Altro che Jobs Act, aumentano i disoccupati che non cercano lavoro

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Altro che Jobs Act, aumentano i disoccupati che non cercano lavoro

30 Agosto 2016

Come riporta Bloomberg, quasi un terzo dei disoccupati italiani ha rinunciato, a fine 2015, a trovare un lavoro. La fonte dei dati è Eurostat. Spieghiamo subito che c’è una differenza tra disoccupati e inoccupati: il disoccupato è senza lavoro, ma ne cerca uno. Chi non lo ha, né lo cerca da troppo tempo, e neppure intraprende un percorso formativo, si definisce inoccupato. Ecco, un terzo dei disoccupati italiani ha smesso di cercare lavoro. Commenta Zerohedge che il fenomeno, con buona probabilità, è la conseguenza di un ampliamento del welfare italiano, e dunque, aggiungiamo noi, della spesa pubblica, in uno dei Paesi con il più alto debito al mondo.

Va ricordato che l’Italia lo scorso anno ha ottenuto dei margini di flessibilità sul bilancio da Bruxelles, flessibilità che a quanto pare è andata sprecata a leggere i dati Eurostat. La flessibilità stile Renzi ha generato solo più spesa pubblica, la spesa pubblica ha finito per deprimere la ricerca di un lavoro. E’ un meccanismo noto, che il premio Nobel Friedman riassumeva con la famosa provocazione: “Se tassi chi lavora e dai sussidi a chi non lo fa, non sorprenderti se crei disoccupazione”. O, nel nostro caso, inoccupati.

La fondatezza dell’approccio di Friedman si evince del resto da come stanno andando le cose in Grecia. Nella penisola Ellenica, sotto vigilanza della Troika, dove non possono più permettersi le carezze della mano pubblica, solo una piccola percentuale di persone è inoccupata, la maggioranza dei disoccupati lotta per per trovare un lavoro. E questo nonostante il numero di quelli che effettivamente l’hanno trovato non superi il 4%. 

In Italia invece aumentano quelli che il lavoro non lo cercano. Tutto questo smonta, definitivamente, l’epica di un Renzi liberale, riformista, che doveva fare i conti con la vecchia sinistra per innovare il Paese. Non ha funzionato il Jobs Act, soprattutto, perché non ha abolito seriamente l’articolo 18, né ha ridotto in maniera permanente la pressione fiscale o inciso sul costo del lavoro. Appena si sono ridotti gli sgravi previsti, la molla della disoccupazione giovanile è scattata nuovamente, peggiorando addirittura, vista la resa di una generazione. 

Adesso Renzi e il Governo chiedono di nuovo flessibilità all’Europa, per continuare probabilmente con le politiche di spesa fatte in chiave puramente elettoralistica (i famigerati 80 euro). Tanto a pagare e a rimetterci è sempre chi produce. E chi produce, purtroppo, molte volte non va più a votare. Invece dovrebbe farlo. Per esempio dicendo NO al referendum e alle promesse che Renzi farà per vincerlo, allargando di nuovo i cordoni della borsa.