Alfie, niente da fare: i medici continuano il piano di morte
24 Aprile 2018
di redazione
“Questa sera l’Alta Corte ha di nuovo ordinato che è nel miglior interesse di Alfie continuare con il piano di cure per la fine della vita elaborato dal team clinico che lo ha curato finora. La nostra priorità pertanto è di assicurarci che Alfie riceva le cure che merita per assicurargli comfort, dignità e privacy e mantenerle fino in fondo. Questo include lavorare a stretto contatto con Kate e Tom così che possano passare con lui questo tempo prezioso”. Questo è il comunicato diffuso dall’Alder Hey di Liverpool. In pratica i medici confermano di voler continuare il piano di morte per Alfie.
Intanto il piccolo, con grande stupore da parte di tutti (in primis dei medici) già da 24 ore respira autonomamente. Alla luce di ciò, non si comprende bene in che modo e su quali basi i medici abbiano intenzione di proseguire il suo piano di “fine vita”.
Tutto questo in seguito alla decisione del giudice dell’Alta Corte britannica Anthony Hayden che ha confermato il no al trasferimento del piccolo Alfie in Italia definendo l’udienza di oggi ome “l’ultimo capitolo nella storia di questo straordinario bambino”. Un verdetto che non apre spiragli neppure alla richiesta del legale dei genitori di riesaminare l’opzione italiana fra un paio di giorni nel caso in cui i medici non consentano di portare Alfie a casa. I medici dell’ospedale Alder Hey di Liverpool, infatti, si sono riservati di valutare se consentire che Alfie Evans venga riportato a casa dal padre e dalla madre: “A casa non prima di 3-5 giorni” dichiarano. In questo caso si prospetterebbe una sorta di “obbligo di dimora” pur di non mandarlo in Italia. Ma Alfie ora è cittadino italiano. Oggi il Cdm ha confermato il conferimento della cittadinanza italiana.
“Il cdm, su proposta del Ministro Marco Minniti, ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, ha deliberato il conferimento della cittadinanza italiana ad Alfie Evans, nato a Liverpool (Gran Bretagna) il maggio 2016, in considerazione dell’eccezionale interesse per la Comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici, nella tutela di preminenti valori umanitari che, nel caso di specie, attengono alla salvaguardia della salute”. E’ quanto si legge nel comunicato diffuso al termine di una riunione lampo del Consiglio dei Ministri. In ogni caso, fuori dall’ospedale rimane sempre a disposizione un mezzo attrezzato con i medici del Bambin Gesù pronti a portare via il piccolo.
A margine di una conferenza stampa al Ministero della Salute, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi ha ricordato che “spesso le modalità di decisione dei colleghi inglesi sono molto rigide e legate a criteri economico-gestionali” e rispetto al caso di Alfie “ci sono tanti modi più umani di gestire questa situazione: i modi con cui i colleghi inglesi lo hanno fatto sono scioccanti e anche un po’ disumani”.
Tutto questo dopo che mamma Kate e papà Thomas hanno trascorso tutta la notte accanto al loro piccolo Alfie Evans praticandogli la respirazione bocca a bocca. “Ad Alfie è stato assicurato l’ossigeno e l’acqua! E’ sorprendente. Non importa cosa succederà, ha già dimostrato che i medici si sbagliano”, ha scritto mamma Kate su Facebook. Uscito per qualche minuto dall’Alder Hey hospital di Liverpool per incontrare i giornalisti, Thomas spiega: “Va ancora avanti e resiste bene come può, ma presto avremo bisogno che riceva assistenza”. A suo parere, i medici che hanno eseguito la sentenza della Corte d’Appello si aspettavano che il bambino sopravvivesse non più di dieci minuti dal distacco dai macchinari, non molto di più. Invece è passato un giorno intero. Il fatto che Alfie continui a respirare porrà a breve anche il problema di come nutrirlo visto che – stando agli stessi medici – il bambino non è in grado di ricevere cibo senza assistenza esterna.
Ora si attendono nuovi sviluppi. I gruppi di preghiera per Alfie si sono moltiplicati, con la speranza che tutto il lavoro profuso per salvare il piccolo non vada perduto.