Alla Costituente del Pd suoni, musiche e Veltroni

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Alla Costituente del Pd suoni, musiche e Veltroni

26 Ottobre 2007

Una buona dose di musica ed entusiasmo, un pizzico di scenari politici, possibilmente vaghi e ottimisti, la celebrazione del ritrovato quadretto familiare, con tutti i candidati schierati accanto al “prescelto”, Walter Veltroni. Il tutto condito da un pugno di leadership e, soprattutto, da una robusta esposizione mediatica.

Si presenta così il varo dell’assemblea costituente del Partito Democratico che domani a Rho, al padiglione 16 della Fiera di Milano, aprirà i battenti, riunendo la sconfinata pletora di costituenti, quasi tremila, in arrivo da ogni parte d’Italia. Una costituente che assomiglierà molto più a una grande passerella o a un grande, gioioso rito di espiazione delle asprezze messe in campo durante la campagna elettorale delle primarie, che a un vero e proprio consesso politico. Gli organizzatori promettono che la kermesse si attesterà su toni quantomai sobri, e la conferma viene dal mandato in tal senso consegnato all’architetto Roberto Malfatto, l’uomo che da sempre si occupa della declinazione scenografica del cammino politico del sindaco di Roma.

Sulla scaletta degli interventi si è molto discusso, nelle stanze del Pd, tra dirigenti, leader ed ex leader di partito. A nessuno sfuggivano i problemi connessi al significato politico-simbolico del cerimoniale. Alla fine si è giunti a una faticosa risoluzione. Ad indicare la rotta saranno solo il premier e presidente del Pd Romano Prodi e il neosegretario Walter Veltroni. Chiunque, anche se invitato ad interventi stringati, potrà prendere la parola, ma sul palco non saliranno per parlare né i quasi ex segretari Piero Fassino e Francesco Rutelli, né i ministri.  Parleranno, invece, gli ex candidati alla guida del Pd, come Rosy Bindi ed Enrico Letta, e poi i volti nuovi, che con il Pd si affacciano per la prima volta alla politica, come i sedicenni che il 14 ottobre hanno avuto l’esordio del voto.

Dopo l’apertura del premier Romano Prodi, che farà un intervento politico e nominerà un ufficio di presidenza, sarà la volta di Veltroni. Una relazione che suscita attesa e che spazierà dalla forma partito alle riforme necessarie al paese. Riforme da realizzare assicurando il pieno sostegno del Pd a Prodi – come il sindaco di Roma non si stanca di ribadire ogni giorno  – per far capire che con il premier c’è piena sintonia e che i rischi di dualismo non ci sono. Veltroni dirà verso quale riforma elettorale il Pd deve provare ad andare, cercando l’intesa con l’opposizione. Le pressioni provenienti dai suoi alleati per convincerlo ad appoggiare il tentativo di trovare un accordo sul modello tedesco sono state fortissime. Ma il primo cittadino capitolino non si scosterà dalla linea già enunciata in passato. Occorre una legge con tre caratteristiche, dirà Veltroni. Una riforma che riduca la frammentazione, che non costringa i partiti in coalizioni non omogenee e garantisca agli elettori il diritto di conoscere le coalizioni prima del voto. Fedele al suo imprinting “buonista”, Veltroni parlerà di un modello “tedesco corretto”. Ma lui per primo sa bene che prevedere un meccanismo premiale che spinga a formale le coalizioni prima del voto equivale a disinnescare lo spirito di quella riforma che molti vorrebbero. La mediazione con molti suoi alleati (Rutelli in primis), insomma, su questo punto appare pressoché impossibile.

Nell’agenda della prima riunione dell’assemblea ci sono, naturalmente, molte altre priorità. La rutelliana Linda Lanzillotta pone sul tappeto il tema delle alleanze del futuro Pd «da definire sulla base dell’agenda politica del programma proposto dal partito maggioritario». Mentre il sindaco di Venezia Massimo Cacciari si compiace perchè i colleghi del Pd «almeno hanno capito, facendo l’Assemblea a Milano, che il problema è nel nord» e chiede che il Pd «sia autenticamente federale». A tutte queste domande e alle altre, che emergeranno da circa tre ore di dibattito, il leader del Pd darà una risposta, tirando le fila alla conclusione dell’assemblea. Il tutto corredato da due ratifiche di peso: quella di Dario Franceschini e Mauro Agostani, rispettivamente numero due e tesoriere del nascente partito. Quanto ai 2800 costituenti la loro partecipazione reale sarà molto blanda. Al massimo formeranno qualche commissione per poi riaggiornarsi a Roma, il primo dicembre, dove si comincerà a fare sul serio. Sempre, però, che a quella data il governo Prodi sia ancora in carica e lo scenario politico non sia radicalmente cambiato.