Alta tensione tra Udc e Pd sul legittimo impedimento

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Alta tensione tra Udc e Pd sul legittimo impedimento

03 Febbraio 2010

Montecitorio avvia  l’esame sul legittimo impedimento, a Palazzo Madama scoppia la polemica sul ddl che modifica le procedure sull’utilizzo delle dichiarazioni dei pentiti di mafia. Torna alta la tensione sulla giustizia tra maggioranza e opposizione. E non solo.

Se alla Camera l’Udc dice sì al provvedimento che consentirà al premier e ai ministri di rinviare le udienze nelle quali sono imputati incassando gli strali di D’Alema e Di Pietro, il Guardasigilli Angelino Alfano boccia la proposta di legge firmata dal senatore Giuseppe Valentino  (Pdl) bollandola come “iniziativa personale, fuori dal programma di governo". Alla Camera si procede a tappe serrate nonostante la mole di emendamenti e ordini del giorno presentati da Pd e Idv mentre l’Udc difende la validità del provvedimento come spiega in Aula Casini quando lo definisce “il male minore” spiegando che “nel rapporto tra potere legislativo e ordine giudiziario è necessario rimuovere un macigno che da quindici anni è l’alibi per tutti per non affrontare una riforma vera della giustizia a partire dalle anomalie che spesso in quest’Aula abbiamo evidenziato. C’è chi fa finta di niente, chi indulge nel giustizialismo di vecchio tipo e chi decide come noi di affrontare direttamente la questione”.

Parole che scatenano la reazione stizzita dei democrat e il solito refrain giustizialista dell’Italia dei Valori.  Il Pd fa ricorso ai suoi big per marcare la posizione e tocca a D’Alema dire che “noi stiamo nuovamente approvando, sotto una forma più furbesca, il lodo Alfano. Tra 18 mesi, sospesi i termini della prescrizione, il presidente del Consiglio sarà chiamato in tribunale a rispondere dell’accusa di corruzione, a meno che il Parlamento, grazie alla fantasia di altri colleghi, non sarà in grado di approvare un’altra leggina, una gabola o un’altro imbroglio”. Poi è la volta di Fassino per il quale "non è vero che per tutelare l’esercizio della funzione del presidente del Consiglio sia necessaria una modifica legislativa". Segue l’affondo di Di Pietro che rispolvera l’armamentario del "regime fascista e piduista", l’unico dove "si può accettare che il capo del governo e i ministri non vadano da un giudice se autori o coinvolti in un reato".

Accuse che il ministro Sandro Bondi rispedisce al mittente, osservando come da parte della sinistra ancora una volta, sul tema della giustizia non si sia sentita "una sola voce ragionevole e sensata da parte della sinistra sul tema della giustizia. Anzi è tutta una gara a chi la spara più grossa, nell’illusione di cavalcare a fini elettorali una questione tremendamente seria, la cui mancata soluzione impedisce al nostro Paese di divenire piu’ moderno e civile, e alla sinistra italiana di essere minimamente credibile". Nelle file del Pdl c’è chi come Antonio Leone (Pdl) vicepresidente della Camera ricorda che processo breve e legittimo impedimento sono solo due tappe sul percorso di una riforma complessiva della giustizia. Il punto è che Berlusconi "da oltre quindici anni è oggetto di una vera e propria persecuzione da parte di alcune Procure. Certi passaggi sono, allora, diventati una necessità, perché non è possibile che sul capo del premier penda la minaccia costante di incursioni a sorpresa di quella parte della magistratura iscritta al partito che vuole eliminare Berlusconi per via giudiziaria".

La maggioranza dunque fa quadrato sul provvedimento e aggiunge due ritocchi al testo. Il primo restringe il campo delle attività che rappresentano legittimo impedimento per il capo del governo a comparire alle udienze, il secondo amplia quello relativo ai ministri. In sostanza si considera legittimo impedimento per il premier non più ogni attività comunque "connessa" alle funzioni di governo, bensì ogni attività "coessenziale" alle funzioni di governo. Modifiche in questo senso erano state presentate dall’Udc che apprezza la decisione della maggioranza come sottolinea nell’intervento in Aula Michele Vietti cofirmatario del provvedimento insieme a Enrico Costa (Pdl) anche se fa intendere che se resterà l’impianto attuale, l’orientamento del suo partito sarà l’astensione.

Tuttavia nel centrodestra non mancano richiami critici all’atteggiamento dei centristi che insistono sul fatto che dal testo scompaia l’estensione prevista per i ministri. E’ un modo per "ricondurre tutto al premier rimarcando così che si tratta di un provvedimento ad hoc" osservano caustici alcuni deputati pidiellini che individuano nella linea del partito di Casini un disegno di strategia finalizzato a indebolire la leadership di Berlusconi e a minare lo schema del bipolarismo. Tensione alta anche a Palazzo Madama. La proposta di legge presentata dal senatore Valentino sui pentiti di mafia incassa il no del ministro della Giustizia Alfano e il fuoco di fila dell’opposizione con il Pd sugli scudi. Si tratta di un provvedimento "pericoloso" tuona la presidente del gruppo democrat Finocchiaro che poi prende atto delle parole del Guardasigilli. Parole che rassicurano anche il presidente della commissione Antimafia Pisanu.

Ma l’autore della proposta si difende stigmatizzando "il catastrofismo dell’opposizione.Credo che la qualità e la professionalità dei magistrati riuscirà a individuare nelle dichiarazioni di chi vuole correttamente collaborare con la giustizia quegli elementi utili all’accertamento della verità".Valentino spiega il senso dell’iniziativa ponendo l’accento sul fatto che la "la prospettiva del pentito deve essere corroborata con un’attività investigativa adeguata". In altre parole non basta raccontare fatti, "bisogna trovare elementi che riscontrino le dichiarazioni accusatorie". Il Pdl getta acqua sul fuoco sostenendo come fa il ministro della Difesa La Russa che il tempo di esame del ddl potrebbe essere anche ”lungo o infinito”, o come chiosa Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia per il quale quello sollevato dall’opposizione "è solo un polverone politico" o ancora come conferma il suo omologo Vizzini alla guida della commissione Affari Costituzionali: "Non è certo un’iniziativa del governo".

Anche la Lega con Mazzatorta, capogruppo in commissione Giustizia, sottolinea che la modifica degli articoli 192 e 195 del codice di procedura penale ”non rientra certo tra le priorita’ indicate dal Guardasigilli per il 2010. Di carne al fuoco già ce n’è tanta, finiamo il lavoro cominciato senza aggiungerne altro”.

Un modo per stemperare il clima in una fase delicata del dibattito parlamentare sulla giustizia. A Montecitorio infatti oggi si chiude sul legittimo impedimento, contemporaneamente in commissione Giustizia prosegue l’esame del processo breve. Al Senato, invece, il disegno di legge sulle intercettazioni riprende il suo cammino ed è già incardinato l’esame della riforma del processo penale.