Alfano punta la barra al centro, Casini frena (per ora) e mezza An non ci sta

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Alfano punta la barra al centro, Casini frena (per ora) e mezza An non ci sta

29 Febbraio 2012

La temperatura del barometro politico resta alta. Complicato tessere la tela della veste da dare agli schieramenti tra un anno. Nel Pdl, Alfano ‘liquida’ Bossi con una frase che dice molto: “Noi tra la Lega e l’Italia abbiamo scelto l’Italia”. Direzione di marcia verso il centro con il partito dei moderati al quale chiama Casini, ma il leader Udc ci va coi piedi di piombo. La mossa del segretario Pdl irrita buona parte degli ex An che al posto del partito dei moderati chiedono un netto e deciso rilancio di quello nato da Fi e, appunto, la destra.

Il tutto ruota non solo sul nodo amministrative con relativa pre-tattica partitica, quanto sugli scenari del 2013, al netto (o al lordo) del ‘peso’ che avranno – se lo avranno – Monti e alcuni dei suoi ministri. Dibattito che infiamma pure gli animi nel quartier generale del Pd, già sotto stress per la riforma del mercato del lavoro e l’articolo 18, dove i veltroniani sempre più convinti del fatto che il partito debba sganciarsi da Di Pietro e Vendola per sostenere convintamente Monti (forse anche dopo il 2013) continuano a soffiare sul ‘fuoco amico’ che circonda Bersani.

Lo scontro tra l’ex leader Ds e Vendola è emblematico di un rapporto sul piano inclinato. E l’accusa di Vendola che dice a Veltroni di rappresentare “una destra col loden” viene rispedita al mittente con l’aggiunta di un caso politico che proprio Veltroni apre sul tavolo della segreteria del Nazareno. Bersani è costretto a barcamenarsi e a dire che il Pd sostiene e sosterrà lealmente il governo del Prof. ma ciò non significa restare sordi di fronte ai problemi sociali.  

La mossa di Alfano per Casini contiene in sè il progetto al quale il segretario Pdl lavora da tempo, col placet del Cav. che guarda al grande partito dei moderati come al sogno da realizzare, all’opera berlusconiana a lungo incompiuta, da realizzare in questo tempo. E il tempo del governo tecnico rappresenta l’ombrello istituzionale e temporale sotto il quale costruire le fondamenta del Ppe italiano. Fin qui nulla di nuovo, il punto è che da Casini arriva una doccia fredda. Il leader Udc che rivendica la golden share dei moderati non ha ancora deciso (o non vuole per il momento) se mollare il freno a mano. All’invito di Alfano risponde così: “Bisogna intendersi su cosa significa essere moderati. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un populismo e una demagogia che sono l’esatto contrario del messaggio di responsabilità che viene oggi da chi sostiene Monti. I veri moderati non possono più essere disponibili al populismo e alla demagogia del passato”.

E’ un messaggio più che all’indirizzo di Alfano col quale il dialogo resta aperto, ai colonnelli aennini buona parte dei quali vedono come fumo negli occhi l’idea di traghettare il Pdl in un contenitore decisamente piantato al centro e non hanno mai digerito il sostegno a Monti (basta ricordare il pressing di qualche mese fa sul Cav. per tornare al voto e sbarrare così la strada al governo tecnico ‘benedetto’ dal Colle).

Che siano in corso grandi manovre nel centrodestra per dare gambe alla versione italiana del partito popolare europeo è cosa certa e non da ora, semmai la novità che si commenta in Transatlantico sta nel tentativo di un graduale riavvicinamento tra Pdl e Fli. Secondo molti deputati pidiellini nei giorni scorsi ci sarebbe stato un contatto tra Alfano e Fini (del quale ha dato conto sabato il Foglio) e pure tra gli ex aenne c’è chi come Alemanno non appare insensibile alla ricucitura dello strappo del “che fai mi cacci?” di un anno e mezzo fa. Lo stesso Alemanno insieme a Ronchi spingono Alfano a ricostituire l’area moderata coi centristi “senza tentennamenti”. Non la pensano così Matteoli e La Russa, convinti che il segretario Pdl debba piuttosto preoccuparsi di consolidare il partito nato dall’unione tra Fi e la destra, preparandolo all’appuntamento elettorale del 2013.

E’ il nodo che Alfano dovrà sciogliere, facendo sintesi delle diverse sensibilità che convivono in un grande partito e mediando rispetto alle posizioni più oltranziste di alcune componenti aennine non solo sul sostegno a Monti e sul fatto che nel 2013 a Palazzo Chigi dovrà esserci un governo politico, ma anche sulla linea considerata ‘troppo soft’ del numero uno di Via dell’Umiltà.

A un convegno sul futuro del centrodestra, Matteoli non usa giri di parole quando definisce il governo di Monti “un carro armato” che “finge di ascoltare i partiti e i loro leader” ma poi va dritto per la sua strada. La Russa non si sbilancia sull’esecutivo ma dice chiaro che serve rilanciare il progetto da cui ha preso origine il Pdl: un ragionamento che indirettamente svela la sua ritrosìa a un ressemblement coi centristi di Casini.

Diametralmente opposta la visione del sindaco di Roma che vorrebbe accelerare per “aprire una costituente popolare con chi si riconosce in un grande centrodestra europeo”. Unica via, pare di capire, per “rigenerare i partiti” e rilegittimare la politica.  Tesi condivisa da Ronchi, il quale fa appello ad Alfano affinchè faccia decollare una costituente popolare dal momento che “questo Pdl non può affrontare così la sfida del dopo governo tecnico. Non bastano le parole, i tempi stringono”. La preoccupazione ci sta tutta: tra un anno saranno i partiti a tornare dagli elettori. Con o senza Monti.