Alle elezioni di mid-term Obama capirà quant’è dura la vita nei sobborghi
26 Aprile 2010
Una schiera di belle case monofamiliari con il garage per l’automobile, il cagnolino e l’erba tosata la domenica mattina. Una famiglia, i figli, un lavoro qualificato e non troppo lontano dal posto in cui vivi. Buone scuole, servizi decenti e un’esistenza tranquilla al riparo dalla criminalità. Questo, per molto tempo, sono stati i “sobborghi” americani, nati dalla congestione e dal deterioramento delle condizioni di vita nelle metropoli, che nelle ultime decadi hanno spinto milioni di persone ad andare a vivere lontano dai centri cittadini, complice la motorizzazione di massa che offriva più libertà di movimento sulle strade e le grandi highway inaugurate fin dagli anni Cinquanta dal governo federale. I sobborghi divennero il rifugio della borghesia benestante (e bianca) che difendeva lo standard americano (anche il numero dei sobborghi neri cresceva), ma anche un nuovo modello urbanistico che negli anni Novanta ha dato vita a delle megalopoli come la costa atlantica fra Washington, Boston, Baltimora, Philadelphia e New York, che da alcuni viene considerata un spazio socioeconomico unitario, o lo sviluppo dell’area suburbana di Los Angeles, migliaia di chilometri quadrati con una bassa densità di popolazione (un quinto di quella newyorkese), con un’economia in crescita e tecnologicamente avanzata; nel 1990, la maggioranza della popolazione americana viveva nei sobborghi.
Questo idillio urbanistico negli ultimi dieci anni è finito. Una ricerca pubblicata la settimana scorsa da Brookings indica che il nuovo trend delle metropoli americane, fra il 2000 e il 2008, è stato al contrario la “suburbanizzazione” della povertà. Il numero di poveri che vivono nei sobborghi è costantemente aumentato e la povertà si è allargata tanto da comprendere 1/3 di quella nazionale – nel 2008, circa 92 milioni di persone, il 30 per cento degli americani, viveva ai limiti della soglia di povertà stabiliti dal governo federale o ci stava ricadendo facilmente dentro. Le città della Costa Occidentale, la “Sun Belt” e la Florida sono state le aree suburbane più colpite dalla crisi, con alti tassi di disoccupazione, difficoltà di accedere ai servizi sociali, aumento dei “nuovi poveri” e un peggioramento delle condizioni di vita di quelli vecchi. Un reportage del Christian Science Monitor a Chicago, la città di Obama, mostra che i dati sciorinati da Brookings sono drammaticamente veri. Il reporter del giornale racconta la storia di David Knox, un programmatore informatico che alla fine degli anni Novanta si era spostato a vivere nei sobborghi, aprendo un mutuo con la banca per comprarsi casa, in attesa di godersi una pensione felice. Oggi, lo trovi all’ingresso della sua villetta monofamiliare, accanto alla scritta “In vendita”. Ha perso il lavoro, mentre sua moglie, dopo un incidente stradale, ha bisogno di cure. I due non hanno soldi abbastanza per pagare i medici; David ha dovuto fare una scelta – la casa in cambio della salute di sua moglie. Nel 2008, circa la metà dei poveri di Chicago vivevano nei sobborghi. Per i più critici, la suburbanizzazione della povertà sta generando un deserto culturale, in cui i vicini vengono considerati degli stranieri, giovani, donne e anziani sono virtualmente imprigionati nelle loro case, l’ambiente esterno si deteriora e le gangs e la criminalità avanzano sconfinando dai quartierti multietnici dove si combatte la guerra con le forze dell’ordine.
Il Presidente Obama viene accusato sempre più spesso di avere una cultura e una formazione “urbano-centrica” ed ostile alla filosofia di vita dei sobborghi, e di conseguenza di non fare abbastanza per invertire il trend indicato da Brookings. Nell’aprile del ’90, il “primo presidente nero” della Harvard Law Review lo disse con chiarezza: “Non sono interessato ai sobborghi. I sobborghi mi annoiano. Non m’interessa isolare me stesso dal resto della comunità”. Ma quando poi in campagna elettorale il candidato democratico si è ritrovato davanti a personaggi come Joe the plumber, un classico esempio di "arrabbiato suburbano", Obama ha improvvisamente iniziato a dire che amava i sobborghi e si sarebbe preso cura della popolazione che ci viveva. Negli ultimi anni, alle elezioni per la Camera, i Democratici sono stati premiati da questa fetta decisiva dell’elettorato che in passato aveva tradizionalmente votato repubblicano. Negli anni bui del mandato di Bush (2006-2008), proprio i sobborghi hanno dato all’Asinello la solida maggioranza con cui oggi governa la Camera. Ma in un momento in cui il vero problema non sono più le conseguenze economiche della guerra in Iraq quanto il dissesto provocato dalla grande crisi che ha travolto i mercati finanziari, se i Democratici non dovessero offrire risposte certe alla middle-class rischiano di perdere la maggioranza alla Camera o perlomeno di vederla seriamente assottigliata. Per i repubblicani sarà molto difficile conquistare quei quaranta seggi necessari a rovesciare la situazione, ma almeno la metà dei posti a disposizione, secondo alcuni sondaggisti, potrebbero venire dall’elettorato deluso dei sobborghi.