Alla Fiera della Brambilla la politica è Berlusconi
07 Ottobre 2007
La promessa del Cavaliere è “una quota rilevante delle candidature a chi tra le nostre strutture collaterali avrà saputo distinguersi”; la missione, nell’immediato, è il reclutamento di un esercito di “difensori del voto” dotati di professionalità e dialettica. Più prosaicamente, di un gruppo di scrutatori da schierare nei seggi alle prossime elezioni.
Che fossero in quindicimila (come sostiene Michela Vittoria Brambilla) o in ottomila (come assicurano osservatori più disinteressati che il padiglione lo guardavano dal fondo e non dal palco d’onore), la kermesse dei Circoli della Libertà andata in scena alla Nuova Fiera di Roma ha fatto oggettivamente chiarezza. Ha chiarito innanzi tutto che il capitale umano di cui l’associazione si nutre è quello (provvisoriamente?) drenato dalle retrovie di Forza Italia, alimentato dalla non impegnativa retorica d’opposizione ad un governo in disfatta, riscaldato per mezzo pomeriggio dalla presenza di un leader – Silvio Berlusconi che nel benedire la riuscita dell’iniziativa (cui il suo staff di fedelissimi ha contribuito in maniera robusta se non determinante) sembra aver marcato allo stesso tempo ruoli e distanze.
Per dare un senso al “D-day” è utile partire da una frase che MVB ha affidato telefonicamente alle agenzie di stampa al termine della convention: “Dov’è la differenza tra noi e un partito? Questo ancora non lo sappiamo…”. Difatti il colpo d’occhio all’interno del padiglione 8 trasmetteva una inequivocabile sensazione di “già visto” per chi avesse avuto la ventura d’aver messo piede in un qualunque raduno provinciale di Forza Italia: l’azzurro e il tricolore dell’imponente scenografia, la sfilata dei presidenti dei Circoli a ripetere “Viva l’Italia, viva la libertà”, la lunga requisitoria della “rossa di Lecco” passabile per presenza scenica (in pantaloni, come suggerito dal Cav) ma assolutamente deludente sul piano dell’elaborazione concettuale e della formulazione di proposte e ricette inedite. Giù le tasse, più sicurezza, realizziamo le infrastrutture, basta con in fannulloni, vogliamo il nucleare e i rigassificatori. E poi?
“I Circoli, dopo essere nati, hanno bisogno di un programma sostenuto per continuare ad esistere”, ammetterà poco dopo Berlusconi sul palco, a dimostrazione che una lacuna c’è, e non è di poco conto. E ancora: “Abbiamo bisogno – occhio agli aggettivi possessivi – della vostra passione e della vostra forza che si aggiunga alla nostra”. L’invito è a sostenere, da “protagonisti della rivoluzione liberale”, il sogno di un grande Partito della Libertà. Ma se il ruolo che in questo progetto viene assegnato ai circoli è quello non residuale ma ben circoscritto di coagulo di un consenso moderato che sfugga alle maglie dei partiti, lascia perplessi il tentativo – certamente non intenzionale ma assolutamente evidente – di scimmiottare nelle formule e nella retorica proprio quel partito nei confronti del quale MVB è stata implicitamente invitata a ritirare il guanto di sfida.
I pochi che ancora si aspettavano un’investitura ufficiale da parte del Cavaliere, al di là delle formule di circostanza saranno rimasti delusi. E anche i ragazzi dei Circoli del Buon governo (l’organizzazione politico-culturale animata da Marcello Dell’Utri), arrivati alla Fiera di Roma “per osservare e per capire perché Berlusconi i Circoli della Brambilla li sostiene e i nostri no”, hanno lasciato la kermesse con gli stessi interrogativi con i quali vi erano giunti.
Il bilancio sarà parso deludente, per chi si era fatto illusioni. “Avevo sempre detto che intendevo giocare a carte scoperte e non vedevo l’ora”, ha spiegato Michela Brambilla contattata dai cronisti a fine manifestazione. Se le carte sono quelle calate in campo sabato pomeriggio, la sensazione è che del poker d’assi non ci fosse neppure l’ombra. Dell’antipolitica s’è vista la tendenza al qualunquismo ma non l’afflato: dimostrazione che se l’onda lunga del ribellismo in crescita dovesse mai abbattersi sul centrodestra, gli argini eretti dalla Brambilla crollerebbero all’istante e i circoli avrebbero fallito la missione che nel pieno delle polemiche estive aveva in qualche modo giustificato e legittimato la loro esistenza. Della politica – più precisamente di Forza Italia – s’è visto non solo lo stilema comunicativo, viziato però da un evidente deficit di approfondimento, ma anche l’identità antropologica di un bacino umano di riferimento, che in più occasioni, dalla platea, ha dimostrato d’esser là più per il leader del partito azzurro che per la rossa presidentessa dei Circoli della Libertà.
Del resto, se la promessa che ha scaldato i cuori del popolo della Fiera di Roma è qualche posto in lista alle prossime elezioni, il sogno d’essere diversi, distinti e distanti s’è rivelato un abbaglio. A Forza Italia sta ora indicare una strada comune e convincente per tutto il centro destra, affluenti compresi.