più che i nuovi Stati Uniti di Trump cercano una azione comune con Mosca nella lotta al terrorismo. Su questo aspetto, decisivo, e cioè le nostre relazioni, dell’Italia, dell’Europa, con Mosca, la posizione espressa da Alfano non è chiara. Il ministro dice che le sanzioni contro Putin per adesso proseguono, ma aggiunge che, se ci fosse una distensione tra Usa e Russia noi italiani saremmo senza dubbio molto contenti. Insomma, le sanzioni restano ma “sono lo strumento per riuscire a ritrovare le condizioni di una intesa”, dichiarazione che un negoziatore di acciaio come il russo Lavrov rispedirebbe senza troppi complimenti al mittente. Fino adesso infatti le sanzioni europee contro la Russia non hanno messo all’angolo Putin. Rafforzarle o proseguire su questa strada potrebbe complicare la vita al Cremlino, ma l’atmosfera che si respira dopo la vittoria di Trump non sembra quella di un inasprimento delle relazioni con Mosca.

Alfano ha anche ricordato che la via per un superamento delle sanzioni passa dal rispetto degli accordi di Minsk sulla Ucraina, ma così come con le fallite primavere arabe, anche la “primavera ucraina”, la strategia euroamericana portata avanti negli ultimi anni da Obama e Bruxelles, non è stata poi questo grande successo, lasciando esposta l’Europa al disastro in Medio Oriente e alla insicurezza delle frontiere NATO in Europa orientale. Per cui, al di là dei ponti da costruire, della tradizionale cooperazione in cui il nostro Paese, dicono, si esprime al meglio (ma reggerà a Trump che chiede agli europei di assumersi i costi della NATO più di quanto l’Italia non faccia già?), finché l’Italia, anzi, l’Europa, non prenderà una posizione chiara sulle sanzioni a Mosca, nel mutato contesto americano, non aspettiamoci stabilità in Libia o la ricostruzione della Siria.