Alla fine ne resterà solo uno: chi la spunterà tra Medvedev e Putin?

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Alla fine ne resterà solo uno: chi la spunterà tra Medvedev e Putin?

24 Settembre 2011

Chi avrà le chiavi del Cremlino?  Il premier Vladimr Putin o il presidente Dimitri Medevedev?  Per sabato prossimo sono previsti gli interventi dei due leader al congresso di Russia Unita, il partito guidato dal capo del governo. Putin potrebbe comparire al congresso, in programma a Mosca, già oggi, per partecipare ad alcune sessioni prima della seduta plenaria del giorno successivo. Alcuni analisti non escludono che dagli interventi dei due leader possanouscire segnali diretti o indiretti su chi tra Putin e Medvedev si ricandiderà nella corsa al Cremlino del prossimo marzo.

Quello che è certo che il presidente della Russia sarà uno dei componenti del tandem che sta guidando il Paese. Il terzo incomodo, Michail Prokhorov (il magnate del metallo, detentore della terza fortuna più grande di Russia, con un patrimonio stimato in 18 miliardi di euro) è stato fatto fuori dal suo stesso partito. Quella “Giusta causa” nato con il beneplacito del Cremlino. Il progetto di Prokhorov era stato visto come la solita strategia del Cremlino di creare e pilotare partiti di pseudo opposizione per incanalare i dissensi di determinati settori della società verso partiti leali e controllabili.

Prokhorov ha e sforato il limite di critiche accettabile dalle autorità, con un debutto di campagna elettorale alquanto aggressivo. Adesso avrà più tempo da dedicare alla squadra di basket Nba dei New Jersey Nets, di cui è proprietario.  Che a sedere al Cremlino sia Putin o Medvedev, per la Russia cambia poco. La struttura della “verticale del potere” resta immutata. A dettare la linea resta comunque Putin. Chi sia formalmente il capo è abbastanza irrilevante. La maggior parte degli analisti mette in evidenza come Putin sia più interessato a guidare il Paese piuttosto che a governarlo.

Preferisce fare il deus ex machina e formulare strategie. In questi anni di convivenza al vertice, Putin e Medvedev si sono spartiti i compiti. Il primo si è concentrato sulla politica estera. Il secondo si è dedicato alle questioni domestiche. E’ vero che Putin ha cercato di rafforzare i poteri e il peso specifico del premier ma Medvedev non ha mai ostacolato questo rafforzamento e ha cercato di controbilanciare la manovra dell’ex agente del Kgb spostando l’attenzione sulle questioni interne. 

Tuttavia negli ultimi mesi, il presidente ha prestato maggiore attenzione a ciò che succede oltre i confini della Russia. Dalle sanzioni alla Siria fino alla guerra in Libia, il presidente sembra aver scoperto un certo interesse per gli affari esteri. Ha varato la “dottrina Medvdev”. Toni decisi ma con un atteggiamento meno aggressivo e più accomodante. Un modo di gestire le relazioni internazionali agli antipodi rispetto allo sfoggio di muscoli e all’aggressività di Putin. Al premier questo non è piaciuto e il basso profilo di Medvedev potrebbe spingerlo nuovamente a candidarsi alla presidenza.

Le divergenze tra i due non sono mancate. Per il premier l’attacco a Gheddafi è stata una «crociata». Medvedev lo ha subito corretto e si è messo a rilasciar dichiarazioni sulla primavera araba con una certa frequenza. Ma soprattutto ha preso in mano il dossier Ucraina. Ha spalleggiato con un grande attivismo il presidente filo-russo Victor Yanukovic. Anche se Medevedev dovesse riuscire a  risolvere l’ennesima diatriba con Kiev sulle forniture di gas, questo non gli spianerebbe automaticamente la strada verso il Cremlino. Perché a decidere resta comunque Putin, solo se lui vorrà farsi da parte Medvdedv avrà il via libera.