Altro che embrioni. Le cellule staminali si ricavano dai testicoli

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Altro che embrioni. Le cellule staminali si ricavano dai testicoli

22 Settembre 2007

Clonazione terapeutica? Una
tecnica fallimentare, superata dai risultati di nuovi esperimenti scientifici,
che dimostrano come sia possibile trovare fonti di cellule staminali senza
dover fabbricare, e poi distruggere, embrioni umani.

Nell’ultimo numero di “Nature”  16 ricercatori,  fra cui i due italiani  Pier Paolo Pandolfi e Ilaria Falciatori, appartenenti
a sei differenti istituti di ricerca americani, spiegano di aver trovato cellule
staminali con le stesse proprietà di quelle embrionali, cioè capaci di generare
tutti i tessuti del corpo (pluripotenti); inoltre, a differenza di quanto
dovrebbe essere fatto con la clonazione, in questo caso non c’è bisogno di
manipolarne il Dna, evitando quindi conseguenze non prevedibili, come ad
esempio la possibilità di degenerare in tumori.

L’esperimento è stato
condotto sui topi: dai loro testicoli sono state estratte cellule chiamate
“spermatogoni”, dalle quali si possono poi ottenere non solo spermatozoi –
utili in caso di infertilità – ma anche cellule di altri tessuti, come quello cardiaco
e dei vasi sanguigni.

Già nel 2006 era stato
pubblicato un articolo che annunciava la presenza di cellule staminali
pluripotenti  nei testicoli di mammiferi
adulti. Una delle novità della scoperta pubblicata in questi giorni è che è
stato individuato un modo semplice per riconoscere questo tipo di staminali:
hanno un “marcatore specifico”, cioè  una
proteina che possiedono solo loro, una specie di “targa” con cui è facile
identificarle ed isolarle.

E’ ragionevole aspettarsi che
a breve si aprirà la sperimentazione sull’uomo, per verificare le loro
effettive applicazioni in campo terapeutico, considerando che questo tipo di
cellule, per come sono state ottenute, ha infinitamente meno probabilità di
svilupparsi in cellule tumorali, rispetto alle normali staminali embrionali. Insomma, la scoperta è una
vera e propria bomba: cellule staminali come quelle embrionali senza passare
per gli embrioni, e per di più che non sviluppano tumori.

Se la sperimentazione umana
confermasse quanto trovato sui topi, si potrebbe disporre di cellule di
ricambio senza doversi inventare – è il verbo giusto, visto che la clonazione
non funziona – la fabbricazione e successiva distruzione di embrioni umani con
il patrimonio genetico modificato, come avverrebbe nella “clonazione
terapeutica”, se funzionasse. L’idea della clonazione, infatti, era nata
proprio per poter creare “pezzi di ricambio” per malati altrimenti incurabili:
tessuti e cellule con lo stesso Dna del malato, per evitare il rigetto e garantire
la piena compatibilità. Il tutto funzionerebbe anche
per le donne: “nessuno si chiede, nel caso di trapianto di midollo o di cornea,
se quei tessuti provengano da uomini o donne. Conta la compatibilità, e sarà
così anche per gli spermatogoni, che potranno essere “tipizzati” e usati per le
donne con profili compatibili”, ha dichiarato Pandolfi a “Il Foglio”.

Ironia della sorte, il lavoro
è pubblicato a ridosso dell’annuncio inglese della possibilità di creare
embrioni ibridi uomo/animale, dimostrandone tutta l’inadeguatezza: nel caso
degli spermatogoni, il modello animale funziona bene, e quindi è ragionevole
continuare l’esperimento, mentre gli inglesi vorrebbero creare embrioni ibridi
utilizzando una tecnica che, negli ultimi dieci anni, ha dimostrato
un’efficienza minore del 2% nel caso degli animali, e totalmente nulla per gli
uomini (la clonazione umana non è mai avvenuta, e nessuna cellula staminale
embrionale umana è stata prodotta con la clonazione).

Mischiando il patrimonio
genetico di individui appartenenti alla stessa specie l’esperimento non
funziona. Non si capisce per quale motivo dovrebbe funzionare mescolando il
patrimonio genetico di specie differenti.

Dagli Usa Robert Lanza,
ricercatore della Advanced Stem Cell, molto attivo sul campo delle cellule
staminali embrionali umane, ha dichiarato sul New Scientist del 14 settembre
che i numerosi tentativi del suo gruppo per produrre embrioni ibridi sono stati
senza successo. “Crescevano fino allo stadio di 16 cellule, e poco prima di
diventare blastocisti si bloccavano”, probabilmente per l’incapacità di
comunicare fra il patrimonio genetico umano e animale.

I cinesi – gli unici finora –
che nel 2003 hanno pubblicato un lavoro in cui si dichiara di aver ricavato
cellule staminali embrionali da ibridi uomo/animale (coniglio, in quel caso),
non sono mai riusciti a ripetere l’esperimento, tanto che gli addetti ai lavori
dubitano che quei risultati siano mai stati effettivamente raggiunti.

Fanno sorridere quindi le
affermazioni di Minger, appartenente a uno dei due gruppi di ricerca inglesi
che ha richiesto l’autorizzazione per fabbricare gli embrioni ibridi,  ed evidentemente preso in contropiede dalla
nuova scoperta: “Come avviene spesso con la ricerca che riguarda le cellule
animali, la scoperta potrebbe non applicarsi alle cellule umane”, afferma lo scienziato, contraddicendo innanzitutto
se stesso. La sua tecnica funziona poco
e male sugli animali, e per niente sull’uomo: in base a quale principio presume
che possa funzionare complicando il modello, e ripetendo esperimenti che già si
sono dimostrati fallimentari?