Altri 90 miliardi di debito nel 2023 ma andrà meglio di quest’anno

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Altri 90 miliardi di debito nel 2023 ma andrà meglio di quest’anno

Altri 90 miliardi di debito nel 2023 ma andrà meglio di quest’anno

29 Novembre 2022

Debito, debito, 90 miliardi di debito in più nel 2023. Il dato del Centro studi di Unimpresa deriva da una stima fatta incrociando i dati della Nadef e del Dpb. Ovvero la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza con il Documento programmatico di bilancio. Il dato corrisponde al saldo in deficit tra le entrate e le uscite previste nel 2023.

“L’analisi aritmetica del bilancio pubblico porta a immaginare che il governo italiano, di fatto, per il 2023 abbia già ‘prenotato’ 89,8 miliardi di nuovo debito” dicono da Unimpresa. “Vale a dire il deficit restituito dalla differenza tra i 981,3 miliardi di gettito totale previsto e i 1.071,0 miliardi di uscite già programmate. Una cifra dunque vicina ai 90 miliardi, in calo, comunque, di 16,8 miliardi (-15,8%) rispetto al disavanzo che si registrerà nel 2022, pari a 106,6 miliardi”.

Debito, entrate e uscite dello Stato

Nel 2023 la pressione fiscale, e previdenziale, su famiglie e imprese sembra destinata a salire. Lo Stato incasserà oltre 981 miliardi, +5,4% rispetto ai 930 miliardi del 2022. Le entrate totali arriveranno al 49,2% del Pil (rispetto al 48,9% di quest’anno). Gli aumenti previsti derivano dall’aumento del gettito Iva, da Ires e Irap sulle aziende, dall’incremento dei contributi sociali e da altre entrate.

Guardando nel dettaglio. Aumenteranno le imposte indirette salendo da 277,9 miliardi a 307,2 miliardi, con un incremento di 29,3 miliardi (+10,5%). I contributi sociali saliranno di 8,7 miliardi (+3,3%), da 264,6 miliardi a 273,2 miliardi. Le ‘altre entrate’ aumenteranno di 20 miliardi (+23,8%) da 83,7 miliardi a 103,7 miliardi.

Va segnalata comunque la riduzione del peso delle imposte su reddito e patrimonio (tra cui Irpef e Imu) per 6,4 miliardi (-2,2%) da 283,6 miliardi a 277,2 miliardi. Il calo delle entrate in conto capitale di 1,7 miliardi (-30,1%) da 5,7 miliardi a 4,0 miliardi. La diminuzione dei redditi patrimoniali di circa 1,2 miliardi (-6,9%) da 17,1 miliardi a 16,0 miliardi.

In rapporto al pil, le entrate totali passeranno dal 48,9% del 2022 al 49,2% del 2023 con l’aumento percentuale legato principalmente all’impennata delle imposte sulla produzione e sulle importazioni (tra cui Iva, Ires e Irap) che salirà dal 14,6% al 15,4% del prodotto interno lordo. Nel giro di due anni, tra 2022 e 2023, le imposte dirette aumenteranno del 6,3% e quelle indirette del 7%. Lo Stato incasserà 536,9 miliardi di introiti fiscali nel 2022 e 558,1 miliardi nel 2023.

Unimpresa stima in più di 50,6 miliardi gli introiti dell’erario nel 2023. Le stime di Unimpresa indicano inoltre che i contributi previdenziali peseranno per 260,7 miliardi di euro nel 2023 e 269,5 miliardi nel 2024. Dunque il costo del lavoro per le imprese italiane salirà del 7,24%, ovvero 16,8 miliardi di euro.

Sul fronte delle uscite

Sul fronte delle uscite dello Stato, la spesa aumenterà di 75 mld da oggi al 2024. Nel 2021 le spese hanno toccato 997,9 mld a causa della pandemia. Il 2022 vedrà una compressione delle uscite a 975,8 miliardi. Nel 2023 dovrebbero le uscite dovrebbero ridursi a 974,7 miliardi. Per poi risalire a 981,3 miliardi nel 2024. Le spese nel 2023 aumenteranno di quasi 34 miliardi di euro in più rispetto al 2022 in termini assoluti; la spesa pubblica in rapporto al pil, però, dovrebbe calare.

“Il totale delle uscite dalle casse dello Stato passerà dai 1.037,3 miliardi del 2022 ai 1.071,0 miliardi del 2023 con un aumento di 33,7 miliardi (+3,3%),” dice Unimpresa. “Ma in calo, se rapportato al pil, dal 54,5% al 53,7%”. Sanità e pensioni restano la voce di spesa più consistente nel 2023, 273 miliardi, 8,7 miliardi in più (+3,3%) rispetto al 2022. L’aumento della spesa per prestazioni sociali – che comprende le pensioni, l’assistenza e la sanità – sarà significativo.

In rapporto al pil, la spesa dovrebbe registrare un generale calo (dal 54,5% del 2022 al 53,7% del 2023). Lo Stato risparmierà dagli stipendi dei dipendenti pubblici, 900 milioni (-0,5%), da 188,4 miliardi a 187,5 miliardi. Altri risparmi arriveranno dai sussidi, che caleranno di 5 miliardi (-7,9%) da 62,8 miliardi a 57,8 miliardi, e da “altre uscite” che caleranno di 5,5 miliardi (-10,7%) da 51,4 miliardi a 45,9 miliardi.

Saliranno invece i consumi intermedi di 3,6 miliardi (+3,1%) da 116,1 miliardi a 119,7 miliardi. La spesa per interessi su bot e btp di 3,7 miliardi (+4,8%) da 78,0 miliardi a 81,8 miliardi. Gli investimenti fissi lordi di 16,3 miliardi (+33,0%) da 49,5 miliardi a 65,8 miliardi. I trasferimenti in conto capitale di 3,5 miliardi (+11,0%) da 32,4 miliardi a 35,9 miliardi.

Serve una vera riforma fiscale

Uno Stato che incassa oltre il 49% del pil è un macigno sui contribuenti. Questi numeri mostrano che si rischia di soffocare qualsiasi possibilità di crescita economica. Serve una svolta sulla riforma fiscale, che non si riduca, secondo Unimpresa, a “l’ennesimo, inconcludente teatrino di esperti, commissioni, pareri e trame segrete che poi, alla fine della giostra, come spesso, purtroppo, accaduto in passato, non portano a nulla di concreto e positivo per i cittadini e per le imprese”.

Certo, questa manovra è figlia di una congiuntura internazionale particolarmente sfavorevole. Il governo Meloni ha di fronte tempi stretti per chiuderla. Sul fronte del debito e della tenuta dei conti si è fatto il necessario. Ma senza una vera riforma fiscale si rischia di condannare il Paese a una mancata crescita, ancora più consistente di quella che viene prefigurata per l’anno prossimo.