Alla fine anche Veltroni s’è fatto un film: il Pd
25 Giugno 2007
Tutto lo scrupolo e l’ambizione del progetto di Walter Veltroni di scendere in campo per la leadership nazionale si possono misurare nell’opportunità di scegliere Torino come luogo dell’investitura. In questo modo egli ha inteso uscire dai confini della Capitale, emancipandosi dal ruolo di super sindaco, per legittimare la sua discesa in campo al Nord e recuperare alla source del suo impegno il deficit, in termini di consenso e identità, che il Settentrione oggi rappresenta per il centrosinistra e che domani, a maggior ragione, potrebbe rappresentare per un candidato avvertito come “romanocentrico”.
Di Veltroni si conosce molto ormai e in questi giorni sono state ulteriormente messe in risalto le caratteristiche del suo personaggio. L’intelligenza eclettica, l’essere transumante ai tempi e agli spazi della politica, il buonismo ecumenico, il governo estetico ed iconoclasta di Roma, il popolarismo edonista. Il Veltroni way of life, si è cosi affermato in questi anni come modello esemplare, capace di integrare amministrazione e consenso, territorio e carisma in un’unica umanità politica. il Veltronismo appunto. E se per i suoi numerosi estimatori il veltronismo è virtuosismo allo stato puro, per gli osservatori critici il modello si riduce ad una macchina comunicativa e strategica altamente performante che tuttavia cela la precarietà dei contenuti e dell’azione amministrativa. La Roma di Veltroni cioè come una cattedrale barocca dalle facciate sontuose, ma affaticata e fatiscente nelle sue navate. Al di là delle simpatie e del gradimento però a Walter Veltroni va riconosciuta una certa avvedutezza. In questi anni egli ha saputo ben orientare la sua parabola e più di una volta ha così finito per volgere in favore di percorso, gli incroci che il destino gli ha posto innanzi.
Veltroni oggi è lì dove si immaginava che fosse a questo determinato punto della storia. È lì a giocare la partita più importante proprio come egli aveva desiderato in cuor suo e, non di meno, lucidamente pianificato nella propria testa. Ha lanciato e governato con accortezza e tempismo la sfida del Partito Democratico, a cui da perfetto “italian radical” anelava da tempo. Ora dopo aver scritto la sceneggiatura si candida a diventarne l’attore principale. Del resto il suo patrimonio di consenso personale e mediatico, certificato dai sondaggi in cui ha sempre distanziato di gran lunga gli altri concorrenti alla guida del Pd, è apparso sempre di più necessario per arginare la crisi di sfiducia che investe drammaticamente il governo e che di riflesso stava iniziando a contaminare, sin dalla sua costituzione, anche il nuovo soggetto politico.
Dunque Walter Veltroni è stato investito di una missione salvifica in un momento di grande difficoltà tanto che è stata proprio la classe dirigente sul campo a conferirgli, prima di aver la sicurezza di perdere definitivamente la battaglia e quindi tentando di conservare le consegne, i galloni del comando.
Veltroni, adesso, incarna dunque il carisma del riscatto e del rinnovamento e questo gli permette di presentarsi autorevolmente come leader delle nuove generazioni e di quella società civile oltre i partiti a cui guarda il P.d.
Anche la probabile scelta del ticket con Franceschini va in questo senso sia in termini di scarto generazionale sia nella pretesa di recuperare lo spirito di integrazione del cattolicesimo sociale.
Il viaggio in treno verso e i luoghi dell’anima, la liturgia del ricordo di Don Milani, l’incontro umanamente inteso con la gente, il leit-motiv dell’”I Care”, sono già quindi fattori peculiari nell’identificazione della mission veltroniana, e del resto non è mistero come nella biografia, prima ancora che nella politica, del nuovo leader democratico, confluiscano marcate suggestioni, e un’esibita iconografia, dell’idealismo kennediano e ghandiano.
Per tutti questi motivi, e innanzitutto per la comprovata attitudine di Veltroni a presentarsi come incarnazione di una missione speciale e necessaria (ieri per Roma, oggi per il Pd, domani per il Paese), bisogna assolutamente prendere atto che qualcosa potrebbe cambiare rispetto all’attuale scenario. Ed in questo senso e rispetto a questo nuovo corso delle forze progressiste (disposte fatalmente a superare l’esperienza di governo Prodi e rimettersi in gioco nel breve periodo) che la Cdl dovrà evolvere e costruire la sua forza di reazione.
Fini ha ragione quando avverte che la scesa in campo di Veltroni non si può ricondurre ad una semplice operazione di vernissage, ma che invece rappresenta un sommovimento più profondo e da questo tipo di convinzione si deve ripartire, nel riorganizzare l’azione strategica. Dopo tanto parlarne e dopo la convegnistica dedicata, potrebbe aiutare proprio la dinamica francese e la fenomelogia dell’elezione di Sarkò.
La Cdl per levare progressivamente l’ossigeno alla fiamma del Pd e del suo nuovo leader, dovrà stare ben attenta, cioè, a non lasciare l’esclusiva del cambiamento e del rinnovamento al progetto veltroniano. Occorre accogliere senza imbarazzi e reticenze di sorta la sfida della modernizzazione politica, incentivare i processi di aggregazione in corso, e rinnovare la morfologia della legittimazione con formule di mobilitazione dell’elettorato già al momento della selezione della leadership.
Berlusconi unico autentico carisma popolare dovrà essere affiancato in quest’azione di rilancio dagli altri dirigenti della Cdl, facendo confluire verso una nuova e più forte alleanza programmatica tutte quelle risorse, di leadership e di territorio, in grado di contribuire alla causa del centrodestra e al suo utile politico. C’e un grande patrimonio di elettorato e di rappresentanza da non disperdere. E più in generale c’è un intero Paese, da risollevare e rimettere in cammino dopo questi mesi di deprecabile immobilismo.
Solamente se tutte queste istanze saranno affrontate in tempi adeguati e definitivamente mediate in accordo strategico, sarà possibile arrestare le ambizioni del demiurgo Veltroni e, di conseguenza, riproporsi con tutte le carte in regola al Governo nazionale. L’occasione è troppo importante per essere mancata.