Altolà del Cav.: nessuna impunità per chi sbaglia, no a isterie giustizialiste

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Altolà del Cav.: nessuna impunità per chi sbaglia, no a isterie giustizialiste

20 Maggio 2010

Nella giornata già piena del Cav. tra un Consiglio dei ministri che vara il primo dei decreti attuativi del federalismo fiscale e la riunione a tarda sera con Tremonti e mezzo governo sulla manovra economica, con un occhio sempre attento alle mosse dei finiani (Bocchino ieri ha mandato messaggi non proprio distensivi sul ddl intercettazioni), ci mancava giusto il tourbillon di note, precisazioni e smentite su Claudio Scajola e Denis Verdini a scatenare nuove fibrillazioni. Col coordinatore del Pdl che sarebbe stato a un passo dalle dimissioni dopo aver letto le agenzie di stampa.

L’ex ministro dello Sviluppo economico e il triumviro del Pdl sono finiti al centro del "caso" di giornata in un botta e risposta a distanza tra Silvio Berlusconi e Bruno Vespa su un passaggio dell’ultima fatica letteraria ("Nel segno del Cavaliere") del patron di Porta a Porta.

Il "caso" esplode quando le agenzie battono un’anticipazione del libro-intervista riportando che sui casi Scajola e Verdini il premier rispondeva: "Si tratta di casi personali ed isolati e dagli ultimi sondaggi risulta che per l’opinione pubblica è chiaro che questi casi non hanno nulla a che vedere nè con l’attività di governo, nè con quella di partito".

Detta così, a molti nel Pdl è sembrata una presa di distanza da due tra i più stretti collaboratori del Cav. Le reazioni non si fanno attendere. Al punto che a via dell’Umiltà c’è chi parla di un Verdini infuriato che avrebbe fatto arrivare sul tavolo del premier la lettera di dimissioni, mentre altri descrivono la sua amarezza per il fatto di essere stato tirato in ballo.

Un clamore che l’opposizione cavalca mentre nelle file del Pdl si diffonde una buona dose di perplessità. Fino a quando Berlusconi decide di smentire con due note distinte, confermando la fiducia a Verdini e costringendo così lo stesso Vespa a prendere posizione e a dire che, in effetti, il premier nella sua riposta non aveva mai fatto quei nomi. 

”Mi dispiace che un banalissimo equivoco rischi di far nascere un caso che non esiste. Non ho mai pronunciato i nomi di Scajola e di Verdini, nè altri nomi", va giù netto Berlusconi. Dichiarazione alla quale segue a stretto giro la nota ufficiale. Una sottolineatura che Vespa considera corretta, anche se spiega che "in una domanda sui rischi di una nuova tangentopoli, ho fatto riferimento tra l’altro alle inchieste su Scajola e Verdini. Ma è vero che nella sua risposta il presidente non ha fatto nomi, come dimostra il testo riportato nelle anticipazioni del mio libro”.

Solo ”un equivoco”, dunque, e nessuna presa di distanza dal coordinatore del Pdl al quale il premier rinnova la propria fiducia. Ciò che, invece, conferma è la linea sua e del governo sull’inchiesta ‘grandi appalti’: nessuna indulgenza, nessuna impunità per chi ha sbagliato. Così come aveva fatto in questi giorni, anche nella conversazione con Vespa (aggiornata a martedì scorso) il Cav. dice che "l’ennesima esibizione di isteria giustizialista" non gli è andata giù e in particolare la pubblicazione della cosiddetta ‘lista Anemone’, "con centinaia di nomi di clienti di un’azienda presentati come se fossero tutti dei colpevoli. Non è gettando fango su degli innocenti che si fa giustizia.

Se ci saranno uno, due, tre casi di comportamenti illegittimi saranno i magistrati ad accertarlo. E in questo caso ci sarà severità di giudizio e di decisione nei confronti di chi fa politica e ha responsabilità pubbliche”. Detto questo Berlusconi mette i paletti assicurando che non ci sarà "alcuna indulgenza e impunità per chi ha sbagliato". Un passaggio netto, che a Montecitorio molti deputati della maggioranza interpretano come un segnale di preoccupazione per il rischio che le inchieste aperte sul dossier ‘grandi appalti’ possano provocare un danno di immagine al premier e al governo.

E forse è anche per questo che il premier torna sopra al concetto quando sottolinea che in politica "penso di aver portato una nuova visione morale, che non è solo quella di non rubare per sè o per il partito, ci mancherebbe, ma è soprattutto quella di mantenere la parola data agli elettori realizzando gli impegni assunti con il programma elettorale. Su questo, nessuno può darmi lezioni. E sfido chiunque ad affermare il contrario".

Dunque, se ci saranno alcuni casi di comportamenti illegittimi – è il convincimento del Cav. – saranno i magistrati ad accertarlo. E se verrà appurato "ci sarà severità di giudizio e di decisione nei confronti di chi fa politica e ha responsabilità pubbliche”. Un ragionamento che, nel caso specifico, non riguarda uno dei tre coordinatori del Pdl ma che per un pomeriggio intero ha tenuto molti col fiato sospeso. Insomma, equivoco chiarito, incidente chiuso.

Ma il punto-chiave è un altro: il premier non vuole che vi siano ricadute di immagine sull’operato del governo e per questo durante il Consiglio dei ministri ha criticato chi ha fatto circolare rumors e indiscrezioni sulla manovra che, a suo dire, rischiano di creare solo preoccupazione agli italiani. Ieri si è diffusa la voce di una scure dell’esecutivo su manager e politici che – fanno notare nel Pdl – il premier non avrebbe gradito, anche perché un tema del genere impone una linea chiara e la compattezza di governo e maggioranza.

Su quest’ultimo punto il Cav. non avrebbe nascosto le sue perplessità per alcuni atteggiamenti della Lega che non sono certo passati inosservati, non foss’altro per la loro inconsuetudine: dal feeling del partito del Senatur con quello di Di Pietro (ad esempio sul federalismo fiscale) o ancora certi ammiccamenti all’indirizzo di settori del Pd, ad esempio sulla riconferma di Vasco Errani alla guida della Conferenza Regioni, invece di sostenere la candidatura di Roberto Formigoni. Semplice coincidenza? A molti, nel Pdl, pare di no.