Alla prima prova del nove Fini sceglie di non scegliere e si aggrappa a Casini
04 Agosto 2010
Né di qua, né di là. Gianfranco Fini sceglie la via più facile: astensione sulla sfiducia al sottosegretario Caliendo. Che tradotto vuol dire: la tattica al posto della politica. Una mossa in due tempi, da un lato per mandare un segnale a Pdl e Lega, dall’altro per avviare le prove tecniche di terzo polo con Casini, Rutelli e gli uomini di Lombardo.
Oggi a Montecitorio i deputati di Futuro e Libertà hanno questo compito da assolvere, non così per i finiani a governo dai quali, invece, il presidente della Camera si aspetta un no alla mozione di sfiducia targata Idv. Un piano obliquo, insomma sul quale l’ex leader di An si muove nel giorno in cui è chiamato alla prima prova dei fatti, dopo il divorzio dal Cav.
Una mossa che nelle file pidielline viene considerata “discutibile e strumentale”, per due motivi. Il primo: la convergenza tra Udc, Api e Mpa appare come il tentativo di mettere in piedi un rassemblement centrista a trazione meridionale che in caso di elezioni anticipate possa rappresentare un’alternativa a Berlusconi e al tempo stesso garantire a Fini “di muoversi in un’area moderata e assicurarsi la sopravvivenza”; dall’altro rimarcare un “peso politico” specifico rispetto ai numeri della maggioranza e all’autosufficienza del governo, soprattutto alla Camera. Il secondo: si antepone il garantismo alla “manovra politica”.
Un tatticismo che per dirla con Cicchitto “deve fare i conti con due questioni: da un lato i parlamentari del Fli hanno una rappresentanza nel governo Berlusconi e dichiarano di far parte della maggioranza, dall’altro, malgrado tutto, c’è un autentico bipolarismo che, nonostante errori e contraddizioni, continua a dividere le forze politiche principali. Questo bipolarismo si ritrova anche nel voto sulla mozione contro il sottosegretario Caliendo che divide garantisti e giustizialisti”. Fini mette le mani avanti, guai a chiamarlo ‘terzo polo’, meglio ”convergenza” o ”area di responsabilità”, come spiegano Della Vedova e Cesa e Lorenzo Cesa. Meglio chiamarlo confronto tra forze politiche e chiarisce, parlando ai suoi, che non si tratta di un suo progetto.
Dunque non ci saranno “imboscate” alla prima prova dei finiani, ma che il gruppo dei trentatre, nonostante il pressing del presidente della Camera, non viaggi propriamente all’unisono è un dato che in questi giorni è emerso a più riprese. Non solo la divaricazione di posizioni tra falchi e colombe ma anche una certa irritazione per come Fini ha deciso di gestire il caso Caliendo, nonostante la conferma della linea di lealtà al governo e alla maggioranza. Tanto che il parlamentare pugliese Francesco Divella ha già annunciato che oggi non voterà con Futuro e Libertà, ma col Pdl.
E non è un caso se l’ex leader di An nella cena di Farefuturo invita i suoi a “non dare mai pretesti” ai berlusconiani e di “essere parchi nelle dichiarazioni”. Come non è casuale, osservano dalle file della maggioranza, la sollecitazione alla sintesi unitaria che per Fini si traduce in una “necessità assoluta” perché “dobbiamo cancellare ogni distinzione tra falchi e colombe”. Tornando al voto di oggi a Montecitorio, sarà interessante vedere come si comporteranno i finiani che fanno parte del governo, cioè se si asterranno o voteranno compatti con la maggioranza.
Un passaggio non irrilevante dal momento che Fini da giorni ripete che non è un traditore e che sarà leale nei confronti dell’esecutivo. La questione è sul tavolo del premier che ieri a Palazzo Grazioli ha avuto una serie di incontri proprio sul caso Caliendo. Se oggi la somma delle astensioni e dei sì alla mozione – è il ragionamento ai piani alti di via dl’Umiltà – dovesse superare i voti della maggioranza si aprirebbe un problema politico”, perché la soglia minima è quella di 316. “E cosa fa Ronchi, in mattinata partecipa al Consiglio dei ministri e nel pomeriggio sfiducia un suo collega di governo?", è la domanda ricorrente.
Per ora il Cav., è fiducioso sul fatto che in Aula non ci saranno sorprese e sulla tenuta dell’esecutivo, ma questo non vuol dire che non escluda alcuna ipotesi, anche che la situazione possa precipitare. Se da un lato prende atto delle dichiarazioni di lealtà dei finiani, dall’altro rifiuta ogni tentativo di logoramento e tiene a portata di mano l’ipotesi del voto anticipato, come in queste ore ha ribadito a deputati e senatori.
Quanto alla linea dell’astensione scelta da Fini, non ha dubbi nel considerare lo strumento del non voto “un’operazione ambigua”, nient’altro che una tattica di “generali senza esercito”. Una cosa è certa, ripetono dal quartier generale del Pdl: se oggi chi ha incarichi di governo dovesse astenersi “ci saranno ripercussioni” sull’esecutivo. Messaggio per Fini.