Alfano parla alla “Right Nation”. No a Fini, no al Monti Bis
11 Novembre 2012
Ospite a "In 1/2 Ora", Angelino Alfano rompe gli indugi e spiega agli italiani che il PdL deve tornare ad essere forte per arginare lo smottamento del Paese a sinistra. Negli Stati Uniti si utilizza la definizione di "Right Nation" per indicare l’America che si sente "giusta" perché è di "destra" ed è su questo tasto che batte il segretario: "Ho scelto la strada più difficile," quella delle Primarie, di un investimento popolare dal basso, "perché è quella giusta".
"Quattro anni fa, se durante le Primarie americane avessero prevalso gli apparati, a vincere sarebbe stata Hillary Clinton", invece l’investitura popolare premiò Obama. E quindi: "Non è giusto essere designati, occorre essere eletti", ecco il perché della sua candidatura. Il modello sarà quello, "sequenziale", degli Stati Uniti. Le assemblee regionali, la scelta dei delegati, eccetera. Ovviamente, avviare una gara democratica ha innescato lo scontro interno al partito ma è sbagliato descriverla come una faida interna, se mai è un confronto, serrato, con il proprio elettorato.
Nei toni, nei modi, nel lessico, nell’abbigliamento, il candidato Alfano si propone come un politico "determinato e gentile", che si assume il compito di rialzare il popolo dei moderati (quello che crede nelle "libertà individuali", nelle "libertà economiche") e metterlo in cammino. Il rischio flop di partecipazione? "Le Primarie rappresentano una sfida, andranno a votare più persone di quanto dicono i sondaggi", per esempio quelli dei giornali ‘amici’. Le accese discussioni sul farle o meno? E’ stato il Cav. a lanciare l’idea delle Primarie, a rilanciarle dopo la batosta siciliana, e se ne discute "con lealtà e franchezza", un po’ come accade "di domenica quando le famiglie italiane si riuniscono a tavola".
Durante l’intervista, il segretario offre quattro dati che vanno letti con interesse. Il primo riguarda le elezioni in Lombardia: "meglio gareggiare insieme con Maroni piuttosto che dividersi uno contro l’altro. Insieme abbiamo governato bene", un’apertura ad accordi su base regionale (ed eventualmente a livello nazionale?) con la Lega Nord. Il secondo punto riguarda le tirate di giacca che negli ultimi giorni sono arrivate dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini. In questo caso Alfano è netto: "Quello di Fini è un gioco strumentale. I commenti che ricevo quotidianamente da chi mi segue su Facebook e Twitter mi fanno ritenere che la storia di Fini nel centrodestra è finita. Piuttosto, il Terzo Polo dica se si vuole accordare con Bersani. Lo escludono come lo escludiamo noi?".
Il terzo elemento è legato al governo Monti. "Per noi l’ipotesi del Monti Bis non esiste. E’ stato un caso unico che non potrà ripetersi, come i francobolli rosa di Gronchi. Non abbiamo nulla a che vedere con Bersani e Vendola". Ultimo punto, il rapporto con il Cav. Alfano sfodera un paragone niente male, che farà arricciare i baffi agli elettori di sinistra. Prende una copia del quotidiano la Repubblica e dice: "Il Fondatore (Scalfari, ndr) ha statuto speciale, uno status particolare". Berlusconi come Scalfari? E’ il passaggio più inaspettato dell’intervista con la Annunziata. Alfano, registrata la volontà di Berlusconi di candidarsi, apre alla possibilità di "cambiare nome e simbolo al partito, ma la scelta sarà sottoposta al giudizio del popolo", sempre durante le primarie. Il dato fondamentale non è se il Cav. sarà o meno capolista alle elezioni ma che abbia dato al partito la possibilità di scelta della leadership. "Mai più scelti dall’alto, ma spinti dal basso".