Alla Cina la democrazia in Myanmar rischia di costare molto (petrolio)

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Alla Cina la democrazia in Myanmar rischia di costare molto (petrolio)

05 Maggio 2012

La Cina rischia di perdere una delle perle più preziose del suo collier. La svolta democratica del Myanmar potrebbe infliggere un duro colpo all’influenza cinese in Asia orientale, l’area economicamente più dinamica del mondo. Negli ultimi due decenni Pechino ha messo in piedi un complesso network di alleanze che corre dalle isole Seychelles fino al Sud-Est asiatico.

La Cina spende e spande in spese militari per dotarsi di una marina “blue water”, cioè con una capacità militare di respiro oceanico e non solo costiero. Uno efficace strumenti di pressione e deterrenza capace di proiettare le proprie forze dall’Oceano Indiano al Pacifico. Tutto questo serve per proteggere il “filo di perle”.  Una struttura fatta di relazioni politico-commerciali con i paesi della fascia costiera asiatica che va dal Mar Rosso fino all’Indonesia.

Una catena per assicurarsi il controllo delle rotte commerciali e per garantirsi l’ approvvigionamento energetico. Il “filo di perle” costituisce per  Pechino un’importante rete di punti d’appoggio portuali lungo la cruciale rotta commerciale che si snoda tra il Canale di Suez e lo Stretto di Malacca, attraverso la quale transita circa il 40% del commercio globale.

I porti di Gwadar, nel Balochistan pakistano, gli scali di Hambantota nello Sri Lanka, quello di Chittagong in Bangladesh, e l’avamposto realizzato su una delle isole Coco sono un vantaggio notevole per i cinesi nella corsa al controllo delle rotte marittime. Perno di questa strategia sono gli scali marittimi di  Akyab, Cheduba e Bassein in Myanmar.

Sul piano economico e strategico il paese delle pagode è una pedina  chiave  per la Cina. E’ stato lo stesso premier Wen Jiabao, nel corso di una sua visita ufficiale a inaugurare due importanti progetti sino-birmani, un oleodotto e un gasdotto. Il primo  verso Kunming, la capitale della provincia cinese  dello Yunnan, il secondo verso le province meridionali di  Guizhou e di Guangxi.

Pechino punta su una strategia volta a diminuire la quota delle importazioni energetiche che attraversano lo stretto di Malacca. In questa formula rientra la costruzione di un terminal petrolifero nello stato birmano di Arakan sul golfo del Bengala dove il numero uno cinese degli idrocarburi, Cnpc ( China National Petroleum Corporation), sfrutta giacimenti offshore. Diversificare le rotte di gas e petrolio è una priorità strategica per Pechino.

Significa rendersi meno vulnerabili e garantire gli approvvigionamenti anche in caso di conflitti o crisi regionali. La certezza dei rifornimenti energetici è una questione di interesse vitale per i decisori di Pechino. Da questi dipende la possibilità di far correre l’economia cinese, presupposto su cui si fonda la legittimità del regime comunista. Con la “primavera birmana” e l’arrivo in parlamento di Aung San Suu Kyi.

Pechino potrebbe perdere il ruolo di interlocutore privilegiato del governo di Naypydaw. L’’ex-generale Thein Sein sta pilotando dall’alto un processo di democratizzazione dagli esiti ancora incerti ma l’unico capace di non far sprofondare il paese nella povertà. Un’abile mossa di real politik per garantire la permanenza al potere della casta dei militari (magari in guisa di convinti democratici). La giunta militare mira a reinserire il Paese nelle relazioni internazionali. E i primi risultati già si vedono, così come i primi investimenti stranieri. 

L’apertura di Thein Sein verso il premio Nobel per la pace è tutt’altro che una questione formale. Ma l’ingresso in Parlamento del partito di Aung San Suu Kyi non metterà in pericolo il potere dell’esercito, ma conferirà legittimazione a quest’organo.  La Cina non osteggia le riforme poiché non ha solo da guadagnarci da una maggiore stabilità interna in Myanmar. Ma se il paese si aprirà ulteriormente agli investimenti occidentali gli spazi di manovra per le compagnie cinesi si restringeranno.

Per questo la Cina si sta guardando altrove per diversificare le fonti del suo approvvigionamento energetico. Grande importanza potrebbe avere la Russia. Negli ultimi anni i due governi hanno firmato accordi di cooperazione in campo petrolifero trasformando un ex confine di guerra in una nuova frontiera del business degli idrocarburi. Per aggirare lo stretto di Malacca, la Cina guarda anche oltre il Pacifico.