Altro che En Marche! Quella di Macron è una marcia indietro
04 Dicembre 2018
di Vito de Luca
En Marche! Sì, ma “arrière”, indietro. Ovvero, una vera e propria retromarcia, da parte del 25° presidente transalpino, e del suo gruppo politico di riferimento, En Marche! Sembra infatti che la Bastiglia a Parigi sia caduta ancora una volta, se la protesta dei cosiddetti “gilet jaunes” ha ottenuto, in Francia, l’annuncio del primo ministro Édouard Philippe, della sospensione dell’aumento delle accise sul carburante, come richiesto durante le proteste che da settimana hanno infiammata quella che una volta fu la terra di Napoleone. «Nessuna tassa merita di mettere in pericolo l’unità della nazione», ha precisato Philippe, confermando la moratoria di 6 mesi dell’aumento delle accise sul carburante e appellandosi allo stop delle violenze. Per i gilet gialli, però, l’offerta di moratoria su tre aumenti di tasse annunciata dal governo, come gesto per evitare ulteriori proteste, non è abbastanza. E annunciano che torneranno in piazza sabato prossimo per manifestare per la quarta volta, tanto che la partita di Ligue 1, Paris Saint-Germain-Montpellier, in programma per quel giorno, è stata rinviata su richiesta della polizia. «Macron e Philippe non hanno compreso l’entità del momento. Annunciano dei rinvii delle tasse a dopo le elezioni europee.
Non si pacifica una rivoluzione dei cittadini con questo genere di artifici politici», ha scritto su Twitter Jean-Luc Mélenchon, leader de La France insoumise, partito ora al sapore di populismo socialista. Ma intanto questo movimento politicamente trasversale, che va da sinistra a destra, e che Marine Le Pen ha ribattezzato, definendo i manifestanti “Popolo centrale”, ha intascato, indubbiamente, una vittoria, con Macron costretto alla ritirata. Macron, che finora non aveva convinto, per le sue politiche, i suoi concittadini, è entrato, come ha scritto giorni fa Le Monde, «nel vicolo cieco in cui brancola dall’estate». E chissà se ora, con questa decisione, riuscirà a riconquistare i francesi (almeno quella minoranza che lo ha eletto l’anno scorso), o se invece il suo declino politico subirà un’accelerazione. Qualche passo avanti, come hanno dimostrano i «vi ho capito», rivolgendosi nei giorni scorsi ai gilet gialli, riconoscendo la «giusta collera che viene da lontano», e la condivisione del «timore dei nostri concittadini di essere lasciati indietro», ha portato, però, non ad un compromesso con i gilet gialli, ma alla sua capitolazione politica. Quanto al metodo, aver parlato di «ascolto reciproco» e «co-costruzione con tutti gli attori sociali», per poi giungere alla decisione di sospendere le accise sul carburante, esso lascia intendere che Macron sia sceso dalla torre dorata dell’Eliseo. Ma si tratta di una metamorfosi che non può avere un’adesione immediata, perché Macron deve ribaltare tutto ciò che ha mostrato dalla sua elezione. E sarà difficile, per lui, divenire il cantore della concertazione paziente quando si è usata finora tutta la propria energia per troncare, strapazzare e imporre.
Quanto sia complicato dare segni concreti, lo dimostra il fatto che alla cruda richiesta di “pognon”, di grana, da parte dei gilet gialli in rivolta, il leader ha risposto con la promessa di «un’attenuazione opaca delle tasse sui carburanti». È il solito limite tecnocratico – imparato nella alta scuola di amministrazione frequentata – del suo discorso e del suo carattere, l’incapacità di rispondere in modo efficace all’angoscia da fine del mese dei francesi modesti, che si sono visti offrire un meccanismo di rimborso della benzina che nessuno ha capito. Fino a lunedì, quando Macron ha deciso di fare marcia indietro sulle accise sul carburante. Ma non basterà, anche perché non solo Macron ora è chiamato a rispondere su fronti ben più caldi, come quello del nucleare, ma soprattutto perché, dopo la vittoria del movimento sovranista Vox, in Andalusia, ciò che sembra essere davvero En Marche! sono le richieste non del “Popolo centrale”, ma del popolo socialmente periferico.