All’Iran basta chiudere il rubinetto energetico per lasciare al gelo l’Europa
04 Maggio 2010
Con un crescendo inaudito di pericolosissima intensità, le Guardie Armate della Rivoluzione Islamica procedono apparentemente inarrestabili nella loro funesta azione di controllo pervasivo di qualsiasi settore della vita economica e sociale iraniana. Per la verità, qualcosa in proposito già la sapevamo, ma c’è di più. Negli ultimi mesi i miliziani del regime in più occasioni si sono spinti non solo a lanciare minacce verso quello che per loro è il binomio demoniaco americano-sionista, ma a puntare i loro strali verso l’intera comunità dei Paesi europei. Rei, anche questi ultimi dunque, di seguire regole di vita democratiche e, in quanto tali, potenziali nemici del disegno teocratico di islamizzazione mondiale concepito a Teheran dall’attuale leadership politico-religiosa del duo Ahmadinejad & Khamenei.
In cosa consistono le nuove minacce, è presto detto. Siccome l’Iran è il quarto maggior esportatore di petrolio greggio ed ha le più grandi riserve di gas naturale, il piano tracotante è quello di far passare all’Europa l’inverno più freddo che si ricordi. Come? Semplice: bloccando il passaggio del petrolio attraverso il Golfo Persico e lo Stretto di Hormuz.
Ora, è chiaro che non tutte le minacce si traducono poi in realtà. Anzi, proprio lo stile mafioso (che in Iran si vuole goffamente scimmiottare) insegna che, di solito, gli avvertimenti più gravidi di tragiche conseguenze sono proprio quelli che si danno in sordina, senza strombazzarli troppo in anticipo. E questo sia per motivi di sicurezza da parte di chi sta per mettere in atto il disegno criminoso, cioè per non allarmare inutilmente le vittime designate; sia per motivi di cauta discrezione preventiva, dal momento che la pubblicità gratuita non rientra negli interessi della criminalità organizzata, in quanto diseconomica e controproducente.
E allora, che fare? Lasciar perdere e considerare il tutto un ennesimo bluff o una maldestra spacconata? Non credo. O meglio, diciamo solo che sarebbe preferibile non sottovalutare. Perchè, analizzando il tutto freddamente, è evidente che il caso di un solo Paese che possa mettere seriamente a rischio i bisogni energetici di noi tutti, non è una bazzecola ed è l’Europa intera che sarebbe messa sotto scacco. E questo non lo si può concedere neppure come la più remota possibilità del peggiore scenario prevedibile. Perchè gli autori di questo terribile ricatto sono individui che hanno già dimostrato si sapere come infliggere patimenti estremi sia all’economia che alla vita sociale del loro stesso popolo. Per cui non esiterebbero certo, ove possible, a dare del filo da torcere alle inermi popolazioni europee.
In tutto ciò, c’è infine un’ulteriore aggravante: la minaccia non è anonima, è ufficiale. Arriva cioè tramite l’Agenzia stampa FARS e parla per bocca di un portavoce del Supremo Leader, con toni inequivocabilmente ostili ed aggressivi: “L’influenza regionale ed internazionale dell’Iran è in continua ascesa, mentre i nemici del nostro Paese stanno soccombendo uno dopo l’altro”.
Come reagire al ricatto non è facile dire. Mentre però ci pensiamo, faremmo bene a non scordarci la morale che da bambini tutti abbiamo appreso dalla famosa favoletta di Esopo, poi adattata anche da La Fontaine, della cicala e della formica: se non vogliamo ballare tutti al freddo il prossimo inverno (senza riscaldamento), non possiamo prendere alla leggera chi ce la sta cantando già prima dell’estate (quando i termosifoni sono spenti). Meditiamo gente, meditiamo. E comportiamoci di conseguenza finchè siamo in tempo, ora che la primavera è appena iniziata.
Anche perchè, a ben vedere, qualcuno che saggiamente sta prendendo delle caute ma ferme misure precauzionali, c’è già: Francia e Russia, per esempio, si sono mossi. E nemmeno tanto tempo fa, bensì durante un incontro al vertice svoltosi in marzo a Parigi tra i due Presidenti. Entrambi hanno mostrato di voler prestare molta attenzione alle sfide poste dall’Iran alla comunità internazionale. In particolare, è stato il leader russo Medvedev a stigmatizzare per primo come da parte iraniana siano stati bellamente ignorati i numerosi appelli internazionali rivolti a Teheran di contenere il loro programma nucleare entro ambiti strettamente civili e pacifici, in stretta osservanza dei regolamenti internazionali. Sempre i russi hanno condiviso appieno le preoccupazioni francesi sul tema, dichiarandosi disponibili a collaborare su questo argomento scottante sia con l’Europa che con gli Stati Uniti. E la nostra parte, a Roma come in tutte le altre sedi internazionali in cui istituzionalmente abbiamo diritto a parlare, dovremmo farla anche noi. Prima che sia troppo tardi.