Alla Freedom Flotilla, più che un viaggio a Napoli, potrebbe servire un avvocato
06 Ottobre 2012
Buon viaggio agli attivisti della Freedom Flotilla III, ospiti per pochi giorni del sindaco De Magistris. Da Napoli a Gaza il viaggio sarà lungo. Molto lungo e magari tutto quel tempo si potrebbe impiegarlo per leggere l’ultimo rapporto pubblicato dall’organizzazione Human Rights Watch (HRW) dove si accusa Hamas di violazione dei diritti umani contro gli stessi gazawi. Nelle 53 pagine stilate dall’organizzazione che si batte per i diritti dell’uomo si denunciano torture per estorcere confessioni e processi iniqui per i detenuti nelle carceri di Hamas, si denuncia l’impunità concessa ai responsabili del servizio di sicurezza del movimento terrorista e quella concessa alla polizia civile, si denunciano arresti senza mandato e di non informare tempestivamente le famiglie sulla sorte dei detenuti mentre pubblici ministeri spesso negano agli stessi detenuti un avvocato.
Approdati a Gaza potrebbero accertarsi della veridicità del rapporto di HRW cercando un incontro con la madre di Abdel Karim Shrair, arrestato e torturato nel mese di agosto 2008 dalle Brigate al-Qassam, braccio armato di Hamas, e trattenuto per tre settimane prima di consegnarlo alla polizia con l’accusa di collaborazionismo con Israele ma sulla base di confessioni che sembrano essere state estorte sotto tortura. La madre di Shrair ha dichiarato a HRW di aver visto suo figlio con gambe e viso lividi, piedi gonfi e sulle braccia segni di corda e sul petto segni di bruciature. Oppure, potrebbero cercare il suo avvocato che ha riferito a HRW che durante le udienze in un tribunale militare il suo cliente mostrava segni di lividi e cicatrici e soffriva di incontinenza.
Nel 2011 un plotone di esecuzione ha ucciso Shrair e la polizia di Hamas picchiò quella madre perché cercava di dargli l’ultimo addio. Se i pirati della Freedom Flotilla non riuscissero a trovare notizie su Shrair, allora potrebbero chiedere chi fosse Nihad al-Dabaki, morto nelle carcere di “chi non resta umano” nel febbraio 2009. Un’indagine interna palestinese scoprì che al-Dabaki era morto a causa del freddo e per le pessime condizioni di salute mentre un’indagine da parte della Commissione indipendente per i diritti umani mostrò che la morte sopraggiunse a causa di "chiari segni di tortura" sul corpo di al-Dabaki. Stessa sorte che toccò Razeq, un altro palestinese finito nel girone giudiziario di Hamas che fece dichiarare dalle autorità competenti di esser morto dopo una caduta da una sedia mentre la famiglia dichiara a HRW che il corpo Razeq aveva lividi sulla testa e sulle gambe, le costole rotte, dopo essere stato era senza un mandato.
Insomma, se l’equipaggio della Freedom Flotilla avrà tempo di leggere quel rapporto forse prenderà coraggio di chiedere anche ad Hamas di “Restare Umani”. O magari si convincerà a far salire a bordo un buon avvocato. O un forse un giudice. Infondo se Ingroia se ne è andato in Guatemala, perché De Magistris non potrebbe andare a vivere a Gaza?