Alle prossime elezioni il Pdl dovrà presentarsi come il partito dell’Europa
27 Agosto 2012
Un anno fa, a fine agosto, il Paese viveva una situazione drammatica che annunciava quanto sarebbe accaduto pochi mesi dopo con la dimissioni del Governo Berlusconi e l’avvento dell’esecutivo dei tecnici. La manovra varata a luglio non aveva ottenuto la credibilità dei mercati per tanti motivi. Non solo perché il pareggio di bilancio era stato previsto nel 2014, ma soprattutto perché nella compagine governativa, ormai da mesi, coesistevano due linee: una, coerente con gli obiettivi di risanamento richiesti dall’Unione, impersonata da Giulio Tremonti; l’altra più attenta alla crescita, mediante la riduzione della pressione fiscale, sostenuta da Berlusconi, fin da quando il Pdl, nella primavera 2011, aveva dovuto subire una pesante sconfitta nelle elezioni amministrative.
Al dunque, il sempre più marcato dissenso tra il premier e il titolare dell’Economia aveva inciso sulla considerazione dell’Italia sui mercati e tra i partner, nel bel mezzo di una campagna mediatica e giudiziaria forsennata che, da tempo, aveva preso di mira il Cavaliere e tutto il Governo. La maggioranza era in gravi difficoltà: durante tutto il mese di agosto, nonostante il severo richiamo della Bce con la lettera del giorno 5, era esploso un dibattito tra diversi esponenti del Pdl e tra questo partito e la Lega Nord, rendendo molto problematica la chiusura della manovra correttiva, tanto che divenne poi necessario un risoluto intervento del presidente Napolitano ormai ai primi di settembre. La vicenda delle pensioni di anzianità contrassegnò emblematicamente lo stato di impotenza a cui erano giunti l’esecutivo e la maggioranza. Alla fine vennero meno alla Camera anche i numeri di una coalizione che da mesi si era retta grazie alla distribuzione di sottosegretariati.
A quel punto era evidente che la campagna per far cadere Berlusconi aveva avuto successo: il Governo era ormai inchiodato al banco degli imputati, presentato e ritenuto primo responsabile di tutto quanto, in quei frangenti critici, sarebbe potuto accadere al nostro Paese. Ancora una volta Silvio Berlusconi (che ci aveva messo tanto del suo per portare acqua al mulino dei suoi nemici più implacabili) dimostrò una lungimiranza non comune, contenendo le tensioni disfattiste e suicide che, nel partito, chiedevano le elezioni anticipate e consentendo il varo del Governo Monti, a cui non è mai venuto a mancare l’appoggio del Pdl. Grazie al Cavaliere, appunto, le cui presenze a Roma hanno sempre coinciso con i passaggi difficili del rapporto tra Monti e la sua "strana" maggioranza. Il mese di agosto di quest’anno è trascorso senza quei traumi che ci si aspettava all’inizio.
La situazione dell’Eurozona resta in stand by, in attesa di superare – se mai sarà possibile – i problemi ancora tutti aperti. Intanto, si è dimostrato che l’Italia si muove in un contesto molto più ampio di quello in cui qualunque governo può intervenire con le politiche nazionali e che i <tecnici> non sono la soluzione, ma talvolta (come nel caso della riforma del lavoro) costituiscono il problema. Il Governo Monti, comunque, ha perso gran parte della spinta propulsiva, ma, dalla sua, conserva un importante vantaggio: quello di garantire (perché ne è il mandatario) un linea di condotta coerente con l’obiettivo del risanamento dei conti pubblici in armonia con le indicazioni dell’Unione. Noi siamo convinti che l’Europa e l’euro saranno le discriminanti delle prossime elezioni e della scelta di campo delle forze politiche. Ed è chiaro che questa prospettiva è sempre più insostenibile per il Pd e per il suo sistema di alleanze (visto che questo partito deve coprirsi comunque il fianco a sinistra).
Bersani e Vendola proporranno "un’altra" Europa, che non esiste. Ecco perché il Pdl ha interesse a far proseguire la legislatura fino alla sua scadenza naturale, perché la politica dell’attuale esecutivo logora in misura maggiore la coalizione avversaria. Anzi, se l’azione del Pd fosse quella di prendere le distanze dal Governo Monti fino al punto di staccarne la spina (è folle ed irresponsabile l’idea di votare a novembre o a febbraio), il Pdl dovrebbe denunciare questa scelta davanti all’opinione pubblica, caricandone sul Pd le inevitabili conseguenze. Che ci saranno, in termini di spread e non solo. Diciamoci la verità: come possono i mercati fidarsi di un Parlamento che esprime una maggioranza contraria a quanto è stato deciso a livello europeo fino ad ora? Come possono gli osservatori internazionali non guardare con preoccupazione al possibile successo elettorale di un movimento che si è preso l’accusa di fascismo da parte del leader del Pd?
Il Pdl è parte del Partito popolare europeo. Deve essere coerente con questa sua appartenenza. Quali-ficarsi come il partito dell’Unione e dell’euro. E a guidarlo, nella campagna elettorale, deve essere Silvio Berlusconi, il quale ha diritto di essere giudicato dagli elettori e non dalla magistratura militante e dalle lobby. Un capitolo aperto con il popolo italiano nel 2008, deve essere chiuso in modo naturale nel 2013.