Alfano striglia i frondisti, il Cav. resiste, Fini chiede un nuovo premier

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Alfano striglia i frondisti, il Cav. resiste, Fini chiede un nuovo premier

12 Settembre 2011

Giorni complicati per la politica, a Roma come a Bruxelles. Col fiato sospeso sul fronte economico finanziario. Il responso delle Borse alla manovra varata dal Senato che domani si vota a Montecitorio, la strigliata al governo italiano della Merkel pressata dalla sua maggioranza e le dimissioni di Stark dalla Bce con effetti politici nel delicato scacchiere dell’Eurozona sono alcuni dei post-it della settimana che si apre e che proprio ieri ha registrato un tasso alto di fibrillazione.  

Governi alternativi, elezioni anticipate, maggioranza alla prova del nove, vicende giudiziarie. Da Atreju al messaggio ai Promotori della Libertà, il premier ripete che non intende mollare, che condurrà in porto la legislatura e difende l’azione di governo, a cominciare dalla manovra: meglio di così non potevamo fare nelle condizioni date. Quanto alle inchieste di Bari e Napoli ripete che è solo fango contro di lui. Domani non vedrà i pm napoletani a Palazzo Chigi che intendono sentirlo come persona informata sui fatti nell’affaire Tarantini-Lavitola: ufficialmente sarà a Strasburgo e a Bruxelles per spiegare a Barroso e Van Rompuy la validità della manovra e confermare gli impegni assunti sul pareggio di bilancio, ma anche per dire – in particolare alla Germania – che l’Italia non è la Grecia. Iniziativa che ha riacceso le polemiche e fatto alzare l’indice dell’opposizione contro un premier ‘in fuga dai pm’. Strategia difensiva, replicano dalla maggioranza di fronte all’ennesimo tentativo di ‘buttarlo giù per via giudiziaria’. Clima arroventato.  

Ma è nel Pdl che si riapre un nuovo fronte di polemiche e veleni, coi malpancisti che sui giornali fanno a gara a chi invoca di più e meglio il passo indietro del premier. E’ un fronte delicato, col quale il Cav. dovrà fare i conti, stretto nel pressing di chi – dentro e fuori il centrodestra – ripete il mantra del passo indietro. La manovra è il nuovo leit motiv per invocare governi tecnici o transizioni morbide. Angelino Alfano prova metterci una pezza perchè se sa che la corrente, trasversale, dei frondisti può trasformarsi in un correntone e in un momento così delicato è bene chiudere subito le polemiche. Lo fa ad Atreju, la festa dei giovani del Pdl quando dice che “è ora di smetterla, con la gara a chi dà la martellata più forte in uno “scontro tra di noi” nelle interviste sui giornali. L’obiettivo è esattamente l’opposto: rilanciare l’azione del partito e del governo che “durerà fino al 2013”.

Da questo punto di vista, le primarie per il candidato premier restano un tema di confronto ma Alfano non ci si vuole impiccare e anche qui prova a chiudere il discorso con un diplomatico “ne parleremo quando sarà il momento”. Eppure davanti a lui Giorgia Meloni (patron della manifestazione) ripete che servono e Formigoni da Milano insiste: vanno fatte anche se Berlusconi si dovesse ricandidare perché rafforzerebbero la sua leadership. Ma il fuoco di fila ieri ha riempito le pagine dei quotidiani con l’intervista di Flavio Tosi, sindaco di Verona, ma soprattutto con la bordata di Renata Polverini che invita “le persone illuminate del Pdl” a “dire in faccia al premier che esiste una soluzione alternativa”, considerato che a questo punto “ha perso credibilità e reputazione”. Parole pesanti che la governatrice del Lazio rivolge senza tanti complimenti proprio a colui che le ha permesso di salire alla Pisana in quella sconclusionata campagna elettorale dalla quale Fini si smarcò subito e il Pdl si avvitò nel pasticcio delle liste elettorali.

Polverini, ma anche Alemanno: al segretario del Pdl chiede di andare subito alla verifica con la Lega; ringrazia il Cav. per quanto fatto fin qui ma fa intendere che è l’ora dei titoli di coda: servono primarie per indicare un nuovo premier. La replica di Alfano è tranchant: chi non crede al Pdl, si metta “a bordo campo” e lasci giocare la partita “a chi ha voglia di vincere”. Perché il Pdl deve essere un ‘partito di militanti con la fede, pronti a combattere’ e per garantire che “la passione venga prima della poltrona” ben vengano le primarie per tutte le cariche, ribaltando la prospettiva: dai “calati dall’alto” agli “spinti dal basso”. Quanto alla premiership se ne discuterà “quando sarà il momento”, tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013.

Nel frattempo si può ragionare sulla legge elettorale ma facendo attenzione a non farsi “fregare” da certa sinistra che ha in mente di cancellare “la più grande conquista di Berlusconi”: l’indicazione, già al momento del voto “di chi sarà il premier e di quale sarà la maggioranza che governerà”. Alfano è convinto che il governo arriverà alla fine della legislatura realizzando quella riforma costituzionale della giustizia, necessaria per ripristinare il giusto “equilibrio” tra poteri dello Stato. E sul suo futuro che il Cav. ha già disegnato a Palazzo Chigi, Alfano ringrazia della “generosità” il premier ma ribadisce che per ora deve “fare bene il segretario, poi chi vivrà vedrà”.  

Il governo alternativo. E’ il mantra di Bersani, Cesa e Fini. Il presidente della Camera torna a Mirabello un anno dopo lo strappo col Cav. cui seguì la rottura definitiva a Bastia Umbra. Stessa spiaggia, stesso mare ma lo scenario è completamente mutato, anche per gli errori tattici e strategici commessi da Fini in tutti questi mesi. Conferma la bontà della scelta e dell’indice puntato in faccia al premier (il ‘che fai mi cacci?’) ma con la stessa chiarezza dovrebbe riflettere sul fatto che oggi guida un piccolo partito che ha perso per strada parlamentari e militanti, ma che soprattutto, vive di luce riflessa: quella di Casini vero leader del Terzo Polo.

Il ragionamento davanti ai militanti è: Fli non fa il tifo per il ribaltone, perché il Pdl ha il diritto di governare, ma ha anche il dovere di accorgersi che non può difendere a oltranza l’indifendibile, rinchiudersi nel bunker”. Per Fini serve una nuova svolta e per favorirla “noi ci assumeremo le nostra quota di responsabilità, ma non entrando nel governo”.Insomma, Fini è pronto a fare la sua parte, a stare più vicino al suo partito. Tuttavia, non lascerà il ruolo di presidente della Camera e dunque non si metterà alla guida della macchina che “abbiamo costruito”, come gli chiedono Bocchino e Granata. Della serie: armiamoci e partite.