Altro che ricorsi, lo ammette persino la Bindi che il centrosinistra ha fallito

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Altro che ricorsi, lo ammette persino la Bindi che il centrosinistra ha fallito

03 Novembre 2011

Dal tribunale di Campobasso tante indiscrezioni e poche certezze sulla proclamazione degli eletti. Oggi dovrebbe essere il giorno buono. Anche se c’è anche chi parla addirittura di uno slittamento a lunedì prossimo. In realtà almeno la proclamazione del presidente Iorio, di Velardi e Pietracupa (eletti nel listino) e di Frattura (candidato presidente del centrosinistra) sembra essere imminente, mentre bisognerà aspettare ancora per conoscere i nomi dei nuovi inquilini di Palazzo Moffa.

In attesa di novità ufficiali dalle verifiche sui verbali e sulle tabelle di scrutinio, nella coalizione uscita sconfitta dalle urne ci si continua a riparare dietro lo scudo dei ricorsi per nascondere l’amara realtà. Il centrosinistra ha preso un’altra batosta. Se sul maggioritario ha tirato fuori una candidatura che ha favorito il voto disgiunto (e qualche tradimento), sul proporzionale la Caporetto è stata fin troppo evidente. Le singole liste hanno raccolto pochi voti. Il Partito democratico, in teoria il più rappresentativo della coalizione, è sprofondato sotto il 10per cento. Passando dai 46mila voti di cinque anni fa agli appena 17mila rimediati alle ultime Regionali, come ha sottolineato Giorgio Tonini, della "corrente" veltroniana. Ma in Molise si continua a far finta di nulla: agitando lo spettro dei brogli e annunciando ricorsi a destra e a manca si spera di far passare in secondo piano la sberla ricevuta, che di fatto fa segnare una brusca inversione di rotta rispetto ai recenti successi di Pisapia a Milano e di De Magistris a Napoli.

In questi giorni si stanno alimentando ad arte i sospetti sulle operazioni di routine compiute dagli uffici elettorali, ma nessun segretario di partito si è azzardato a fare un’analisi seria del voto. Niente conferenze stampa, all’ordine del giorno fino alla vigilia delle Regionali. Zero comunicati. Stanno zitti. Perché sotto sotto sanno che a Roma il processo è già cominciato da un pezzo. E la sentenza sarà di condanna. Sul banco degli imputati, naturalmente, è finita la dirigenza regionale del Pd . Se qualcuno aveva ancora dubbi in proposito, se li è tolti qualche sera fa, durante la puntata de L’infedele di Gad Lerner, in onda su La7: il presidente nazionale del partito, Rosy Bindi, ha bocciato senza appello quello che lei stessa ha definito il “modello Molise”, andando ben oltre le critiche espresse dall’ex ministro Giovanna Melandri. Che a sua volta aveva focalizzato l’attenzione sulle cosiddette quota rosa, praticamente ignorate. Un modello che a suo avviso si è spinto troppo verso il centro, se non oltre. Chiaro il riferimento al candidato presidente Frattura, che fino a qualche giorno prima delle candidature era un frequentatore abituale dell’ufficio politico di Iorio. Né alla Bindi è piaciuta l’idea di favorire liste locali a discapito del Pd. Il vice presidente della Camera – che tra l’altro conosce bene il Molise e le dinamiche politiche, per certi versi anomale, di questa terra – ha detto chiaro e tondo che il “modello Molise” non è assolutamente da ripetere. E non lo sarebbe neanche se il centrosinistra avesse vinto.

Né si può andare avanti – è il parere della Bindi – spostando i candidati del Pd su liste secondarie. In questo caso il riferimento è ad Alternativ@, il movimento fondato da Roberto Ruta, uno dei "registi" dell’operazione Frattura. Troppo spesso, specie al Sud, si pensa che queste alchimie portino alla vittoria, ha detto ancora la vice presidente della Camera. Ma questo ragionamento evidentemente è sbagliato. Perché, numeri a parte, svuota il partito e ridimensiona le sue proposte. E i suoi consensi, a tutto vantaggio dell’Italia dei valori.

Ricapitolando: bocciata la scelta di Frattura, bocciata la decisione di sostenere altre liste, si avvicina il tempo della bocciatura più clamorosa: quella del segretario regionale del Partito democratico, Danilo Leva. È lui che in qualche modo ha spianato la strada ai "magheggi" di Ruta, è lui che ha favorito l’ascesa di Alternativ@ senza valutare il prezzo decisamente oneroso che il Pd avrebbe dovuto pagare. È vero: Leva è riuscito a riconfermarsi in consiglio regionale, ma il partito da questa competizione ne è uscito con le ossa rotte. I malumori della base e di qualche dirigente locale e, perché no, di qualche candidato, cominciano a diventare assordanti. Nel Pd molisano tira aria di resa dei conti, specialmente ora che anche a Roma si sono accorti della disfatta delle Regionali. In provincia di Isernia, ad esempio, non tutti hanno mandato giù l’idea di presentare una lista poco competitiva. Secondo i maligni, studiata a tavolino proprio per favorire il ritorno di Leva a Palazzo Moffa, dove andrà a svolgere il comodo ruolo di oppositore.

Ma mentre il Pd va a rotoli, Leva tace. Rischia molto, il segretario regionale. Anche di perdere l’appoggio del suo "tutor" Massimo D’Alema. All’ex presidente del consiglio già non era andata giù la candidatura di Frattura, figurariamoci come deve averla presa quando ha saputo che questa astuta manovra si è rivelata inutile e, soprattutto, dannosa per il partito. “Frattura lo avete scelto voi”, disse D’Alema durante un comizio a Isernia. Questa dichiarazione sibillina, riportata da alcuni organi di informazione locale, fu smentita in fretta dal suo portavoce. Fu precisato che il candidato era stato scelto democraticamente dai molisani attraverso le primarie. Ma negli ambienti del Pd (e non solo), sanno benissimo che il "modello Molise" ai vertici nazionali non piace affatto. Al pari di Frattura, proveniente dallo schieramento avversario. Del resto, anche alle Provinciali di Campobasso, tenutesi in primavera, il tentativo di provare a vincere con un candidato pescato nel centrodestra (Micaela Fanelli) si era rivelato fallimentare. Come dire: errare è umano, perseverare è diabolico.