All’Olanda non bastano i tagli alla cultura di Wilders

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All’Olanda non bastano i tagli alla cultura di Wilders

29 Gennaio 2011

Quando Geert Wilders ha vinto le elezioni diventando indispensabile per l’esile maggioranza di centrodestra che guida l’Olanda, in molti hanno temuto il peggio. Wilders solitamente viene percepito come una minaccia per quel che resta della società multiculturale. La grande paura era che la comunità musulmana dei Paesi Bassi reagisse al suo anti-islamismo scendendo in piazza; con grandi marce e tafferugli sotto il parlamento com’è accaduto a Londra quando – alla notizia della visita di Geert – si scatenò un tale putiferio da impedirla.

Invece non è accaduto nulla di tutto questo. Il processo a Wilders prosegue tra alti e bassi, mentre gli immigrati musulmani non sono stati deportati oltre la frontiera come temevano i benpensanti. Se è per questo il capo della polizia di Amsterdam, spalleggiato dal sindaco, ha promesso di fare obiezione di coscienza alla legge contro il burqa anelata da Wilders. Questo per dire quanto sia ricca di contrasti la democrazia olandese.

Ma una reazione Wilders l’ha ottenuta. Lo scorso novembre è riuscito a far scendere in piazza più di 25mila persone. I manifestanti però non erano giovani arabi che protestavano contro la presunta "xenofobia" del chiomato leader arancione, bensì lavoratori dello spettacolo. A fare paura, i tagli alla cultura proposti dal tribuno olandese, che vuole spezzare le reni al gotha liberal che controlla il business dell’alta cultura nel Paese.

La proposta di Wilders è di tagliare pesantemente i sussidi statali al mondo del teatro, dello spettacolo, e a quel frastagliato underground artistico che ha fatto dell’Olanda uno dei centri culturali dell’Europa, favorendo, aggiungiamo noi, la cultura popolare (sport e intrattenimento non saranno colpiti con la stessa durezza). Da qui la resistenza scattata negli ambienti modaioli e nei caffè letterari dei Paesi Bassi, che ha portato alla manifestazione di novembre.

Si può comprendere e perfino condividere la battaglia di Wilders contro lo statalismo applicato alle arti, che spesso fa rima con sprechi, corruzione e nepotismo. Ma prima di pensare a tagliare questi fondi, da Wilders ci saremmo aspettati una azione politica più concreta sui temi che gli hanno dato onori e consenso, l’immigrazione, per esempio. Risposte certe, insomma. Se invece il "fenomeno" dovesse risolversi con una sforbiciata alla cultura, viene da chiedersi se Wilders non verrà ricordato come un Bondi qualsiasi.