Altro che Nas, a scuola manca la condotta morale

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Altro che Nas, a scuola manca la condotta morale

28 Maggio 2007

Dappertutto si parla di scuola, gli ultimi accadimenti non fanno altro che continuare l’elenco di lamentele ed accuse che da tempo la scuola riceve. Finora era accusata di non saper formare, insegnare, interessare e organizzare la classe dirigente del futuro; ma ora rispecchia oltre al degrado culturale organizzativo e formativo anche il degrado morale che si individua nei comportamenti degli alunni e in quelli degli insegnanti. Dunque la riflessione da fare è sugli individui che abitano al scuola.

Quale è il loro senso morale? Esiste? E se così non fosse, come mai? Forse la nostra società deve rivedere il proprio sentimento morale che non per forza deve essere collegato ad un credo religioso. Ritengo che chiunque dovrebbe esserne provvisto per poter capire cosa è giusto fare e cosa non lo è. Anche se non si può ancorare la moralità ad una religione, più che mai in un’epoca complessa e multiculturale come la nostra, la moralità potrebbe essere rappresentata innanzitutto da una condivisione di regole, attraverso le quali tutti possano vedere riconosciuti i loro diritti, pur nel rispetto di doveri e limiti precisi che diano la possibilità di sopravvivere nella comunità scolastica.

Per assicurare a tutti una tutela formativa e morale, bisognerebbe che gli insegnanti capissero che il loro esempio è fondamentale. Dovrebbero pertanto essere capaci non solo di proporre un sapere nel rispetto delle diverse individualità, ma anche di creare una didattica che permetta a tutti di raggiungere livelli culturali che evitino emarginazione e discriminazione nella scuola dell’obbligo. Altrettanto importante è porsi il problema non solo di cosa pensano e imparano i propri alunni ma anche di cosa provano e sentono, per poter poi capire ed interpretare le loro condotte, che non sono sostenute da sentimenti morali; condotte aberranti che appartengono spesso ad individui intelligenti, colti, efficienti e cinici. Tutto questo vale oggi sia per gi alunni sia per gli insegnanti.

Quando c’è un silenzio morale, allora tutto è lecito e nulla più si distingue. Cosa è giusto? Cosa non lo è? Cosa si può fare? Come si è spento questo senso morale che per alcuni studiosi dovrebbe essere innato nell’individuo? Forse gli insegnati, se volessero, potrebbero iniziare da qui. Non sovraccaricare i propri alunni di stimoli inutili, ripetitivi e obsoleti; aprire uno spazio di accoglienza, di relazione, di condivisione e di regole, intese non come un “filo spinato”, ma come qualcosa che si costruisce insieme nel rapporto. Forse dovrebbero essere più attenti a ciò che i ragazzi e loro stessi vanno elaborando e scoprendo, e sentirsi con loro in un viaggio dove non è tanto la meta che conta, ma il percorso condiviso che sarà sostanziale per la crescita di entrambi.

E’ evidente che in questo percorso le famiglie dovrebbero unirsi e condividere questa impostazione educativa; ad esempio nel ridurre gli stimoli che placano i sensi di colpa delle loro assenze. I bambini, infatti, esposti a stimoli eccessivi e lasciati soli, non riescono ad elaborarli e dunque si difendono diventando aggressivi e insensibili; questa insensibilità, che deriva da una sovraesposizione a stimoli inadeguati dal punto di vista emotivo, porta all’indifferenza, a non sapere più distinguere il reale dal virtuale, il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. Si scivola così in una pochezza morale che farà dire al ragazzo che per una banalità ha preso a calci il coetaneo a cui ha rotto una gamba: “ma dai, che ho fatto? Non esagerare! Sei tu che hai le ossa fraciche!”